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ASSEMBLEA PLENARIA DEL CSM PLENUM DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
Tensioni sottotraccia, malumori malcelati e un involontario sgarbo istituzionale nei confronti del Capo dello Stato. Si può riassumere così il plenum straordinario del Csm sulle nuove circolari che regolano il funzionamento di Procure e Tribunali, autorizzato da Sergio Mattarella con un messaggio letto in assemblea dal vicepresidente Fabio Pinelli.
Nella sua lettera, il presidente della Repubblica rimarcava «il rispetto del quadro normativo primario nel quale si collocano le due proposte di circolare elaborate dalla settima Commissione». La seduta si è però conclusa con un rinvio per il voto sul documento più delicato, quello che, di fatto, ridisegna la figura del procuratore. In gioco due opposte visioni: una che mira a concretizzare la lettera della Costituzione, che vuole il capo dell’ufficio come primus inter pares, e una che invece aspirerebbe a una gestione centralizzata, con alla guida un procuratore-monarca illuminato. E sarebbe proprio questo l’oggetto del contendere - non detto - tra i consiglieri.
La prima circolare in votazione è stata quella sugli uffici giudicanti, passata all’unanimità, seppure con qualche scontro dialettico. «Con questo copioso intervento secondario si traccia una figura di dirigente imbrigliato in un reticolo importante, al quale poco resta da fare, perché regoliamo minuziosamente» ogni cosa, secondo il togato indipendente Andrea Mirenda. Così, per il consigliere, si disegna un dirigente «dimidiato». D’altra parte, però, grazie alla riforma del 2006. «siamo cultori dell’attitudine direttiva», salvo poi «imbrigliare il dirigente in lacci e lacciuoli che poco o nulla lasciano alla sua skillness». Se il dirigente è “limitato”, conclude Mirenda, «qualsiasi magistrato può svolgere questa funzione, che alla fine di direttivo non ha più niente. Pare chiaro che in un contesto simile la soluzione più coerente e adeguata sarebbe allora quella della rotazione, perché per dare esecuzione a un sistema del genere uno è uguale a uno».
Per Margherita Cassano, prima presidente della Cassazione, la circolare rispecchierebbe invece una «concezione comunitaria dell’ufficio, in cui ciascuno è tenuto a offrire il proprio apporto. Se l’ufficio è una comunità, il ruolo del dirigente è stimolante e nuovo rispetto al passato: al buon dirigente spetta anche stimolare l’apporto di idee e progetti da parte di ognuno. Non ci sarà nessun automatismo o limitazione, ma uno stimolo a una nuova creatività e progettualità».
Più complessa la circolare sugli uffici requirenti, anche per il periodo storico in cui arriva: mentre la politica propone la separazione delle carriere, il Csm mette in atto un tentativo di omogeneizzare la giurisdizione, “imponendo” uno stretto dialogo tra Procura, Tribunali e avvocatura. La novità più importante deriva direttamente dalla riforma Cartabia, con la scelta di estendere alle Procure il procedimento tabellare previsto prima solo per gli uffici giudicanti, e che dovrà essere approvato dal Csm. L’articolo più atteso è però quello relativo al ruolo del procuratore, diventato con la riforma del 2006 un vero monarca, andando a incrinare quanto sancito dalla Costituzione, secondo la quale i magistrati si differenziano solo per funzioni.
La nuova circolare tenta di “smorzare” a valle il potere del procuratore, con «uno specifico momento partecipativo, rappresentato dalle apposite riunioni con gli aggiunti, i magistrati di ogni singolo gruppo o dell’ufficio e dai contributi del servizio studi, nonché tenendo conto delle indicazioni emerse in tali sedi di confronto». Si tratta di una fase consultiva «non vincolante», ma che comporta per il procuratore «lo specifico onere di attivarla e di tenere conto delle indicazioni che da essa provengono». Un concreto «momento di partecipazione attiva nella pianificazione strategica dell’ufficio, onde colmare un vulnus riscontrato nella circolare previgente».
Come spiegato dal togato Marco Bisogni, relatore della pratica insieme a Roberto Fontana, Eligio Paolini e Maurizio Carbone, la scrittura della circolare si è basata sull’ascolto di quasi 200 magistrati, momento dal quale sono emerse le contrapposizioni tra dirigenti e sostituti, con la rivendicazione, da parte di questi ultimi, di un maggiore spazio di indipendenza e autonomia. «In questa dialettica il Consiglio non è voluto entrare - ha spiegato Bisogni -, perché abbiamo pensato che la soluzione fosse tentare di ricostruire un tessuto comune di sentire, di appartenenza all’interno degli uffici. Quindi la circolare è costruita su un’idea di condivisione: il contesto deve essere unico per un fine unico». Un tentativo, ha aggiunto Fontana, di «rendere effettiva l’attuazione di quei principi generali cui deve ispirarsi la procura», per raggiungere gli obiettivi «di efficienza e di efficacia, in linea con un ruolo del pm che sia pienamente collocato nella Costituzione». Il ruolo del procuratore è «funzionale all’attuazione di quegli obiettivi e assicura unitarietà e impersonalità dell’ufficio della procura».
A far saltare il piatto, però, è stata la presentazione di alcuni emendamenti, tra i quali quelli del togato Dario Scaletta, di Magistratura indipendente, che sarebbero andati oltre i confini tracciati dal Presidente Mattarella. Emendamenti che avrebbero spinto ancora più a “sinistra” la circolare, nel senso auspicato da un gruppo di magistrati riuniti sotto il nome di “Facciamo presto”, che in un documento avevano evidenziato come «la proposta, sebbene rafforzi le procedure di partecipazione dei sostituti nella formazione del progetto organizzativo, relega questi ultimi ad un ruolo meramente consultivo, in quanto le indicazioni fornite (anche a maggioranza) non sono mai vincolanti» e «non fornisce rimedi per neutralizzare abusi, in quanto non prevede un potere di annullamento dei provvedimenti illegittimi».
Elementi che erano stati analizzati nel corso della discussione in Commissione, ma messi da parte a seguito dell’interlocuzione col Quirinale, che aveva ricordato la cornice normativa cui attenersi. Da qui il rinvio della seduta alle 15, quando, però, è venuto meno il numero legale, vista l’assenza del laico di Forza Italia Enrico Aimi, anche se per motivi non legati alla discussione. Ma quello che emerge tra i corridoi di Palazzo Bachelet è uno scontro tra due diverse visioni sulla funzione del procuratore, con un malumore serpeggiante - specie tra i laici - su una gestione partecipata della procura. Tutto rinviato, dunque, alla prossima seduta. Quando si attende, stando ai rumors, anche un intervento durissimo del vicepresidente Pinelli.