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A KIEV SI VIDE UNA GRANDE RIVOLTA DI PIAZZA
Colpisce la disinvoltura con cui una larga fetta della sinistra chiami “colpo di Stato” la rivolta di piazza Maidan di Kiev che nel novembre del 2014 portò alla fuga dall’Ucraina del presidente filo- russo Viktor Janukovitch. No caro Canfora, nel 2014 a Kiev non ci fu nessun Colpo di Stato...
Una rivolta di piazza, un presidente destituito dal Parlamento e libere elezioni Ma per larga parte della sinistra Maidan fu orchestrata dalla solita Cia
Colpisce la disinvoltura con cui una larga fetta della sinistra chiami “colpo di stato” la rivolta di piazza Maidan che nel 2014 portò alla fuga dall’Ucraina del presidente filo- russo Viktor Janukovitch. Non tanto fra i putiniani da tastiera che affollano il web o nella fitta galassia di siti “anti- imperialisti” sempre pronti a evocare la tenebrosa Cia come deus ex machina di ogni crisi internazionale. Ma tra la cosiddetta intellettualità, nella congerie pacifista e accademica, nel brodo primordiale dei pensatori “indipendenti” come spesso amano definirsi. Prendiamo il professor Luciano Canfora, storico intelligente e appassionato di politica, che in una chiacchierata con Il Riformista dà per scontato che Euromaidan fu un golpe orchestrato dall’Occidente, un disegno che viene da lontano, con la Nato che in questi decenni «ha voluto pezzo a pezzo, mangiarsi lo spazio intermedio fino ai confini della Russia».
Nessuna parola sui civili ucraini assediati dall’artiglieria di Mosca, sulle città bombardate sui dissidenti russi arrestati. Epifenomeni, propaganda data in pasto a noi scimmiette ammaestrate dal mainstream atlantista. Una visione talmente rozza che si fa fatica a credere sia abbracciata da un intellettuale sofisticato come Canfora. La geopolitica come sistema olistico in grado di spiegare tutto ciò che accade, dal Venezuela alla Siria, dall’Afghanistan alla Russia. Cancellando ogni fatto che contraddica lo schema, ogni soggettività che sporchi il quadretto.
No, nel 2014 a Kiev non ci fu un colpo di Stato orchestrato dal Dipartimento di Stato americano. Ci furono tre mesi di proteste contro il governo di Janukovich che non firmò il trattato di libero scambio con l’Unione europea per sostituirlo con un accordo economico con la Russia di Putin. Non fu tanto l’amore per l’Europa, ma la paura di venire riassorbiti dalla madre Russia, di tornare a esserne provincia o satellite, a far incendiare la piazza. A Maidan ci furono quasi cento morti, in gran parte manifestanti freddati dai cecchini delle Berkut ( le vecchie unità antisommossa ucraine oggi reintegrate dalle forze di sicurezza russe), una violenza che ha portato il conflitto al punto di non ritorno.
Certo, negli scontri sono entrate in campo anche le milizie nazionaliste ucraine, alcune di ideologia neonazista, come la famigerata brigata Azov, ma il loro ruolo è stato del tutto marginale nelle successive vicende politiche. Il loro partito di riferimento, Svoboda, che si ispira chiaramente al nazionalsocialismo, non ha mai superato il 5% e oggi galleggia miseramente all’ 1,9 con un solo deputato eletto, il suo impresentabile leader Oleh Yaroslavovych Tyahnybok. Fu lo stesso Parlamento a destituire Janukovitch il giorno dopo la sua fuga in Bielorussia e a convocare elezioni che si sono tenute regolarente quattro mesi dopo. A vincerle fu l’imprenditore nazionalista Petro Porošenko con il 55%. Una vittoria effimera visto che appena 12 mesi dopo l’elezione la sua popolarità è letteralmente precipitata e neanche la prima guerra in Donbass è riuscita a far risalire le sue quotazioni. Mentre l’Ucraina viveva una gravissima crisi economica Porošenko continuava ad arricchirsi: durante i 5 anni di presidenza il suo patrimonio è infatti lievitato di circa 400 milioni di dollari.
Inevitabile il castigo alle presidenziali del 2019 quando viene sbaragliato dall’ex comico televisivo Volodymyr Zelensky che diventa Capo di Stato con oltre il 75% dei consensi in un’ondata di “anti- casta” che ricorda l’ascesa dei Cinque stelle in Italia. È forse il climax di un colpo di Stato? Solo chi è in malafede o accecato dall’ideologia può pensarlo. È una Rivoluzione? Saranno gli storici a dirlo.
La cosa divertente è che tre anni fa gli ultranazionalisti ucraini accusarono Zelensky di essere un pupazzo nelle mani di Vladimir Putin, un leader debole e inadeguato che avrebbe svenduto il Paese agli oligarchi vicini al Cremlino. Oggi ce lo ritroviamo in mimetica sotto le bombe che chiede new fly zone e promette di immolarsi fisicamente pur di fermare i russi giunti alle porte di Kiev. Con mezzo mondo che lo accusa di fanatico atlantismo. Le cose cambiano.