Lo avevamo anticipato noi da mesi su questo giornale, lo ha confermato il deputato di Italia Viva, Roberto Giachetti, due sere fa nell’Aula della Camera: su volontà del Governo, la proposta di legge per l’istituzione della giornata per le vittime di errori giudiziari dedicata a Enzo Tortora non s’ha da fare. Il motivo? Non dare fastidio ai magistrati fino al referendum sulla separazione delle carriere e soprattutto non trasformarli in vittime dinanzi ai cittadini. L’indicazione arriverebbe direttamente da Palazzo Chigi, dalla premier Giorgia Meloni. Le forze di maggioranza si sono dovute adeguare non senza qualche mal di pancia.

La presidente del Consiglio non vuole trasmettere il messaggio per cui il potere legislativo vorrebbe umiliare quello giudiziario agli occhi degli elettori, quegli stessi elettori che in primavera dovranno esprimersi sulla riforma costituzionale della giustizia. «Succederà che - ha detto il parlamentare Giachetti durante la discussione generale sul provvedimento - nelle prossime settimane, arriverà la richiesta di rinvio in Commissione, rimandandola ad altri momenti, perché c’è l’ipocrisia e c’è anche la paura. Una paura un po’ strana perché ci è stato spiegato ampiamente sui giornali e nelle interviste che non si vuole fare questo provvedimento così devastante per non urtare la sensibilità dei magistrati, in particolare dell’Associazione nazionale magistrati, che si sono messi contro questa proposta di legge e non li si vuole, come dire, irritare perché già c’è il provvedimento principale, quello sulla separazione delle carriere, che dev’essere portato in porto».

Giachetti ha proseguito: «La cosa divertente è che non si possono fare cose che irritano l’Anm, ma poi c’è il Sottosegretario Mantovano, il Sottosegretario più di fiducia della Presidente Meloni, che, quando si alza la mattina e decide di menare fendenti e bordate contro l’Associazione nazionale magistrati, contro i magistrati che fanno politica, eccetera, allora va bene, perché qui c’è qualcuno che, evidentemente, pensa di non irritare, dicendo cose molto peggiori di quello a cui può portare un’iniziativa di questo tipo, e gli altri devono, come dire, sottacere».

Le parole di Giachetti, sempre acuto nelle sue analisi politiche, rispecchiano quello che vi abbiamo descritto in queste settimane: da una parte la premier Giorgia Meloni e il ministro della giustizia Carlo Nordio pronti a fare da pompieri sui fuochi di scontro con le toghe, e dall’altra parte Alfredo Mantovano che invece sembra alimentarli.

La presidente del Consiglio e il Guardasigilli hanno ben compreso che occorre mettere in atto questa strategia che punta alla tregua armata fino a quando non avranno raggiunto il risultato desiderato: la vittoria referendaria. Sarebbe un autogol minare la credibilità della magistratura dinanzi ad una parte di elettorato di destra favorevole al lavoro delle toghe e al loro ruolo di controllori della legalità. Tanto è vero che insieme a questa proposta di legge Tortora è stata messa ai box la riforma sulla custodia cautelare, il ddl per limitare l’uso dei captatori informatici, le linee guida sui criteri dell’azione penale da imporre alle procure, l’istituzione di una Commissione d' inchiesta monocamerale sulla magistratura voluta dal forzista Enrico Costa, la modifica della legge Severino. Certo, come ha detto Matilde Siracusano, Sottosegretaria di Stato per i Rapporti con il Parlamento, replicando a Giachetti «questo è il Governo che forse ha fatto di più in tema di giustizia, in tema di garantismo. Mi riferisco non soltanto alla madre di tutte le riforme, che è la separazione delle carriere» ma «anche all’abolizione dell’abuso d’ufficio, all’approvazione della legge che limita a 45 giorni le intercettazioni - quindi, che vuole limitare l’abuso delle intercettazioni -, al recepimento della direttiva sulla presunzione di innocenza, con il divieto di pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare sui giornali». E però ad un certo punto dall’alto qualcuno ha detto "stop”. Vietato far passare l’idea che il governo voglia umiliare la magistratura attraverso riforme, spesso targate Forza Italia, che sarebbero percepite troppo garantiste dai sostenitori di Fratelli d’Italia e Lega.