Disparità di trattamento e silenzi. A 20 giorni dalla richiesta di Rosanna Natoli di annullare in autotutela la nomina del procuratore di Catania Francesco Curcio, il Consiglio superiore della magistratura rimane muto. Così l’avvocato Vittorio Lo Presti, difensore della consigliera sospesa per le presunte pressioni sulla giudice Maria Fascetto Sivillo, sotto procedimento disciplinare a Palazzo Bachelet, ha depositato ieri una diffida indirizzata al Comitato di presidenza, chiedendo risposte all’istanza della propria assistita.

La richiesta di Natoli era stata depositata il 5 settembre, giorno in cui la laica di Paternò aveva raccontato il suo punto di vista sui fatti. Denunciando quello che a suo dire era un tentativo di estrometterla dal voto per il procuratore di Catania, ruolo delicato in relazione alle indagini sui magistrati accusati di aver intralciato le indagini sulle stragi. «Perché è diritto della richiedente conoscere le intenzioni del comitato di presidenza in merito a quanto ivi riportato, con il presente atto vi invito e diffido ad una immediata risposta entro e non oltre giorni 30 da oggi», si legge nell’istanza.
Ma non solo. Il difensore evidenzia come nel caso di Natoli il Csm abbia usato la mano pesante, evitando invece di agire quando ad essere indagati erano due membri togati. Ovvero Dario Scaletta e Maurizio Carbone, che «sono stati indagati, il primo, tra l’altro per gravi fatti, aventi notevole valore economico, commessi in favore del cognato - si legge nell’istanza del legale -. Fatto, questo, certamente assai più grave di quello realmente commesso dall’avvocato Natoli e non per come alla stessa farisaicamente contestato». Fatti noti al momento dell’insediamento dell’attuale Csm, in quanto finiti sulla stampa, senza conseguenze sulla permanenza dei due magistrati in plenum.

Scaletta, al momento dell’elezione al Csm, era sotto inchiesta per abuso d’ufficio (poi archiviato), con l’ipotesi di aver sollecitato la nomina del cognato a coadiutore dell’amministrazione giudiziaria nella procedura di prevenzione aperta a carico di alcuni imprenditori. Carbone, invece, era indagato per diffamazione. «Considerando l’eco di stampa di tali fatti già noti all’insediamento di questo onorevole Csm - si legge ancora nell’istanza di Lo Presti -, chiedo di sapere se è stata usata, nei confronti del suddetto consigliere Scaletta, la medesima solerzia che è stata usata per giungere alla sospensione della consigliera Natoli e, qualora ciò non sia accaduto, per quale motivo sia stato negato al plenum del Consiglio la possibilità di valutare la sospensione del suddetto consigliere Scaletta, la cui azione penalmente contestata certamente non porta lustro all’onorevole Consiglio superiore della magistratura». Ma non solo. La difesa di Natoli ha depositato, ieri mattina, una querela nei confronti di Fascetto Sivillo e del suo legale Carlo Taormina, responsabili di aver diffuso le notizie sullo scandalo al Csm. A dare la registrazione dell’incontro tra Fascetto Sivillo e Natoli alla stampa, ha infatti spiegato Lo Presti, non è stata la laica, ma Taormina, che già il giorno prima del deposito di quel file al Csm aveva preallertato il pubblico con un post su Facebook, col quale annunciava sconvolgimenti in sezione disciplinare.

Nella sua richiesta di revoca in autotutela Natoli aveva accusato i colleghi di averla «terrorizzata, forzata e violentata psichicamente», costringendola a non votare per la nomina del procuratore di Catania, di fatto cambiando, a suo dire, le sorti di quella decisione. Il giorno successivo alle rivelazioni di Taormina in Commissione disciplinare, infatti, Natoli avrebbe dovuto prendere parte al plenum nel quale si è decisa la nomina di Curcio. Natoli avrebbe votato per Giuseppe Puleio, il cui curriculum, a suo dire, sarebbe risultato più completo. Ma complice la sua assenza e la non prevista assenza di un altro consigliere -, Curcio ha vinto per un voto. Natoli ha però denunciato pressioni da parte delle toghe progressiste per tenerla lontana dall’aula, sempre negate dagli altri consiglieri.

Secondo quanto raccontato in quell’istanza, i togati sarebbero stati pronti a diffondere, «mediante lettura, la trascrizione del contenuto della chiavetta Usb depositata dalla Fascetto Sivillo e, conseguenzialmente, richiesto pubblicamente le mie dimissioni e inviato gli atti in procura - ha spiegato Natoli -. Terrorizzata, forzata e violentata psichicamente», dunque, Natoli decise di allontanarsi da Palazzo Bachelet e di «non presenziare ai lavori del plenum e soprattutto alla votazione per il conferimento dell’ufficio direttivo di procuratore di Catania, alla quale tenevo particolarmente». Per tale motivo, la consigliera sarebbe stata «“costretta” a non votare con conseguente approvazione della proposta di nomina del dottor Curcio, quale procuratore di Catania».

Da qui la richiesta di annullare in autotutela la nomina del procuratore di Catania, in quanto «viziata in radice per la mia forzata assenza». Il Csm aveva respinto con forza la teoria del complotto: nessuna pressione su Natoli affinché non si presentasse in plenum per il voto sul nuovo procuratore di Catania, ma la semplice comunicazione da parte di alcuni consiglieri, praticamente sotto shock per quanto accaduto in commissione disciplinare, dell’intenzione di lasciare l’aula in caso di sua presenza, creando un problema di numero legale. Da qui anche la smentita dell’intenzione di boicottare la nomina del candidato di Unicost.