Nessuna resa, anzi, battaglia. Dopo la proposta del vicepresidente del Csm di chiudere il caso Rosanna Natoli respingendo la sua richiesta di annullamento in autotutela della nomina del procuratore di Catania con un niet, a Palazzo Bachelet, questa mattina, è arrivata la replica della laica sospesa. Che non ci sta ad assistere passivamente ad una nuova bocciatura, confermando di aver subito pressioni per non partecipare al plenum che ha portato alla nomina di Francesco Curcio a capo della procura etnea e tirando in ballo il vicepresidente Fabio Pinelli.

Stando alla proposta di delibera del Comitato di presidenza, non si ravviserebbe «la ricorrenza dei presupposti per riesaminare in sede di autotutela le delibere adottate dall’Assemblea plenaria del Consiglio superiore della magistratura nelle sedute (antimeridiana e pomeridiana) del 17 luglio 2024», dato che «non sussistono elementi obiettivi che dimostrino che la mancata partecipazione non sia stata frutto di libera scelta dell’avvocato Natoli con conseguente piena ritualità delle singole procedure deliberative delibera».

Natoli, nella sua richiesta, aveva sottolineato che «la Consigliera Francesca Abenavoli, a nome di tutta Area-Dg e di Md, aveva comunicato al vice presidente che qualora fossi entrata in aula consiliare per partecipare ai lavori del plenum avrebbero, in apertura ed in collegamento con Radio radicale, diffuso, mediante lettura, la trascrizione del contenuto della chiavetta Usb depositata dalla Fascetto Sivillo e, conseguenzialmente, richiesto pubblicamente le mie dimissioni e inviato gli atti in procura». E Natoli, «temendo la ripercussione mediatica minacciatami da quei gruppi consiliari», sarebbe stata «“costretta”, mio malgrado ad allontanarmi da Palazzo Bachelet e a non presenziare ai lavori del plenum e soprattutto alla votazione per il conferimento dell’ufficio direttivo di procuratore di Catania».

Il Comitato di Presidenza, una volta ricevuta la diffida di Natoli a rompere il silenzio sulla sua istanza di revoca, aveva interpellato le Commissioni, che avevano risposto evidenziando l’insussistenza dei presupposti per il riesame delle delibere di plenum. Ma «nulla, in merito alla vicenda rappresentata nell’istanza di annullamento in autotutela, «le Commissioni consiliari avrebbero potuto ulteriormente riferire, essendo stato il vice presidente l’interlocutore dei consiglieri di Area - Dg e, dunque, debbo ritenere, perfettamente edotto dei fatti», ha scritto Natoli nella nota arrivata oggi sulla scrivania di Pinelli. Ma non solo: Natoli sottolinea come sia stata proprio Area, in un comunicato, «ad esporre che “la mattina del 17 luglio, appena avuto contezza dei fatti (il colloquio privato tra Natoli e la giudice sotto disciplinare, Fascetto Sivillo, ndr), noi consiglieri di Area abbiamo rappresentato al vicepresidente che, fino a quando il Presidente della Repubblica, in quei giorni all’estero, non si fosse potuto occupare della questione, sarebbe stato opportuno che la consigliera Natoli si astenesse dal partecipare all’attività consiliare, per non porre tutti i componenti del Csm nell’imbarazzante alternativa tra fingere di ignorare la vicenda – all’evidenza lesiva dell’onorabilità dell’intero Consiglio – o pronunciarsi sulla stessa prima che lo facesse il Capo dello Stato (...) noi rivendichiamo di aver operato quella mattina per difendere l’istituzione consiliare».

Non sono però i togati l’obiettivo polemico di Natoli: «Non ho mai ritenuto, per un solo istante, che i consiglieri di Area avessero in animo di perpetrare un qualsivoglia reato nei miei confronti, se lo avessi ritenuto non avrei certamente richiesto soltanto l’annullamento in autotutela delle delibere trattate il 17 luglio 2024. Ciò non è accaduto, perché i Consiglieri di Area hanno posto in essere una legittima azione di politica giudiziaria, che sicuramente non integra alcuna fattispecie di reato - ha sottolineato -. Certo, avrei gradito che il vicepresidente, a garanzia delle Istituzioni e di tutti i consiglieri, laici e togati, avesse anche garantito le mie prerogative istituzionali e, quindi, il mio diritto di partecipare al plenum e votare, magari ad esempio sospendendo i lavori consiliari, prerogative che nulla avevano a che vedere con la questione Fascetto Sivillo. Se questi sono i fatti, e considerato che non sono mai stata convocata per essere sentita, non si comprende in esito a quali elementi il Comitato di Presidenza deduce che “non sussistono elementi obiettivi che dimostrino che la mancata partecipazione non sia stata frutto di libera scelta dell’Avvocato Natoli con conseguente piena ritualità delle singole procedure deliberative”».

La sua “libera scelta” di non partecipare, contesta Natoli, «è stata coartata da quanto riferito dal vice presidente in relazione all’intendimento dei consiglieri di Area. Nessuno mi ha impedito fisicamente la partecipazione ma sicuramente la mia volontà è stata “forzata” da quel timore rappresentatomi. Coacta tamen volui è la plastica rappresentazione della sussistenza di un vizio nella formazione del mio iter volitivo. Non potevo partecipare con il timore di bloccare il Consiglio e di subire la richiesta di dimissioni in diretta Radio radicale».

A ciò si aggiunge che l’iter motivazionale della delibera è, a suo dire, carente, in quanto «non riporta quali siano in concreto gli elementi obiettivi» che dimostrino che quella di Natoli sia stata una scelta libera. «Certo è che, nell’immediatezza, nessuno ha ritenuto di rispondere alla mia istanza, anche soltanto per ribadire che avevo frainteso il messaggio riportatomi dal vicepresidente tramite i consiglieri laici da me indicati e, ciò, dimostra che, evidentemente, non avevo frainteso».

Infine, il Comitato di Presidenza non si sarebbe conformato ai precedenti consiliari: «In un caso analogo, che ha visto coinvolto un ex consigliere del Csm per un incontro con il difensore di Luca Palamara prima della sua audizione in prima commissione, il Csm ne ha semplicemente disposto il cambio di commissione, ma nessuno ha mai pensato di impedirgli di partecipare al Plenum e di votare per il bene e la tutela dell’Istituzione».

A ciò si aggiunge la disparità di trattamento: Natoli – difesa dall’avvocato Vittorio Lo Presti – è stata infatti sospesa per una semplice iscrizione sul registro degli indagati, con conseguente gogna mediatica, «laddove il Csm, con riferimento ad incontri di altri consiglieri, invece ha sottaciuto e continua a sottacere, persino su chi intraprende interlocuzioni politiche al di fuori dei canoni istituzionali e di qualunque protocollo ufficiale. Per quanto sopra esposto, chiedo che il Comitato di Presidenza voglia proporre la restituzione in Commissione della delibera affinché venga adeguatamente motivata, tenendo conto degli elementi che con la presente memoria ho rassegnato».