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Michel Clase, procuratore
“Il giudice che fa paura ai banchieri” titolava nel 2014 il settimanale belga Le Vif tratteggiando un apologetico ritratto di Michel Claise titolare dell’inchiesta sul colosso del credito HSBC, accusato di riciclaggio aggravato di fondi provenienti dai narcos sudamericani.
Un’inchiesta che costò ai vertici della banca due miliardi di euro di multa, di cui 300 milioni allo Stato belga. E poi l’ex ministro Serge Kubla finito nel mirino con l’accusa di aver corrotto il governo del Congo per la concessione di un giacimento minerario a beneficio del gruppo italo- svizzero Duferco. E ancora una banca, la svizzera Ubs, condannata per frode fiscale a un risarcimento di 3,5 miliardi di euro.
Insomma, il procuratore che ha scoperchiato lo scandalo del “Qatargate” un affaire che sta facendo tremare le fondamenta dell’Unione europea, non è un magistrato qualunque. In Belgio lo conoscono tutti da almeno un decennio e cioè da quando è salito sulla ribalta mediatica per non abbandonarla più.
Fieramente affiliato alla massoneria, autore di una dozzina tra saggi e romanzi storici e legal-thriller alcuni anche premiati per le qualità letterarie, Claise si concede con grande facilità ai televisioni e giornali, rilasciando lunghe interviste con il suo classico abbigliamento casual, jeans, maglietta e maglioncino a v. Spesso è ospite di trasmissioni letterarie dove presenta e commenta i suoi libri con estremo talento comunicativo. «Mi ritengo un umanista, una persona rivolta verso il prossimo», dice di sé con un pizzico di immodestia.
Nato a Bruxelles nel 1956, abbandonato dal padre quando era ancora bambino, Claise è stato cresciuto dai nonni materni che gestivano un piccolo forno: «Ho ricevuto un’educazione dura e d’altri tempi, ma è stata molto formativa e ha portato i suoi frutti». Laureato in diritto all’università libera di Bruxelles, per una ventina d’anni ha svolto la professione di avvocato all’ordine della capitale belga.
Alla fine degli anni 90 decide però di passare dall’altra parte della barricata, vince il concorso di stato e diventa giudice istruttore, specializzandosi in crimini finanziari e amministrativi. E costruendosi in poco tempo la nomea di castigamatti di leader politici, celebrità dello sport, imprenditori e grandi manager, un cliché mediatico che piace molto alla “gente” e che gli ha regalato un’ampia popolarità, proprio come accadde in Italia nel 1992 con l’inchiesta Mani Pulite e l’ascesa di Antonio Di Pietro.
Claise è in tal senso una versione “colta” e molto snob del magistrato molisano, uno che in casa ha una biblioteca con migliaia di libri e che non possiede una televisione ( gli basta andarci, in tv) ma se lo stile appare meno ruvido i metodi che utilizza per far parlare gli indagati non sono poi così diversi da quelli di “Tonino”.
«Claise adora pungolare i potenti, ha le spalle larghe e non ha paura di nessuno, mentre loro hanno una paura folle di lui», scrive un cronista giudiziario dell’Afp che segue da anni le sue inchieste. E, visti i precedenti fanno bene a essere spaventati. Su questo punto non mancano in effetti critici e detrattori. Un avvocato che ha lo ha affrontato in più di un processo ne parla in modo assai velenoso sulle colonne del quotidiano La libre Belgique: «È un uomo tronfio e pieno di sé, uno che ha il mandato di arresto facile, è il suo sistema preferito per far crollare i sospetti o per aggiungere un nome celebre al suo folto carnet di caccia».
In altre parole basta far titillare le manette e l’effetto è garantito specialmente con quelle mammolette di politici, colletti bianchi ricchi imprenditori, per quanto nell’ordinamento belga la custodia cautelare di un sospetto deve essere confermata da altri giudici competenti entro cinque giorni. Un lasso di tempo che Claise ritiene più che sufficiente per ottenere se non per estorcere le sue confessioni.
Di fronte alle accuse di non rispettare i diritti degli indagati e di utilizzare metodi polizieschi alquanto brutali lui replica stizzito: «Non sono uno sceriffo, faccio semplicemente il mio lavoro che consiste nell’affrontare dossier che coinvolgono persone potenti, persone che nessuno si aspetta vengano toccate, io invece lo faccio, non odio la ricchezza, ma la criminalità finanziaria è una piaga che ci sta divorando e bisogna fermarla a tutti i costi».
Essendo una figura molto popolare, i media belgi si chiedono da tempo quali siano le sue simpatie politiche, ma Claise nicchia affermando di non votare per nessun partito. Anche se, una volta in pensione, non esclude di candidarsi per «trasmettere i miei valori culturali» .