PHOTO
Foto di Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)/LaPresse
Di sicuro il presidente della Repubblica non dichiara né l’illegittimità né l’inopportunità delle riforme. Al più invita a riflettere. Con il rinvio alle Camere di una legge appena approvata, e il relativo messaggio. Stamattina ha molto, ma molto indirettamente incrociato la separazione delle carriere nella nota, trasmessa al Csm, di assenso all’ordine del giorno in cui il plenum ha inserito due circolari, una sulle Procure e un’altra sugli uffici giudicanti.
Due testi, due provvedimenti di “normazione secondaria” dell’ordinamento giudiziario. Di quelli con cui il Consiglio superiore definisce aspetti di dettaglio nel quadro di leggi vere e proprie. Ma non passano inosservate le parole del messaggio presidenziale con cui si ricorda quanto siano «delicati», in particolare, i «temi» di cui si occupa «la nuova circolare sugli uffici requirenti», anche considerata la necessità di «garantire la funzionalità» di questi ultimi «nell'interesse della collettività e delle legittime aspettative di giustizia, tenuto conto della specificità ordinamentale» delle Procure, appunto.
Da una parte, è chiaro come Mattarella non intenda trascurare le tensioni che, da anni, scuotono gli uffici del pubblico ministero, soprattutto per via della loro eccessiva gerarchizzazione, introdotta dalla riforma Castelli e foriera, a detta degli stessi magistrati, di un fatale impulso al “carrierismo”. Dall’altra è difficile sottrarre la valutazione del Quirinale alla cornice più generale definita, per l’ordinamento giudiziario, dal ddl costituzionale sulla separazione delle carriere.
Anche la riforma varata in Consiglio dei ministri su iniziativa di Carlo Nordio si occupa, ovviamente, sia dei giudici che dei pm.
Ma è chiaro come la delicatezza delle conseguenze che ne verranno riguardi soprattutto i requirenti, e il Capo dello Stato lo sa bene. Lo sa in quanto garante delle istituzioni, ma anche nella veste di presidente dell’attuale, unico Csm, e dei due eventuali futuri Consigli superiori – uno per i giudicanti e appunto uno per i requirenti – previsti dalla riforma. E Mattarella evidentemente comincia a tenere a vista un dossier per ora solo futuribile, ma che è di certo l’aspetto più delicato e pieno d’incognite dell’intero ddl Nordio: la particolarissima condizione in cui la magistratura requirente si verrà a trovare una volta che la separazione delle carriere andasse a regime.
Una collocazione inedita per i pm e i loro capi, per il loro ordine separato e in qualche modo “atipico”. Non assoggettato al potere dell’Esecutivo o del Legislativo, certo. Ma, a quel punto, neppure ancorato a un unico ordine insieme con i colleghi giudici. Un potere dello Stato forte, pervasivo, eppure sganciato e quasi sospeso rispetto al resto. Governato, certo, da un organo il cui presidente sarà sempre il Capo dello Stato, ma con una composizione a maggioranza togata. Sorteggiato, nella sua componente magistratuale come in quella laica, e non più eletto sotto il controllo delle correnti Anm, ma pur sempre espressione di un sistema, quello delle Procure, che da oltre trent’anni rappresenta una sorta di antagonista della politica.
Mattarella ovviamente non può né porsi ora tutte le complicatissime questioni che discenderanno dalla riforma né, evidentemente, chiedere di prevenire eventuali disfunzioni, proprio perché si tratta di disfunzioni eventuali, teoriche, inesplorate e imprevedibili. Ma oggi è come se avesse aperto un file. Gli avesse dato un nome e lo avesse lasciato, necessariamente, in bianco. Adesso quel file sta lì. Nell’orizzonte del Capo dello Stato e dunque a disposizione del legislatore. Nessuno può azzardarsi a sostenere che si tratti di una pregiudiziale sulla riforma, né di una pur assai indiretta critica. È al limite il suggerimento a considerare la magistratura requirente, e il suo potere, sempre con la dovuta prudenza. Magari, il legislatore può liberamente ricavarne un suggerimento a considerare che non ci sono molti altri modelli stranieri di magistratura scissa tra giudicante e requirente con la seconda svincolata anche dal controllo politico.
Non si può certo dedurre, dalle parole trasmesse oggi dal Quirinale al Csm, uno stimolo affinché il legislatore ci ripensi e, per assurdo, imprigioni davvero i pm e il loro futuro autogoverno sotto il controllo dell’Esecutivo. Piuttosto, il Parlamento potrebbe estrarne un promemoria, ora che si accinge a esaminare il ddl sulle carriere separate. Si è appreso, proprio nelle ultime ore, che la commissione Affari costituzionali della Camera la settimana prossima fisserà, nel proprio ufficio di Presidenza, il calendario della discussione sulla riforma di Nordio. Anche alla luce delle parole di Mattarella, i deputati farebbero bene a considerare con cura, di quel ddl, aspetti meno dibattuti ma assai più seri rispetto al fantomatico controllo del governo sulle Procure. Al limite, il problema vero sarà capire quale controllo ci sarà, sulle Procure, una volta che avranno un Csm tutto per loro.