Scarsa rilevanza del fatto. È con questa motivazione che la sezione disciplinare del Csm ha assolto la pm palermitana Alessia Sinatra, finita davanti al tribunale delle toghe con l’accusa di "comportamento gravemente scorretto" nei confronti dell’allora capo della procura di Firenze e candidato alla guida della procura di Roma Giuseppe Creazzo per i riferimenti, nelle sue conversazioni nel 2019 con Luca Palamara, in cui veniva appellato come "porco".

Nel 2023 era stata condannata per quella che fu definita una sorta di «giustizia fai da te», un tentativo di condizionare l’esito della candidatura a procuratore di Roma del collega Creazzo, che quattro anni prima l’aveva molestata. Una “vendetta” che avrebbe tentato di mettere a segno sguinzagliando - secondo i colleghi che l’avevano punita - l’ex capo dell’Anm, chiedendogli di evitare la nomina del magistrato e preferendo, dunque, questa via a quella della denuncia, dimostrando così «evidente e profonda sfiducia nell’istituzione giudiziaria».

La sentenza fu però censurata dalle Sezioni Unite della Cassazione, che hanno disposto, nei mesi scorsi, l’annullamento con rinvio davanti a Palazzo Bachelet. Secondo i giudici del Palazzaccio, infatti, la Sezione disciplinare, nel valutare la condotta «sicuramente inopportuna della dottoressa Sinatra» - che si era sfogata in chat con il ras delle nomine -, «connotata da modalità di comunicazione non consone al ruolo rivestito ed esorbitanti nei contenuti, non ha però verificato in concreto ed a posteriori se e in che modo la stessa abbia effettivamente leso il bene specificamente tutelato dalla singola norma di tipizzazione dell’illecito e, in caso negativo, il bene tutelato dall’art. 3-bis, cioè l’immagine del magistrato e della magistratura».

Insomma, il Csm si sarebbe limitato a censurare alcune scelte - «come quella di non denunciare a suo tempo la condotta abusante subita, che peraltro è poi risultata pienamente confermata», che pure «restano in un ambito affidato alla singola sensibilità e non possono esse di per sé sole qualificare negativamente il comportamento successivamente tenuto». E anche a voler ignorare «il contesto amicale in cui le inopportune affermazioni e richieste sono state effettuate - si leggeva nella sentenza - non si può tralasciare di prendere in considerazione l’influenza che sul comportamento tenuto può aver avuto la grave e protratta sofferenza che accompagna chi sia stato vittima di molestie sessuali (nello specifico provenienti da un collega più anziano e nell’ambito di un contesto lavorativo)».

Un elemento sottovalutato nonostante dagli atti del procedimento fosse emerso che «la condotta abusiva di cui la dottoressa Sinatra (difesa da Mario Serio) era stata vittima aveva determinato effetti che permanevano nel tempo come “crisi di ansia ed attacchi di panico in situazioni legate alla rievocazione di quell’evento” per il tradimento del sentimento di amicizia e di lealtà, oltre che sul rapporto di colleganza».

La Sezione disciplinare ha accolto la richiesta della procura generale della Suprema Corte, rappresentata dal sostituto procuratore generale Mariella De Masellis, che nel corso della requisitoria, conclusa sollecitando l’assoluzione, ha sottolineato come le «opinioni espresse da Sinatra contro la nomina di Creazzo presentano i connotati dello sfogo. Questo comportamento può ricondursi a una reazione inopportuna e inappropriata ma determinata da un comportamento abusante. È possibile dunque - secondo il pg - accertarne la scarsa rilevanza del fatto».

«Con una illuminata pronuncia la sezione disciplinare ha accolto l’univoco messaggio delle Sezioni Unite - ha commentato all’Adnkronos l’avvocato Serio - che hanno tracciato i confini della condotta ascritta a Sinatra negando la rilevanza della stessa. Esprimo, dunque, la mia soddisfazione per una decisione che pone fine a una storia dolorosa che ha aggravato le condizioni fisiche e psicofisiche di una persona che non meritava il trattamento originariamente riservatole e oggi rimosso».