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Policemen guard a reception center for migrants, at the port of Shenjin, northwestern Albania, on Wednesday, June 5, 2024. Italian Premier Giorgia Meloni is traveling to Albania Wednesday to thank the country for its willingness to host thousands of asylum seekers and to tour the sites of two migrant detention centers. (AP Photo/Vlasov Sulaj)
La Corte d’Appello di Roma - Sezione Persona, famiglia, minorenni e protezione Internazionale -, ha sospeso ieri il giudizio di convalida dei trattenimenti dei 43 migranti portati, martedì scorso, in Albania nel centro di Gjader. La Corte, inoltre, ha deciso di rimettere gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea ponendo un quesito pregiudiziale: «Se il diritto dell’Unione Europea e, in particolare, gli articoli 36, 37 e 46 della Direttiva 2013/32/Ue, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che un Paese terzo sia definito di origine sicuro qualora, in tale Paese, vi siano una o più categorie di persone per le quali non siano soddisfatte le condizioni sostanziali di tale designazione, enunciate nell’allegato I della Direttiva».
Dei 43 migranti 38 provenivano dal Bangladesh, 8 dall’Egitto. Domani mattina alle 12 una nave della Guardia Costiera arriverà in Albania per riportarli in Italia. Già due giorni fa altri sei migranti erano stati riportati in Italia perché minorenni o vulnerabili e quindi non “eleggibili” per la procedura accelerata di frontiera: un altro aspetto paradossale di questa norma che non prevede i dovuti accertamenti prima della partenza per l’Albania.
Ieri in videoconferenza per le udienze c’erano i richiedenti asilo assistiti dai loro legali ed i magistrati della Corte d’Appello. Presenti nella struttura albanese quattro parlamentari del Pd - Chiara Braga, Matteo Orfini, Andrea Casu e Marco Simiani - ed una delegazione del Tavolo asilo e immigrazione (di cui fanno parte Arci, Asgi e Casa dei diritti sociali).
Solo un mese fa dal palco di Atreju, la premier Giorgia Meloni, con un tono di certo non pacato, disse: «I centri in Albania funzioneranno. Funzioneranno, dovessi passarci ogni notte da qui alla fine del governo italiano». Ebbene, per la terza volta, questo modello è fallito. I precedenti trasferimenti di migranti in Albania organizzati dal governo - ad ottobre e a novembre scorsi - erano stati vanificati dalle decisioni dei magistrati della sezione immigrazione del Tribunale di Roma, che non aveva convalidato i trattenimenti disposti dalla questura della Capitale.
La prima pronuncia risale al 18 ottobre, la seconda decisione è dell’11 novembre. Rispetto al primo caso, il governo aveva nel frattempo emanato un decreto per definire la nuova lista di Paesi sicuri. Il provvedimento non era tuttavia servito ad evitare un esito diverso del giudizio. I magistrati, infatti, sospesero il giudizio sulla convalida del trattenimento rimettendo tutto nelle mani della Corte di Giustizia europea, come accaduto ieri.
Come non è servito ad ottenere un esito diverso il fatto che il Parlamento nel frattempo abbia approvato una legge che ha trasferito le competenze in materia di trattenimento dai tribunali alle Corti d’Appello.
Inoltre, come hanno sottolineato in questi giorni alcuni analisti, il governo poteva evitare di trasportare i migranti in Albania in attesa della decisione della Cgue, già chiamata a pronunciarsi sulla stessa questione. Si riunirà il 25 febbraio, anche se la decisione è attesa nei mesi successivi.
Ovviamente non sono mancate le reazioni politiche. «Giorgia Meloni si rassegni, i centri in Albania non funzionano e non funzioneranno, sono un clamoroso fallimento», ha commentato la segretaria del Pd Elly Schlein, che ha concluso: «Aumentano a dismisura le risorse pubbliche sprecate a causa dell’ostinata volontà del governo di non rispettare le leggi e le sentenze europee. I diritti non possono essere modificati con stratagemmi come quello di spostare i giudizi dai tribunali per l’immigrazione alle Corti d’Appello, nel tentativo del governo di scegliersi i giudici».
Al contrario, per il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, punta il dito contro le toghe: «Continua l'opera di boicottaggio della magistratura italiana alle politiche di sicurezza per contrastare l’immigrazione clandestina. La sfida è politica, temeraria e appare ostile ai principi fondamentali dell’ordinamento. Ma bisogna andare avanti perché il disegno è troppo politico per essere subìto passivamente».
Mentre per il segretario di +Europa, Riccardo Magi, «a Meloni non resta che dichiarare fallito questo sadico esperimento ed evitarci le sue solite vagonate di vittimismo».