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La cerimonia di inaugurazione in Corte di Cassazione
Carlo Nordio ha un tono che sarebbe difficile descrivere in modo più sincero di quanto faccia lui stesso con l’espressione-chiave del suo intervento: «Cultura della conciliazione». Ne parla a proposito della mediazione, e delle altre soluzioni alternative in ambito civile, e della «giustizia riparativa» nel penale. Il ministro indica una strada che finalmente è tracciata, un percorso dal quale non si può più deragliare: quello che porta alla riduzione dell’arretrato e dei tempi di definizione dei processi.
Definisce le vecchie pendenze una «veste di Nesso», che nella mitologia classica è la tunica malefica fatale ad Ercole. Ma nel volersela scrollare di dosso, Nordio guarda ai «cittadini disorientati» e allo scoramento che allontana gli investitori. Ed è con loro, che in realtà va compiuta la più impegnativa delle “conciliazioni”. È a loro, che si deve «l’impegno per consolidare un’inversione di tendenza, grazie anzitutto alla puntuale attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: un’opportunità unica, che il nostro Paese ha finora colto puntualmente, non solo per onorare gli accordi con l’Europa, ma ancor di più per assolvere», appunto, «alle nostre responsabilità verso i cittadini».
Il tono è aperto, l’ottimismo dichiarato ma con misura: «Quello che si apre può essere considerato l’anno giudiziario delle conferme: dei buoni risultati che cominciamo a registrare, degli sforzi che non smettiamo di assicurare, soprattutto delle opportunità che abbiamo di entrare in una nuova fase in cui la giustizia è forza motrice di una rinnovata crescita del Paese». Sforzi necessari, perché «in tutti deve essere la consapevolezza della responsabilità che abbiamo verso le future generazioni: un obiettivo superiore, che muove ciascuno di noi, per i diritti dei singoli e nell’interesse dell’intero Paese».
Nell’idea pacificatoria di Nordio c’è innanzitutto il riconoscimento di un’indispensabile cooperazione. Che si traduce anche nel riscontro assicurato dal ministro al contributo di «ciascun operatore della giustizia»: dei «risultati positivi», Nordio vuole ringraziare «magistrati, cancellieri, personale amministrativo tutto: conosco i vostri sforzi, conosco le vostre condizioni di lavoro e per questo vi sono ancor di più grato». E poi forse il passaggio più significativo, nell’ottica di una “coesione di sistema”: il «ringraziamento sincero all’avvocatura, consustanziale al concetto di giurisdizione».
E ci sono i numeri, relativi innanzitutto alla statistica più delicata, cioè all’organico di magistrati e personale amministrativo: «L’elemento che più ci induce ad essere fiduciosi è l’immissione di nuove risorse, massiccia e da tempo in corso: nel 2023 sono entrati in servizio, a vario titolo, oltre 4.000 unità di personale amministrativo, pari a circa il 10% della intera dotazione organica. Si tratta di preziosa energia vitale che stiamo cercando di valorizzare, con strategie delineate anche sulle specificità territoriali». E qui pare chiara l’allusione al piano del Gabinetto di via Arenula, che confida in intese con le Regioni per iniettare risorse nella macchina giudiziaria.
Il guardasigilli ricorda che «sono in definizione tre concorsi per 1300 posti di magistrato ordinario, nuove leve che, a fronte di croniche scoperture di organico, rappresenteranno un concreto sostegno allo sforzo degli uffici giudiziari per il raggiungimento degli obiettivi attesi. Ricordo anche, con particolare gratitudine, l’essenziale apporto della magistratura onoraria che a breve sarà oggetto di una doverosa riformaZ.
E poi c’è tutta una seconda parte del discorso pronunciato ieri da Nordio alla cerimonia inaugurale che è nello stesso tempo di grande profondità, forte nei richiami culturali e un po’ sibillino nelle allusioni: si tratta di «presunzione d’innocenza» e «funzione rieducativa della pena». Nodi attorno ai quali a volte la maggioranza di centrodestra della quale Nordio è espressione si tormenta, fino all’inerzia, in particolare sulla indecente condizione dei cittadini detenuti. Qui, in termini concreti, il ministro non ha un mandato politico che autorizzi soluzioni diverse dal «lavoro per le persone private della libertà». Nessun accenno a misure deflattive, a un recupero, che pure sarebbe doveroso, della riforma penitenziaria del predecessore Andrea Orlando, prima scritta con impeccabile calligrafia e poi lasciata sulla carta. Niente di tutto questo. Però c’è la non insignificante citazione di «Giuliano Vassalli», del quale, ricorda il guardasigilli, «proprio ieri ho avuto l’onore di celebrare la straordinaria impresa di pianificare e realizzare la fuga dal carcere di Regina Coeli di Giuseppe Saragat e Sandro Pertini, futuri presidenti della Repubblica». In generale, tutti i padri costituenti «conoscevano molto bene il dolore del carcere: anche per questo hanno sancito, nell’atto fondativo della Repubblica, la funzione rieducativa della pena, principio che intendiamo attuare».
E qui arriva una “declinazione” un po’ incompiuta. Perché l’articolo 27, per ora, potrà essere attuato «favorendo anzitutto il lavoro» di chi appunto è dietro le sbarre. Nordio sa di non potersi spingere oltre, con le “intenzioni programmatiche”. Ma sfoggia però un “assolo” di impareggiabile ricchezza filosofica, intonato sul «paradosso singolare» per cui «la nostra religione, la nostra filosofia e la nostra scienza si fondano su tre processi sostanzialmente iniqui: la crocifissione di Gesù, le condanne di Galileo e di Socrate suscitano in noi un sentimento di ripudio, malgrado siano state irrogate ed eseguite secondo procedure legali». Ma se vogliamo trovare un senso alla giustizia, dobbiamo guardare a quella sintesi straordinaria, che, col sostegno del «razionalismo illuminista», dalla classicità greca e latina, ritroviamo nella «nostra Costituzione, dove la presunzione di innocenza si affianca alla funzione rieducativa della pena e l’etica si coniuga con l’utilità del recupero sociale del reo».
Ecco: Nordio è conciliativo anche nel proprio sottinteso auspicio di un migliore equilibrio, in campo penale e penitenziario, fra le visioni securitarie di FdI e Lega e la cultura liberale con la quale è certamente più in sintonia. Nel suo discorso tanto ipnoticoi per la bellezza quanto in apparenza elusivo, il ministro della Giustizia nasconde in realtà un impegno a sforzarsi di smorzare le resistrenze dello stesso partito che lo ha voluto in Parlamento e poi a via Arenula, Fratelli d’Italia appunto. Si potrebbe insinuare che è un’elegantissima melina dietro cui non si nasconde alcuna voglia di risolvere la partita. Ma si può rispondere pure che la stessa apparente inerzia è stata rimproverata a Nordio per mesi rispetto alle riforme penali. Che poi, nonostante alla cerimonia di ieri lo stesso guardasigilli non abbia ritenuto di vantarsene, sono arrivate a dama, col voto di tre giorni fa in Senato, quasi tutte contepomporaneamente.