Carlo Nordio parla al Consiglio Giustizia europeo. È in conclave con i guardasigilli degli altri ventisei Stati dell’Unione, a Lussemburgo. Interviene su diverse questioni: dalle misure per il contrasto della pedopornografia all’ormai vexata quaestio della direttiva anticorruzione. Il ministro di Roma parla in italiano. Ma poi, quando arriva a citare la propria esperienza da inquirente – che lo ha portato a comprendere come «non sempre l’arma penale sia la più efficace» – si preoccupa di non affidare l’espressione “pubblico ministero” ai pur impeccabili interpreti, e preferisce dire direttamente, in inglese, “public prosecutor”, tanto per essere chiaro. Tiene ad essere ben compreso, Nordio, soprattutto a esser netto nel ringraziare i partner per l’accordo sulla lotta al malaffare, e sul testo definitivo della direttiva studiata per arginare i fenomeni corruttivi. Il ministro italiano è soddisfatto: nell’iniziale bozza del testo eurounitario, prodotta dal Parlamento di Strasburgo, la previsione del reato di abuso d’ufficio veniva indicata come “obbligatoria”. Dopo il vertice di ieri, si è invece deciso di tornare a quanto previsto dalla Convenzione Onu di Merida del 2005, secondo cui ciascun Paese avrebbe valutato se adottare o meno, nel proprio codice penale, la fattispecie dell’“abuso di potere”. I Paesi “shall consider adopting”, recitava la “Carta” delle Nazioni unite, non “shall adopt”: è la sfumatura che l’Europarlamento aveva deciso di forzare in senso restrittivo, al punto da mettere in difficoltà l’Italia, che negli stessi giorni – a luglio dello scorso anno – in cui la direttiva veniva sottoposta ai 27 Parlamenti nazionali affinché vi si esprimessero, aveva appena avviato l’iter della riforma penale di Nordio, in cui l’abuso d’ufficio viene abolito. Ma a Lussemburgo, come il guardasigilli di Roma spiega a margine dei lavori, «c’è stato il riconoscimento che l’Italia ha un arsenale normativo e organizzativo di lotta contro la corruzione che rende la riforma sull’abuso di atto di ufficio perfettamente compatibile con la lotta alla corruzione». E così, osserva Nordio, la direttiva contro il malaffare, nella sua versione definitiva, concordata al vertice di ieri, prevederà che «gli Stati non sono obbligati, come si era detto un tempo, a mantenere questo reato. Possono, a la loro discrezione, mantenerlo. Noi manterremo l’intenzione di abolirlo. E sarà abolito».

Una vittoria politica di Nordio. Notevole. Che mette fine a un anno di contumelie rivolte dall’opposizione, ma anche da settori della magistratura, nei confronti del governo. Colpevole, era l’accusa, di “fare un favore alla mafia” – e quando mai no – con la soppressione dell’abuso d’ufficio, prevista nonostante la direttiva Ue imponesse di adottare, in ciascuno degli ordinamenti nazionali, quel reato.

Sarà un caso, ma proprio contestualmente all’accordo che riporta, nella direttiva

Ue, l’“abuso di potere” fra i reati “facoltativi”, si sblocca anche l’iter della sopracitata riforma penale di Nordio: lunedì la commissione Giustizia della Camera provvederà finalmente a mettere in votazione gli emendamenti, presentati dalla sola opposizione, in vista di una calendarizzazione in Aula fissata per il 24 giugno. Se tutto andrà secondo i piani del centrodestra, la settimana prossima arriverà dunque il voto finale sul “ddl ordinario” di Nordio, con conseguente definitiva approvazione della riforma, già licenziata in prima lettura dal Senato a febbraio. Un’accelerazione che dovrebbe consentire al ministro di mettere in bacheca il risultato più importante tra quelli raggiunti in questi primi due anni di mandato. Nel provvedimento in 9 articoli sono previste misure che vanno dalla soppressione dell’abuso d’ufficio all’effettivo divieto di intercettare l’avvocato nell’esercizio della propria funzione, divieto rafforzato grazie alle modifiche proposte dal senatore di FI Pierantonio Zanettin.

Arrivata sotto lo striscione dell’ultimo chilometro la riforma che abolisce l’abuso d’ufficio, di questo “effetto velocità” – prodotto dal superamento dello scoglio elettorale – beneficia anche la separazione delle carriere: come riportato sul Dubbio di ieri, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha autorizzato la presentazione alle Camere del ddl costituzionale di Nordio. Immediatamente si è avuta conferma che la legge costituzionale sarà incardinata a Montecitorio. Il segnale sembra confermare la tesi sostenuta, tra reazioni stupite, lunedì scorso dal ministro della Difesa Guido Crosetto, che aveva prefigurato la precedenza della giustizia rispetto al premierato. Il ddl Casellati, certamente caro a Meloni, otterrà il 18 giugno il via libera dell’aula del Senato. Ma a questo punto è plausibile che la commissione Affari costituzionali di Montecitorio, forse in congiunta con la Giustizia, avvii l’esame sulle carriere separate prima che le venga trasferito, da Palazzo Madama, il testo sul premierato. E a quel punto il ddl costituzionale di Nordio acquisirebbe un vantaggio, almeno rispetto al calendario della Camera.

Proprio sulla separazione delle carriere, il “parlamentino” Anm dovrebbe lanciare oggi una campagna di “controinformazione”. Che parte certamente in salita, dopo la sconfessione che l’Ue ha appena inflitto, sull’abuso d’ufficio, al fronte più antigovernativo delle toghe.