Papa Francesco e il governo italiano si mobilitino per la liberazione di Nasrin Sotoudeh, la più nota prigioniera politica oggi in Iran, da tempo in gravi condizioni di salute. A lanciare l’appello in un’intervista ad Aki-Adnkronos International è suo marito Reza Khandan, che nei giorni scorsi ha annunciato il trasferimento improvviso della moglie dal famigerato carcere di Evin, a Teheran, a quello di Qarchak, penitenziario altrettanto famigerato dove le condizioni sono anche peggiori. Ieri, inoltre, Khandan ha annunciato che la figlia ventenne Mehraveh è stata convocata in tribunale. Secondo la citazione, Mehraveh deve comparire davanti all'edificio giudiziario di Quds, filiale numero 1175, lunedì 26 ottobre. «Ad agosto, diverse forze di sicurezza hanno fatto irruzione nella nostra casa per arrestare Mehraveh - spiega l'uomo -. Con gli sforzi di amici e familiari, è stata rilasciata su cauzione. D'altra parte, dall'arresto di Mehraveh, e a causa della mancanza di sicurezza nell'area di visita per i membri della famiglia, in particolare i nostri bambini, Nasrin ha rinunciato alle visite con i membri della famiglia».
«Il Papa lanci un appello»
«Se ci fosse un appello del Papa per la liberazione di Nasrin e degli altri prigionieri politici naturalmente lo accoglieremmo a braccia aperte», spiega ancora Khandan da Teheran nel corso dell’intervista organizzata con l’aiuto dell’associazione "Neda Day" di Pordenone. Secondo Khandan, che a sua volta è stato condannato a sei anni di carcere e in ogni istante può essere trasferito in prigione, anche il governo italiano può favorire il rilascio di Nasrin perché «sa come premere su quello iraniano». Ma un ruolo importante, sottolinea, ce l’ha l’opinione pubblica italiana che deve mobilitarsi. L’odissea della vincitrice del Premio Sakharov è iniziata nel 2018 con l’arresto per aver difeso una donna che aveva violato la legge sull’obbligo del velo. Nei mesi scorsi l’avvocatessa ha iniziato un lungo sciopero della fame per protesta contro la detenzione dei prigionieri politici in Iran, interrotto a metà settembre per problemi cardiaci. Le autorità, insiste il marito di Nasrin, le hanno «mentito» sui motivi del trasferimento da Evin a Qarchak, facendole credere che l’avrebbero portata in ospedale ed ora la moglie «per protesta ha smesso di prendere i farmaci».
«Nasrin non sta bene»
«La legge prevede che abbia un permesso al mese ma non le è mai stato concesso», prosegue Khandan, che denuncia poi come il trasferimento dal carcere di Evin a quello di Qarchak «vada contro la legge iraniana, secondo la quale la pena va scontata dove si è stati condannati». Inoltre la prigione di Qarchak è un "inferno" dal punto di vista sanitario, essendo un ex allevamento di bovini trasformato in penitenziario e ospitando 3mila detenute, molte con il Covid. Una situazione che rischia di aggravare le già precarie condizioni di salute di Nasrin Sotoudeh. Nasrin «non sta bene, anche se vuole farci credere il contrario per rassicurarci», aggiunge Khandan che le ha potuto parlare anche poche ore fa. «Le hanno bloccato i conti correnti - aggiunge - e ancora più grave è arrivata una lettera del tribunale secondo la quale lunedì processeranno nostra figlia Mehraveh, che ha 21 anni e non si occupa di politica». Il reato che le è contestato è di aver picchiato un agente, ma il motivo reale di questo processo è «aumentare la pressione su mia moglie», conclude Khandan.