Come in tutte le guerre, a un’azione corrisponde una reazione. E la replica dell’Anm non si fa attendere: «I continui attacchi mediatici ai giudici che assumono decisioni sgradite al potere ci costringono a prender nuovamente parola per denunciare le ferite che questo abusato triste copione reca anzitutto alle istituzioni del Paese», si legge nella nota firmata poco fa dalla giunta esecutiva dell’Associazione magistrati. «Non si accetta l’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario, non si tollera che i giudici si esprimano senza assecondare la volontà ed i programmi del governo e della sua maggioranza».
È un comunicato diverso dagli altri. Non critica un singolo atto del guardasigilli Carlo Nordio, né una particolare riforma. È un contrattacco frontale alla linea della maggioranza sulla giustizia. Delle tante prese di posizione assunte negli ultimi mesi da parte della magistratura, il comunicato diffuso oggi pomeriggio è il primo che davvero riporta la dialettica fra politica e toghe al clima del ventennio berlusconiano.

L’Anm prosegue: «In attesa delle riforme peggiorative dell’attuale assetto costituzionale, il cui percorso parlamentare non a caso viene ora accelerato, si prova oggi ad impaurire i magistrati». E già l’implicita riqualificazione di una riforma, la separazione delle carriere – attuativa di un codice firmato da Giuliano Vassalli, eroe della Resistenza –, come punizione inflitta ai magistrati è un’ulteriore conferma dello stato di guerra certificato dall’Anm.
Nel conflitto, naturalmente il “sindacato” delle toghe annovera gli articoli pubblicati nei giorni scorsi a carico di alcuni giudici, in particolare quelli riservati a Marco Gattuso, presidente della sezione Immigrazione del Tribunale di Bologna e dunque responsabile dell’atto con cui il collegio dell’ufficio emiliano ha rinviato alla Corte Ue il decreto “Paesi sicuri”: «Gli articoli di stampa non giovano a criticare nel merito i motivati provvedimenti, che restano in ombra, divengono nulla più che l’occasione per puntare l’attenzione sulle persone, sulle loro vite private», osserva la Giunta dell’Anm a proposito dei colleghi messi nel mirino dai giornali orientati a destra.
«Si rastrellano informazioni, anche le più estranee alla materia su cui hanno deciso, per delineare pubblicamente il profilo del magistrato di parte e ostile. L’accusa di politicizzazione mediaticamente imbastita raggiunge qualunque magistrato, sol che decida in senso contrario alle attese del governante di turno».
Al di là delle assolutamente legittime rimostranze per la personalizzazione della critica, rivolta alle scelte e agli orientamenti personali del singolo giudice anziché al merito dei provvedimenti, colpisce quella parola, “governante di turno”. Sa di chiara individuazione di un nemico: il governo di centrodestra e in particolare il suo vertice, Giorgia Meloni.
La giunta presieduta da Giuseppe Santalucia sa che dietro al piano sul trattenimento dei migranti in Albania – e dietro alle norme messe in campo per replicare agli altolà dei Tribunali – c’è la premier. Ed è alla premier che, di fatto, l’Associazione magistrati contesta di usare l’accusa di politicizzazione come schermo per nascondere un’insofferenza alle decisioni giudiziarie avverse.
Nessun riferimento, però, si intravede, nella nota Anm, a casi come quello del sostituto pg di Cassazione Marco Patarnello, arrivato a descrivere la presidente del Consiglio come «più pericolosa di Berlusconi proprio perché non ha inchieste giudiziarie a suo carico». Un’omissione non insignificante, che dimostra ancora una volta lo stato di piena belligeranza fra toghe ed Esecutivo di centrodestra. Il sigillo su questa dichiarazione di stato di guerra è nell’ultima frase: «Si respira un’aria pesante. Confidiamo fermamente che tornino a prevalere il rispetto istituzionale e la ragione democratica».
Sì, si respira un’aria pesante, è vero. Mai come in questi ultimi giorni, il contrasto sulle riforme della giustizia è degenerato, come uno smottamento ingrossatosi fino a tramutarsi in valanga, in una contrapposizione radicale e generalizzata.
L’Anm si lamenta. Lamenta un accerchiamento. Ma nel generalizzare essa stessa il conflitto, nell’additare il governo e in particolare Meloni come nemici, non fa altro che rendere ancora più arroventato il clima. Fino a un punto dal quale sembra difficile si possa tornare indietro in tempi brevi.