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Carlo Nordio, ministro della Giustizia
Quando si analizza un discorso bisogna guardare a quello che contiene ma anche a quello che manca. E ieri il ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervenendo ieri nell’antico tribunale partenopeo di Castel Capuano per la cerimonia di inaugurazione della terza sede della Scuola superiore della magistratura, ha evidenziato tre cose importanti ma ha dribblato un’altra questione che lo aveva investito proprio il giorno prima, in seguito alla riunione del Comitato direttivo centrale dell’Anm. Andiamo con ordine. Il guardasigilli innanzitutto ha annunciato: «La Scuola potrà diventare, ancora una volta, preziosa palestra di conoscenza anche per le riforme che nelle prossime settimane presenteremo: un primo pacchetto di provvedimenti, improntati a garantismo e pragmatismo, è pronto per essere sottoposto al Consiglio dei ministri e poi al dibattito parlamentare».
È la conferma dunque che entro giugno via Arenula presenterà finalmente, dopo molteplici annunci, un articolato normativo, probabilmente un ddl per ogni singolo tema in modo da non lasciare il destino di una materia legato a quello di un altro tema più problematico e divisivo. Comunque il primo pacchetto di provvedimenti dovrebbe contenere le misure di cui si parla da tempo: revisione di abuso d’ufficio e traffico d’influenze, nuove norme su intercettazioni, interrogatorio e informazione di garanzia, prescrizione e – se la verifica sugli organici delle Corti d’appello lo renderà praticabile – sulle misure cautelari. Nordio poi ha accennato al difficile bilanciamento tra domanda di giustizia, libertà di cronaca e presunzione di non colpevolezza: occorre «una giustizia capace di rispondere tempestivamente alle legittime domande di chi ha subìto le conseguenze di un reato e allo stesso tempo in grado di tutelare i diritti, e la reputazione, di chi, anche sotto indagine, è presunto innocente, nel bilanciamento con altri diritti costituzionalmente garantiti come la libertà di stampa».
Poi due passaggi importanti sull’esecuzione penale. Il primo: «È anche la storia di questo luogo a ricordarci come presunzione d’innocenza e certezza della pena siano, a mio avviso, due facce inscindibili del garantismo». Una risposta indiretta forse ai due azionisti di maggioranza del governo, Fratelli d’Italia e Lega, i quali ripetono come un mantra che loro sono «garantisti nel processo ma giustizialisti dopo la sentenza definitiva di condanna». Ha poi proseguito Nordio: «In questa duplice, convergente direzione intendono muoversi le riforme in cantiere, continuando a lavorare per superare una visione carcerocentrica della pena: la Costituzione parla di pena, non di carcere. E la pena talora può essere più efficace se espiata, per alcuni reati, attraverso misure e percorsi adatti ai profili, anche molto diversi, dei detenuti, e favorirne il reinserimento nella società dei liberi». Sarà dunque abbandonata l’idea di usare le caserme dismesse per risolvere il problema del sovraffollamento?
Ma ora volgiamo lo sguardo a cosa ci saremmo aspettati che il titolare della Giustizia dicesse, e che invece ha tenuto da parte. Sarà stata la sede istituzionale, sarà stata la preoccupazione che il confronto potesse ulteriormente inasprirsi, ma Nordio non ha dato alcuna risposta a quanto accaduto due giorni prima a Roma, ossia durante il “parlamentino” dell’Anm. Il “sindacato delle toghe” ha proclamato lo stato di agitazione, fino all’assemblea generale del prossimo 11 giugno, quando si potrebbe votare anche per un’astensione, sulla scorta di quanto avvenuto l’anno scorso con lo “sciopero” contro la riforma Cartabia dell’ordinamento giudiziario. Stavolta a complicare i rapporti tra Anm e via Arenula è la richiesta, rivolta dal ministro alla Procura generale della Cassazione, di esercitare l’azione disciplinare nei confronti dei giudici della Corte d’appello di Milano che hanno trattato la fase cautelare del procedimento per l’estradizione dell’imprenditore russo Artem Uss.
L’addebito, come spiega la mozione dell’Anm, «è di aver applicato, in luogo della custodia in carcere, gli arresti domiciliari “rafforzati” con il braccialetto elettronico». Oltre tre mesi dopo il provvedimento, Uss si è allontanato dagli arresti e dall’Italia e, dopo le proteste degli Usa, che ne avevano reclamato la consegna, «il ministro ha formulato l’addebito nei confronti dei magistrati milanesi, che avrebbero tenuto “un comportamento connotato da grave e inescusabile negligenza”».
Secondo le toghe presiedute da Giuseppe Santalucia, «oggetto della “critica disciplinare” non può essere il merito del provvedimento: la norma del decreto 109/ 2006 che lo vieta non fa che declinare nel caso di specie il principio costituzionale dell’indipendenza della magistratura». Lo stato di agitazione non rappresenta, dunque, «un vuoto proclama», ma un invito collettivo alla riflessione che coinvolga «anche l’avvocatura, ben consapevole del rischio che corre l’indipendenza della magistratura, senza la quale la tutela dei diritti, specie dei più deboli, non potrà mai essere vera e completa».
Rispetto a tutto questo Nordio non ha detto nulla se non che «una magistratura autenticamente indipendente e autonoma è baluardo di ogni Stato democratico», per poi aggiungere un passaggio non riportato nel testo ufficiale consegnato alla Scuola superiore della magistratura: «Le doti maggiori di un magistrato sono l’umiltà e il buonsenso, unici correttivi per mitigare il potere di cui dispongono». Avrà voluto dire che l’errore, a suo parere, commesso nei confronti di Uss sarebbe dovuto essere affrontato con maggiore modestia senza alzare subito le barricate?