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Associated Press/LaPresse
L’operazione Albania riprende. Dopo i pronunciamenti dei giudici di Roma e di quello di Bologna il governo italiano è deciso a continuare con il suoi piano per delocalizzare i migranti. La nave della Marina militare Libra, infatti, tornerà all'inizio della prossima settimana nel Mediterraneo centrale. L'imbarcazione, al momento ferma a Messina, monitorerà l'eventuale flusso di arrivi di migranti per poi accoglierli a bordo. Infine, organizzerà l'eventuale nuovo trasferimento nell'hotspot di Shengjin in Albania per quelli che rientrano nelle categorie previste dal protocollo con il governo di Tirana.
Il dibattito politico continua sulla vicenda e mentre dalla maggioranza si continua a sostenere la bontà dell’operazione le opposizioni non risparmiano critiche. Paolo Barelli, presidente dei deputati di Forza Italia, ai microfoni del Tg 1, ha dichiarato:
«L’Europa si è detta favorevole alla decisione del governo italiano di collocare in Albania i centri di accoglienza per gli immigrati. Le decisioni del governo italiano sono legittime e dispiace che parte della magistratura invada la sfera delle decisioni politiche del Parlamento e del governo».
Per la senatrice Alessandra Maiorino, vicepresidente del gruppo M5s a Palazzo Madama, il partito della Meloni continua «a rivendicare con batterie di note stampa l’efficacia del modello Albania e della politica migratoria del governo su sbarchi e rimpatri. Fumo negli occhi. Mentre i centri albanesi restano vuoti gli sbarchi non si fermano, alla faccia dell’effetto deterrenza: quasi 6 mila sbarchi nell’ultimo mese, che continuano al ritmo di centinaia al giorno. Sbarchi che, contrariamente alla propaganda della destra, con la Meloni al governo non sono diminuiti: il primo anno sono schizzati da 105 a 158 mila e quest’anno si chiuderà con almeno 60 mila arrivi».
Ai microfoni del Tg1 Carlo Calenda, leader di Azione, ha detto: «L’Albania è una gigantesca perdita di risorse. Io sono per un controllo ferreo dei confini, ma l’Albania non serve a niente. Agenti mandati in hotel a cinque stelle, migranti che devono fare avanti e indietro se entro pochi mesi non vengono riconosciuti come migranti economici. Non funziona. Bisogna trovare un’altra soluzione senza ideologie».
Mentre Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde e parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra è ritornato sui costi della operazione: «La presidente Meloni con la manovra economica taglia le risorse a sanità, scuola e ambiente ma spreca 1 miliardo di euro per i centri per migranti in Albania e aumenta le spese per armamenti di 10 miliardi di euro. Nel frattempo, la premier è riuscita a mettere la Polizia di Stato contro quella Penitenziaria: la prima dormirà in alberghi a 4 o 5 stelle, mentre la Polizia Penitenziaria starà in container accessibili solo tramite una scala metallica esterna, simile a una scala d’emergenza. Sono proprio gli agenti a denunciare il disagio in cui sono costretti a lavorare». Così Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde e parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra.
Critiche sono giunte anche sul piano giuridico. A LaPresse l’avvocato Francesco Petrelli, presidente dell’Unione delle Camere penali italiane, rispondendo a una domanda sulla decisione del Tribunale di Bologna di rinviare il decreto Paesi sicuri alla Corte di giustizia europea, ha detto: «Non credo davvero che in questo caso si possa parlare di un attacco alla politica. Speriamo che questo contesto subisca in qualche modo una de-escalation, perché si sta veramente costruendo un conflitto sulla pelle dei più deboli, che sono le persone vulnerabili, i migranti, oggetto di un conflitto davvero inappropriato. Quel provvedimento mi sembra particolarmente prudente e particolarmente accurato nel rispettare le indicazioni che vengono dalle norme internazionali e dalla giurisprudenza sovranazionale», ha osservato Petrelli.
Anche l’Associazione Italiana Studiosi di Diritto dell’Unione Europea (AISDUE), cui aderisce la stragrande maggioranza dei docenti e dei ricercatori della materia, in una nota “manifesta profonda preoccupazione per le diverse inesattezze espresse da alcuni esponenti del mondo istituzionale e universitario in merito ai rapporti tra il diritto nazionale e il diritto dell’Unione europea. Il principio del primato del diritto dell’Unione europea sul diritto nazionale è acquisito da circa 70 anni ed è stato riconosciuto anche dalla nostra Corte costituzionale. Tale principio, volto a garantire che i cittadini europei siano tutelati allo stesso modo in tutti i Paesi dell’Unione stessa, comporta l’obbligo a carico delle autorità nazionali, incluse quelle giurisdizionali, di interpretare le norme interne, se possibile, in conformità al diritto dell’Unione, e, in caso contrario, di “disapplicare” il diritto nazionale incompatibile, anche se si tratta di leggi successive alle norme dell’Unione.
Collegato a tale principio, è il monopolio riservato alla Corte di giustizia di assicurare l’interpretazione del diritto dell’Unione, per modo che le sue sentenze obbligano il giudice nazionale ad attenersi a tale interpretazione.
Si tratta di principi acquisiti da tempo, condivisi da tutto l’arco della dottrina europea e ampiamente consolidati nella giurisprudenza degli Stati membri. In Italia, invece, recenti avvenimenti hanno provocato un acceso dibattito su quei principi, portando in qualche caso addirittura al rovesciamento degli stessi e ad affermazioni francamente inaccettabili.
Va però avvertito che simili posizioni, dovute forse al difficile e concitato contesto in cui sono state formulate, rischiano di nuocere al ruolo dell’Italia in Europa e mettono in crisi la stessa partecipazione del nostro Paese al processo di integrazione europea, fondato sugli artt. 11 e 117 della Costituzione e su una prassi ormai settantennale”.