«Le argomentazioni con cui il Tribunale di Bologna chiede alla Corte di giustizia europea l'autorizzazione a disapplicare l'ennesima legge italiana da molti è stata vista come un'argomentazione più vicina a un volantino propagandistico che a un atto da tribunale». La “tocca piano”, come si dice nel linguaggio colloquiale, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervistata in serata tv da Bruno Vespa.

Sull'onda del successo ottenuto in Liguria, che da molti osservatori è stato visto anche come un rifiuto dell'elettorato di farsi condizionare, nelle proprie scelte, dall'inchiesta che ha condotto alle dimissioni il governatore uscente Giovanni Toti, Meloni ha rivendicato sia l’accordo con l'Albania sui centri per il rimpatrio dei migranti che il Dl sui paesi sicuri, licenziato dall'esecutivo dopo la sentenza del tribunale di Roma che ha fatto rientrare in Italia alcuni cittadini egiziani e bengalesi destinati alle strutture allestite nel paese balcanico. Ma soprattutto, ha tenuto alto il tono della polemica contro i magistrati, riferendosi stavolta in particolar modo al tribunale di Bologna e alle motivazioni con cui ha rinviato il decreto paesi sicuri alla Corte di Giustizia Ue, da una cui sentenza era scaturito il primo provvedimento del tribunale romano.

«L'argomento della Germania nazista», ha osservato la presidente del Consiglio, «è efficace sul piano della propaganda, sul piano giuridico è più debole». «Pochi giorni fa», ha proseguito, «il Consiglio d'Europa ha attaccato la polizia italiana, e seguendo questi ragionamenti potrei allora dire che gli immigrati non possono venire in Italia perché l'Italia non è un Paese sicuro. Se noi diciamo che l'Egitto non è un Paese sicuro, parliamo di 140 milioni di persone a cui diciamo che possono venire qui, e chi lo regge l'impatto? Allora penso che qui si stia dicendo che l'Italia non può fermare l'immigrazione illegale e deve accogliere tutti. Si vuole impedire che ci si metta un freno. Addirittura le opposizioni in Europa hanno chiesto una procedura di infrazione che non è contro l'Italia, è contro gli italiani».

Quanto all'accordo con l'Albania, per la premier «i centri funzioneranno» perché «sono la chiave di volta nella gestione dei flussi non solamente italiani, per questo l'intesa riscuote tanta attenzione da parte dell'Ue, l'Europa guarda con interesse all'intesa. Se tu migrante irregolare che paghi gli scafisti perché arrivi in Italia ma vuoi andare in Germania ti ritrovi fuori dai confini europei, questo è il più grande deterrente. E' fondamentale per smontare questo business, farò di tutto per farlo funzionare: ho tanti nemici ma anche tanti amici, li faremo funzionare».

Poi, una rivelazione: «Mi hanno minacciato di morte, c'è aggressività perché la strategia del governo sta funzionando, gli sbarchi sono diminuiti del 60% e i rimpatri aumentati del 30%. Si vuole impedire che ci si metta un freno, ma ho preso degli impegni con gli italiani e farò tutto quello che posso per seguire le indicazioni che ho avuto dagli elettori». E sempre in tema giustizia e rapporti tra poteri, Meloni ha avallato le parole con cui il guardasigilli Carlo Nordio ha detto di auspicare un referendum sulla separazione delle carriere, per conferire alla riforma la necessaria investitura popolare.

Interpellata da Vespa sulle parole di Nordio, la premier ha infatti risposto che il governo è «sempre pronto per il voto dei cittadini, per tutti i referendum». Restando in territorio cronaca e inchieste giudiziarie, Meloni ha usato toni durissimi nei confronti di chi si è reso responsabile di violazione delle banche date e della privacy dei cittadini: «La cosa più importante», ha detto, «riguarda l'infedeltà dei funzionari, l'hackeraggio non è il tema più importante, le nostre banche dati non sono violate da estranei ma da funzionari dello Stato che dovrebbero proteggerle ma usano il loro potere per fare altro con quei dati. Bisogna essere implacabili e non lo dico solo per loro ma anche per chi ha il dovere della vigilanza». «Sui dossieraggi», ha aggiunto, «noi abbiamo già varato un decreto legge, adesso c'è un tavolo tecnico che sta lavorando a una nuova iniziativa».

Non è mancata una stilettata a Cgil e Uil, che hanno annunciato lo sciopero generale per il 29 novembre: «C'è un piccolissimo pregiudizio da parte di Cgil e Uil con uno sciopero generale convocato qualche giorno prima di incontrare il governo. I sindacati volevano la diminuzione del precariato ed è diminuito, volevano l'aumento del salario e abbiamo fatto il cuneo, volevano più soldi sulla sanità e lo abbiamo fatto, prendiamo 3,6 miliardi dalle banche. Se nonostante questo confermano uno sciopero non siamo tanto nel merito».

Ma almeno su una cosa, il giudizio della premier collima con quello dei sindacati, e cioè la severa critica nei confronti del presidente di Stellantis John Elkann, che si è rifiutato di andare in Parlamento: «Fermo restando che a John Elkann sfuggono i fondamentali della Repubblica italiana, io sono stata parlamentare per tanti anni e questa mancanza di rispetto me la sarei evitata».