Le parole di Papa Francesco dopo l'apertura della Porta Santa a Rebibbia e l'idea lanciata ieri dal vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, sulla possibilità di “un indulto parziale” «per affrontare l'emergenza nazionale di un sovraffollamento carcerario di oltre 11mila trattenere sulla capienza prevista». Dalle opposizioni sono tante le voci che vorrebbero “un impegno per la tutela della dignità umana”. Ma dalla maggioranza non si registra alcuna apertura, posizione ribadita chiaramente dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in un'intervista a Libero . «Amnistia e indulto» non sono la strada per risolvere i problemi delle carceri, a partire dal sovraffollamento ormai strutturale. Questi atti di clemenza, ha spiegato Nordio, «sono plausibili come segno di forza e di magnanimità, ma se vengono interpretati come provvedimenti emergenziali svuota-carcere sono manifestazioni di debolezza», che mandano un segnale di «impunità» e di invito «alla commissione di nuovi reati». Piuttosto, aggiunge il ministro, bisogna lavorare «all'umanizzazione della pena», prevedendo attività culturali, lavorative o sportive dentro il carcere o modalità diverse dai penitenziari per scontare il proprio debito con la giustizia. «Penso alle comunità o ad altre forme di detenzione domiciliare per tossicodipendenti o autori di reati di minore allarme sociale. Ci stiamo lavorando, ma non sono cose che si improvvisano».

UN INDULTO INCONDIZIONATO SAREBBE INUTILE E NOCIVO

Il ministro ha chiarito anche la posizione della maggioranza: «No, siamo tutti d'accordo che un indulto incondizionato sarebbe inutile e nocivo. Del resto è la stessa dottrina cattolica a insegnarci che il perdono non è gratuito, presuppone la confessione, la penitenza,e il fermo proposito della redenzione. In termini laici, questi concetti si esprimono, come ho detto, con una umanizzazione della pena e la detenzione differenziata».

Su come affrontare il sovraffollamento carcerario il ministro della Giustizia ha ripetuto che «ci sono varie direzioni su cui ci stiamo indirizzando. Intanto, dei 16mila detenuti in custodia cautelare o in esecuzione della pena in carcere, migliaia non dovrebbero trovarsi lì. La quasi totalità di questi casi è composta da stranieri arrivati ​​clandestinamente nel nostro Paese. Molti hanno i requisiti per andare agli arresti domiciliari, ma non hanno un domicilio e per questo finiscono in carcere. L'idea su cui stiamo lavorando è di creare delle strutture, dei condomini, dove permettere a questi stranieri senza domicilio di scontare gli arresti, con un controllo periodico, non continuo, delle forze dell'ordine».

BISOGNA LIMITARE LA CARCERAZIONE PREVENTIVA

«Un'altra direzione – ha spiegato - è quella degli accordi coi Paesi d'origine: ci sono tanti detenuti stranieri che potrebbero espiare le proprie pene nei Paesi da cui provengono, occorre fare accordi in questo senso. Terza direzione: bisogna limitare la carcerazione preventiva, enfatizzando la presunzione di innocenza. Solo in questo modo si potrebbe togliere dal carcere 18mila detenuti in attesa di giudizio. Stiamo, poi, siglando accordi con le comunità terapeutiche per i reati connessi con la tossicodipendenza. Infine, stiamo lavorando sulle pene alternative alla carcerazione e sulla ristrutturazione di caserme dismesse». Per il ministro Nordio la causa degli 88 suicidi in carcere non va correlata «al sovraffollamento, ma piuttosto alla solitudine, al dolore, alla mancanza di prospettive. Sotto questo profilo stiamo lavorando molto per potenziare il sostegno psicologico e cogliere i segnali di allarme di queste fragilità. Il sovraffollamento è un problema altrettanto grave, ma non è certo di oggi. La percentuale oscilla secondo variabili diverse. Il numero dei carcerati in certi momenti aumenta in modo significativo ed in questo momento tutti i Paesi d'Europa ne soffrono, Francia e Gran Bretagna assai più dell'Italia».