Altro che passo indietro: Rosanna Natoli, la consigliera laica del Csm indagata a Roma per le presunte pressioni sulla giudice Maria Fascetto Sivillo, sotto procedimento disciplinare a Palazzo Bachelet, prova a ribaltare il tavolo. E accusa i colleghi di averla «terrorizzata, forzata e violentata psichicamente», costringendola a non votare per la nomina del procuratore di Catania, di fatto cambiando le sorti di quella decisione. Così, dopo un mese di silenzio e assenza, Natoli è tornata al Csm - come documentato in esclusiva dal Dubbio -, depositando una istanza di annullamento in autotutela delle delibere adottate nel plenum del 17 luglio 2024, il giorno dopo la consegna, da parte di Sivillo, della registrazione che proverebbe le pressioni di Natoli. Registrazione della cui genuinità il legale della consigliera, Vittorio Lo Presti, dubita fortemente.

Nella sua istanza Natoli fornisce una versione finora inedita dei fatti che hanno condizionato l’ultimo mese di consiliatura del Csm. Parlando di pressioni dei gruppi di Area e Md sul vicepresidente Fabio Pinelli che, di fatto, l’avrebbe invitata a non partecipare alla seduta di plenum che ha decretato la vittoria di Francesco Curcio a procuratore di Catania su Giuseppe Puleio.

Il caso Fascetto Sivillo

«Ho sempre svolto il ruolo di Giudice disciplinare nel rispetto dei principi di imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo, equilibrio nonché di rispetto della dignità della persona, incurante dell’appartenenza correntizia e/o politica dell’incolpato, e ciò è inconfutabilmente dimostrato dalle sentenze da me redatte, per alcune delle quali non è stato neanche proposto gravame mentre pochissime altre sono state annullate per eccessivo rigore nel trattamento sanzionatorio», scrive Natoli. Il 16 luglio 2024, durante un’udienza disciplinare a suo carico, Fascetto Sivillo ha rilasciato spontanee dichiarazioni raccontando di un incontro con la consigliera Natoli, avvenuto il 3 novembre 2023, a Paternò, registrato di nascosto. Un incontro durante il quale Natoli avrebbe esercitato su di lei delle pressioni. Quella registrazione è stata consegnata al Comitato di Presidenza su una chiavetta Usb, con tanto di trascrizione effettuata da un proprio consulente. «Nell’immediatezza, ancor prima che la Sezione si riservasse per la decisione, la sottoscritta ha depositato istanza di astensione - racconta Natoli -. Su richiesta pressante ed esplicita del vice presidente del Csm, sollecitato a suo dire dai componenti della Sezione disciplinare, senza neppure rendermi conto di quanto stesse accadendo, ho protocollato le dimissioni quale componente della Sezione disciplinare».

Il Comitato di Presidenza ha poi inviato gli atti alla procura di Roma. «Non ritengo di dovere entrare nel merito della questione Fascetto Sivillo giacché, avendo ricevuto avviso di garanzia, chiarirò i fatti nella opportuna sede proprio per quel rispetto che porto alle Istituzioni da tanti altri, sepolcri imbiancati, rispettate solo a parole, ma mi sia consentito affermare che in uno Stato di diritto le norme emanate dal Parlamento debbono costituire il faro per ognuno di noi e debbono essere da tutti rispettate - spiega ancora la consigliera -. Con mio rammarico la Procura di Roma ha, in meno di una settimana, ha spazzato via le norme contenute nel codice di procedura penale». Intanto perché «incompetente territorialmente», spiega la consigliera, essendo il tutto avvenuto a Paternò, ma soprattutto perché, nel giro di pochi giorni, «ha formulato un avviso di garanzia e un invito per essere interrogata senza però che venissero rispettati i termini di cui all’articolo 375 c.p.p., evidentemente al solo fine di dare la notizia alla stampa (cosa puntualmente accaduta prima ancora della notifica a me) ed espormi al pubblico ludibrio».

Ma non solo: la procura non avrebbe effettuato nessun atto di indagine, non sequestrando nemmeno il cellulare di Fascetto Sivillo per verificare la genuinità della registrazione e, dunque, se il file audio «fosse stato artatamente manipolato, come ritengo per i ricordi che ho io di quanto accaduto, ovvero fosse fedelmente conforme, e il sospetto doveva obbligatoriamente nascere visto che la consulenza depositata dalla Fascetto Sivillo non è stata giurata e che, per come lo stesso consulente afferma, la chiavetta Usb non contiene l’integrale registrazione indebitamente ed illegittimamente effettuata». Ed anche a voler ammettere la possibilità di contestare, in quella fase, l’abuso d’ufficio - mancava la sola firma del Presidente della Repubblica per la sua definitiva cancellazione - «così come è stata strutturata è assolutamente inesistente: certamente non avrei mai potuto commettere il reato da sola, perché, essendo componente di un collegio, i fatti ivi prospettati potevano consumarsi solo se tutti i componenti della sezione disciplinare fossero stati dello stesso avviso, mentre il tentativo non è nemmeno lontanamente configurabile essendomi astenuta prima della decisione». E non ci sarebbe neanche la rivelazione del segreto d’ufficio, sottolinea Natoli, «non avendo mai rivelato alla Fascetto Sivillo alcun segreto così come emerge già dalla trascrizione depositata e che sarà ancor più facilmente dimostrato quando si potrà ascoltare la versione integrale ed originale della conversazione». Ma se anche si volesse contestare qualcosa, sottolinea Natoli, il precedente di Emilio Sirianni, assolto dopo aver dato consigli al sindaco di Riace Mimmo Lucano sulle indagini a suo carico (sebbene le situazioni siano diverse), giocherebbe a suo favore, anche considerando che «al momento in cui ho incontrato la dottoressa Fascetto Sivillo non ero più il suo giudice disciplinare non ero più il suo giudice disciplinare». Ora che l’abuso d’ufficio è stato abolito, in ogni caso, la procura di Roma non ha altra scelta che trasmettere il fascicolo alla procura di Catania, competente per la presunta violazione del segreto. E il fascicolo, per quanto consta al Dubbio, a Catania non sarebbe arrivato. Il che, sottolinea una toga, sarebbe «molto strano».

Le «pressioni» per non partecipare al plenum

Il giorno successivo, dunque, Natoli avrebbe dovuto prendere parte al plenum nel quale si è decisa la nomina di Curcio. Come noto, la laica vicina al presidente del Senato Ignazio La Russa avrebbe votato per Puleio, il cui curriculum, a suo dire, sarebbe risultato più completo. Ma complice la sua assenza - e la non prevista assenza di un altro consigliere -, Curcio ha vinto per un voto. Quel giorno, però, ci sarebbero state delle pressioni per tenerla lontana dall’aula, spiega ancora Natoli nel documento depositato questa mattina. «Non appena arrivata nella mia stanza, si sono ivi catapultati i consiglieri Bertolini, Giuffrè, Eccher ed Aimi. Mi veniva riferito che la Consigliera Francesca Abenavoli, a nome di tutto il gruppo di Area Dg e di Md, aveva comunicato al vice presidente che qualora fossi entrata in aula consiliare per partecipare ai lavori del Plenum avrebbero, in apertura ed in collegamento con Radio radicale, diffuso, mediante lettura, la trascrizione del contenuto della chiavetta Usb depositata dalla Fascetto Sivillo e, conseguenzialmente, richiesto pubblicamente le mie dimissioni e inviato gli atti in procura - racconta ancora Natoli -. Terrorizzata, forzata e violentata psichicamente dalle parole e dalle intenzioni riferitemi dai consiglieri di Area ed Md, e non avendo avuto neanche il tempo di riflettere in merito alla genuinità o meno della chiavetta Usb depositata da parte della Fascetto Sivillo, temendo la ripercussione mediatica minacciatami da quei gruppi consiliari, sono stata “costretta”, mio malgrado ad allontanarmi da Palazzo Bachelet, e a non presenziare ai lavori del plenum e soprattutto alla votazione per il conferimento dell’ufficio direttivo di procuratore di Catania, alla quale tenevo particolarmente». Per tale motivo, la consigliera sarebbe stata «“costretta” a non votare con conseguente approvazione della proposta di nomina del dott. Curcio, quale procuratore di Catania».

Natoli sferra un durissimo attacco alle toghe progressiste, che prima di fare i «politici» avrebbero dovuto vestire i panni dei «giuristi» e dare «il giusto peso ad una registrazione proveniente da una parte sottoposta a procedimento disciplinare, già definito da quasi quattro mesi, la cui trascrizione è stata profusa in una consulenza di parte non giurata, anziché condannarmi senza prova certa e senza processo. Altrettanto, il vice presidente avrebbe dovuto far rispettare le norme contenute nel regolamento e, soprattutto, denunciare l’illegittima condotta che mi veniva paventata anziché invitarmi ad abbandonare Palazzo Bachelet». Un comportamento sul quale Pinelli, contattato dal Dubbio, non ha fornito alcuna conferma o smentita. «In uno Stato di diritto (sic!!) è bastata l’accusa, di una parte interessata, per impedire ad un consigliere di esercitare le prerogative della funzione, in primis di esercitare il proprio diritto di voto - continua Natoli -. E ciò che mi fa maggior specie è che tali comportamenti siano provenuti da fior fiori di giuristi, che dovrebbero essere abituati a condannare sulla base di prove certe e dopo un giusto processo».

Da qui la richiesta: la delibera di nomina di Curcio deve essere annullata in autotutela, in quanto «viziata in radice per la mia forzata assenza». E con la sua presenza, i due candidati sarebbero finiti in parità, con la conseguente nomina di Puleio, più anziano in ruolo. «Insisto pertanto nella richiesta di annullamento e/o revoca in autotutela delle delibere trattate durante il plenum del 17 luglio 2024, e in specie della delibera di conferimento dell'ufficio direttivo di Procuratore di Catania al dott. Curcio, confidando che per il futuro la sottoscritta, eletta, si sottolinea, dal Parlamento in seduta Comune, possa esercitare le proprie prerogative consiliari libera da qualsivoglia condizionamento esterno e da atti ostruzionistici già sperimentati nelle precedenti consiliature», conclude Natoli.

La smentita della consigliera Miele

Subito dopo il deposito della nota di Natoli, ad intervenire è stata la consigliera di Md Domenica Miele. «Leggo con assoluto stupore la nota inviata dalla consigliera Natoli», scrive Miele, smentendo in maniera assoluta «di aver delegato alcun consigliere/ra a parlare a mio nome, essendo notorio che, come è mio costume, quando devo dire qualcosa provvedo direttamente senza delegare alcuni (essendo, peraltro, unica consigliera eletta per Md). Chiedo nel contempo che i consiglieri Aimi, Bertolini, Giuffrè ed Eccher vogliano rendere noto da chi ed in quali circostanze avrebbero appreso la notizia (ribadisco infondata) che la asserita comunicazione al vice presidente sia stata fatta a nome e per delega di Md. Con riserva di adire ogni forma di tutela, mia e del gruppo che rappresento, nelle sedi opportune».