«Ai sindaci non importa che la spunti una parte politica o l’altra: quello che conta è che si dia una risposta alla parte più importante di questa Repubblica». Roberto Pella – deputato di Forza Italia, sindaco di Valdengo e vicepresidente vicario di Anci - lo dice chiaramente: la soluzione migliore sarebbe l’abolizione dell’abuso d’ufficio, idea che condividono anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il suo vice Francesco Paolo Sisto. Ma anche la soluzione di mediazione venuta fuori dal tavolo di mercoledì a via Arenula - e che prevede una modifica «radicale» del reato - può andar bene. Una proposta in tal senso c’è già e porta proprio la sua firma: «Così potremo ridurre gli effetti inutili del reato».

Perché questa battaglia per lei è così importante?

I dati sull’abuso d’ufficio sono chiari: solo il 3 per cento dei procedimenti si trasforma in condanne. All’assemblea dell’Anci, il presidente della Repubblica ha detto che sarebbe una sconfitta, per la democrazia, se si facesse strada l’idea che l’esercizio delle funzioni di sindaco, oltre che essere faticoso, è così gravato da rischi da giungere quasi all’impraticabilità. E la stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto che bisogna intervenire rapidamente. Poco dopo ho visto il ministro della Giustizia in Parlamento e da lì è nato l’incontro con la delegazione Anci dello scorso 2 dicembre a via Arenula, al quale ho partecipato assieme al presidente Anci Antonio Decaro e al sindaco di Treviso Mario Conte. Li ci è stata confermata la volontà, da parte del governo, di dare seguito alle nostre richieste e Nordio ha confermato anche di essere favorevole alla cancellazione totale del reato. Poco prima di Natale abbiamo dunque depositato due proposte di legge, facendo seguito alle richieste arrivate dai vari confronti.

Cosa dicono queste proposte?

Mi sono fatto interprete di due definizioni. La prima, che mi vede primo firmatario, sembra perfetta rispetto alle intenzioni del governo di fare una modifica radicale dell’abuso d’ufficio. La proposta riduce gli effetti inutili del reato nella sua formula vigente, specificando che deve esserci un effettivo danno diretto, mirato ad una singola persona. L’articolo prevede che salvo che il fatto non costituisca un più grave reato - come ad esempio la corruzione -, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che violi norme dalle quali non residuino margini di discrezionalità o ometta consapevolmente di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o arrechi direttamente ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La proposta è stata depositata in accordo con il viceministro Sisto, che su questo è cento volte più preparato, e circoscrive fortemente il reato. La seconda proposta, a prima firma Pittalis, prevede invece l’abrogazione dell’articolo 323 del codice penale.

Qual è a suo avviso la soluzione migliore?

Essendo anche vicario dell’Anci ogni giorno ricevo tantissime telefonate e faccio parte di una trentina di chat di sindaci e non posso nasconderle che la stragrande maggioranza, per non dire tutti, preferirebbe un’abolizione totale dell’abuso d’ufficio. Ma anche la rimodulazione - se fatta come scritto nella proposta di legge che ho depositato - sarebbe comunque una soluzione che soddisferebbe ampiamente sindaci alle prese con situazioni complesse e difficili. Credo che oggi sia più probabile una revisione del genere rispetto ad un’abolizione totale.

La stessa strada che avrebbe preferito Nordio.

Sì, così come il viceministro Sisto. Ma mi sembra di comprendere che sia necessario trovare una quadra tra tutte le rappresentanze politiche e il compromesso potrebbe essere quello indicato dalla mia proposta, che andrebbe a ridurre non dico totalmente ma quasi i casi. Ciò perché nel momento in cui si contesta l’abuso d’ufficio va dimostrata l’esistenza di un vantaggio che in tanti casi del passato - come quello della sindaca di Crema, ad esempio - non c’era affatto. Il rischio di mettere una firma su provvedimenti che spesso arrivano dai dirigenti è alto e spesso noi la mettiamo ad occhi bendati, perché ci fidiamo dei nostri funzionari. Ma nei piccoli Comuni un dirigente solo fa dieci mansioni. A ciò si aggiunga che negli anni sono state ridotte le risorse per la qualificazione e la formazione del personale. In tutta Italia soltanto 150 Comuni hanno più di 50mila abitanti, solo per farle capire che le strutture complesse che vantano giuristi negli uffici sono poche. Ma sono sempre gli amministratori quelli più esposti al rischio di un’indagine.

A lei è mai capitato?

Per fortuna, nonostante io sia al quarto mandato da sindaco, non ho mai ricevuto un avviso di garanzia. Ma la notizia di un’indagine sconvolge completamente la vita di una persona, con danni che non ricadono solo sulla vita politica e amministrativa, ma ricadono anche sulla propria attività. E soprattutto sconvolge la vita delle famiglie e di un’intera comunità.

Tra le obiezioni che vengono mosse alla cancellazione dell’abuso d’ufficio c’è la sua natura di reato spia. Cosa risponde a chi teme che possa impedire l’accertamento di alcuni reati?

Rispondo con le statistiche: su 5418 procedimenti, nel 2021, ci sono state 27 condanne. Sono numeri assurdi. Questi dati dimostrano che nel 97 per cento dei casi l’abuso d’ufficio non si concretizza in nulla. È giusto e doveroso che la magistratura persegua e condanni coloro che hanno arrecato un danno all’amministrazione, ma non penalizzare la parte in assoluto più vicina ai cittadini e ai loro bisogni. I sindaci sono la parte terminale dello Stato ed è necessaria la garanzia di non finire sulla graticola per questioni per le quali non si ha responsabilità.

Non è il caso di delinearle meglio queste responsabilità?

Credo che sia arrivato il momento di una revisione sostanziale del Tuel, anche perché è vecchio di oltre 20 anni e vanno ridefinite responsabilità e competenze. Mi auguro che il governo lo faccia e proverò a farmi promotore di una revisione organica e radicale che si adegui alle esigenze del comparto degli amministratori. Anche perché il rischio è la paralisi del Paese, con la partita legata al Pnrr.

C’è tensione sul tema dell’abuso di ufficio all’interno della maggioranza?

Credo che a nessuno oggi interessi poter dire di aver ottenuto di più rispetto all’altro: quello che conta è dare una risposta significativa alla parte più importante di questa Repubblica, che sono i sindaci. Non è una partita tra una forza e l’altra, è una partita ad un livello istituzionale fondamentale. Consentire ai sindaci di lavorare senza la paura della firma deve essere il fine. Da sindaco e da deputato, ciò che apprezzo è che finalmente ci sia la volontà di andare in questa direzione e sono convinto che anche forze di opposizione si aggregheranno.