L’elezione dei dieci membri laici del Csm si tinge di giallo. Con l’indiscrezione, lanciata dal Fatto Quotidiano, di una presunta moral suasion del Quirinale per escludere la candidatura di parlamentari in carica e di quelli della legislatura appena conclusa. Un “suggerimento” ai partiti, attualmente impegnati a decidere i nomi da proporre, che è lo stesso Quirinale ad escludere: «Nessun input di Mattarella sulle candidature del Csm», fanno sapere dal Colle.

Anche perché una mossa del genere sarebbe avvertita come un’ingerenza da parte del Presidente della Repubblica, lontana dal suo stile e, soprattutto, dai paletti fissati dalla Costituzione. Ed è proprio alla Carta che si richiama il deputato di Azione Enrico Costa, convinto che l’indiscrezione sia priva di fondamento. «Mi pare un retroscena inventato - dice al Dubbio -, perché è la Costituzione ad indicare i requisiti, che sono molto chiari».

E nessuno, tra gli esponenti dei partiti, è pronto a confermare che vi sia stata l’interlocuzione con le «alte sfere quirinalizie» di cui parla il Fatto.

Il presunto  “suggerimento” del Quirinale rappresenta però lo spunto per mettere un pietra tombale sulla presunta candidatura di Marta Cartabia, ex ministra della Giustizia che si ritroverebbe  a Palazzo dei Marescialli in un Csm eletto con le sue regole e 20 togati probabilmente pronti a farle la guerra. Un risentimento antico, quello delle toghe, che in passato hanno scioperato contro la riforma che porta il nome dell’ex Guardasigilli e che negli ultimi giorni si sono sbizzarriti nuovamente con feroci polemiche legate al tema della

procedibilità.

Ma la candidatura di Cartabia, collocata dalle indiscrezioni giornalistiche tra i possibili  nomi del Partito democratico, è una «suggestione che non sta né in cielo né in terra», fanno sapere da via del Nazareno, così come quella di Luciano Violante, ex presidente della Camera indicato tra i possibili prescelti dai dem. Che invece hanno deciso di stare a guardare, aspettando le mosse della maggioranza per poi tirare fuori dal cilindro un nome in grado di attrarre il voto della componente togata e puntare dunque alla vicepresidenza.

Al momento, dunque, le bocche rimangono cucite. Quel che è certo è che il presunto “suggerimento” del Colle non riguarderebbe comunque il Pd, già sicuro di non voler andare a pescare tra parlamentari in carica o della scorsa legislatura.

Il presunto veto quirinalizio sbarrerebbe la strada anche a Francesco Urraro, ex senatore della Lega tra i 202 avvocati e professori che hanno presentato la propria candidatura autonoma a Palazzo dei Marescialli. Che sul punto si limita ad auspicare «profili di alto livello, fondamentale per un organo costituzionale come questo».

A rimanere fuori anche Alfonso Bonafede, l’ex ministro della Giustizia del M5S che fu l'autore di una proposta di legge che prevedeva il divieto tassativo per i parlamentari e per i membri del governo di diventare componenti del Csm. Proposta poi non approvata e che ha consentito, nei mesi scorsi, di ipotizzare anche una sua candidatura a Palazzo dei Marescialli. Ma tecnicamente ciò non sarà possibile: l’ex

Guardasigilli, infatti, non ha conseguito i 15 anni di attività effettiva da avvocato - data la sospensione nei due anni e mezzo da ministro -, così come richiesto dalla procedura definita dal presidente della Camera Lorenzo Fontana ad

ottobre scorso.

Il M5S, al momento, starebbe puntando su due nomi: l’ex presidente della Commissione Giustizia alla Camera Mario Perantoni e l’attuale senatore Ettore Licheri. Dalle parti di Forza Italia, invece, si punterebbe sugli ex senatori Enrico Aimi e Fiammetta Modena e l’ex deputato Roberto Cassinelli, mentre ribadisce la sua volontà di rimanere al Senato Pierantonio Zanettin.

Nel frattempo la giunta nazionale dell'Aiga, Associazione giovani avvocati, ha chiesto al proprio presidente, Francesco Perchinunno, e ai suoi componenti con più di 15 anni di iscrizione all'albo di presentare l'autocandidatura per l'elezione dei membri laici del Csm, per «lanciare un appello alle istituzioni affinché nella composizione del relativo organo venga data voce  all'avvocatura quale parte necessaria del processo che possa dare un contributo concreto per un'amministrazione della giustizia più efficace ed efficiente».

Il voto è previsto martedì 17 a partire dalle 16 e in caso di fumata nera, ha annunciato il presidente Fontana, il Parlamento tornerà a riunirsi in seduta comune ogni martedì fino a quando non saranno eletti i “laici” dell'organismo di governo autonomo della magistratura. Ma ciò rischierebbe di far slittare la nomina troppo in là, ammonisce il deputato Costa, secondo cui «di fronte alla prorogatio dell'attuale Csm, dovuto prima alle elezioni politiche, poi alla legge di bilancio, che si è estesa di ben quattro mesi, con evidente forzatura costituzionale, ci appelliamo ai presidenti delle Camere

affinché valutino un iter a oltranza, con votazioni a cadenza quotidiana fino al raggiungimento del quorum. Altrimenti - ha

evidenziato - di settimana in settimana, si correrebbe il rischio di una indeterminata dilatazione dei tempi, con riflessi di paralisi sulle decisioni che l'organo di autogoverno della magistratura ha il compito di assumere».