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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in una intervista a "Libero Quotidiano" dice che «le intercettazioni non danno nessuna garanzia di attendibilità perché non sono trascritte nella forma della perizia, sono estrapolate dal contesto, manca il tono, sono spesso pilotate e sono di solito selezionate da un maresciallo di polizia che sceglie ciò che vuole e poi trattate dal pubblico ministero che a sua volte prende quello che gli serve. E' tutta una serie di porcherie che vengono indirizzate verso una persona per distruggerla più o meno politicamente. Io questo lo scrivo da 25 anni». Quindi «vanno riformate radicalmente tenendo ferme quelle contro il terrorismo e la mafia, purché però siano ben individuati i reati di terrorismo e di mafia. Ormai in Italia si parla di mafia anche quando due buttano dei rifiuti nel cassonetto e si parla di mafia ecologica. Salvo quelle, tutte le altre vanno radicalmente cambiate e ridimensionate, responsabilizzando quelli che sono i tutori, i garanti per la loro segretezza. E appena viene vulnerata la libertà di espressione di un cittadino che si vede sbattuto in prima pagina con cose che magari non ha neanche mai detto, immediatamente bisogna individuare il responsabile e deve essere punito».
Riformare questo sistema di intercettazioni è il suo obiettivo: «Lo considero il mio cavallo di battaglia Nel mio discorso programmatico che ho tenuto alla Camera e al Senato l'ho detto e ribadito come uno dei miei principali obiettivi».
La riforma delle riforme è la separazione delle carriere: «La separazione delle carriere è consustanziale al processo accusatorio Vassalli, che noi avevamo introdotto nell'89. E' un processo accusatorio firmato da un decorato della resistenza, quindi non un fascista, che ha sostituito un codice firmato da Benito Mussolini. In tutti i codici ispirati al principio di Vassalli, cioè il codice accusatorio, le carriere sono separate. L'obiezione principale che si fa, è che verrebbe vulnerata l'unità, la cultura della giurisdizione tra Pm e giudice, se si separassero».
E il ministro a questa prima obiezione risponde che «la cultura della giurisdizione non c'entra nulla perché la giurisdizione è un tavolo a tre gambe, avvocato, Pm e giudice. E' quindi soltanto un alibi mentale». Quanto alla seconda obiezione, ossia che il pm passerebbe sotto l'esecutivo: «Anche questa è una grande assurdità. Negli Stati Uniti il public prosecutor è addirittura eletto e nel Regno Unito è l'avvocato dell'accusa e non è il capo della polizia giudiziaria».
«La ragione di fondo per la quale ci si oppone alla separazione - osserva infine il ministro - è che si vogliono mantenere il potere e i benefit che ci sono, interscambiando le carriere le une con le altre. Se il Pm da domani può decidere di andare a fare il giudice, è un beneficio professionale che non tutti hanno e che dovrebbe essere compensato. Anche questo è un obiettivo che fa parte del governo, richiede sicuramente dei tempi maggiori. L'unità delle camere e la composizione del CSM che ne deriva sono scritti nella costituzione e quindi andrebbe fatta una riforma costituzionale che richiede tempi più lunghi», ha concluso Nordio.