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Giuseppe Santalucia, presidente dell'Anm
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ribadisce la priorità della riforma della separazione delle carriere e punta l’indice contro lo strapotere dei pm. Ne parliamo con Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati.
Secondo il guardasigilli, come riportato nell’intervista di ieri al Foglio, i pm sono superpoliziotti che agiscono senza rispondere a nessuno.
Nordio rivela con la franchezza e la sincerità di chi non è aduso a linguaggi involuti, tipici di un certo modo di fare politica, il reale intendimento della riforma costituzionale: assoggettare il pm ad un controllo perché, a suo dire, è un organo senza alcuna responsabilità. Se questo è il problema e se la ricetta è, come dice il ministro, la riforma costituzionale, allora conferma quanto la magistratura associata, con buona pace delle ireniche posizioni delle Camere penali, ripete da tempo, ossia che si vuole una forma di controllo sul pubblico ministero. E chi può essere il controllore in questo quadro, se non la politica?
Negli Usa però se i prosecutor, capi della polizia giudiziaria, se sbagliano vanno a casa.
Vorrei ricordare al ministro che il potere del pm sulla polizia giudiziaria non dipende dal fatto che quando si introdusse il codice Vassalli non scegliemmo né il sistema inglese né quello americano. Ciò è previsto dall’articolo 109 della Costituzione per cui “l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria”. Quindi, se potessi esprimere un auspicio, sarebbe di una maggiore attenzione al nostro modello costituzionale invece che a modelli altri, di tipo anglosassone. Vi troveremmo tante risposte, senza pensare che la situazione attuale sia figlia di un’anomalia.
Per Nordio l’anomalia è costituita da pm che “clonano processi” e fanno “lunghe e dolorose indagini”.
Non accetto questa diagnosi. Muove accuse senza richiamare fatti concreti o casistiche disciplinari. Si esprime con una genericità che mi lascia basito. Dire che i pm clonano i processi è una affermazione tanto grave quanto priva di fondamento. Vorrei chiedere al ministro da dove trae queste conclusioni e cosa ha fatto di conseguenza, essendo lui il titolare dell’azione disciplinare.
Nordio giustifica la riforma sostenendo altresì che “c’è” – usa il presente – una degenerazione correntizia. Da qui la riforma del Csm.
Credo che sia il Csm ad avere il diritto- dovere di replicare. Io da spettatore non posso che registrare che l’unico grave fatto di distorsione di cui oggi abbiamo appreso dopo l’affaire Palamara è quello che ha riguardato una componente laica del Consiglio.
Intende l’avvocato Natoli?
Sì. Allora chiedo al ministro se la riforma si occupa di questo, perché le degenerazioni del Consiglio superiore non possono essere scaricate per intero sulla componente togata. I laici stanno lì con un compito ben preciso: interdire le degenerazioni corporative.
Il guardasigilli sostiene convintamente il referendum. Siete davvero pronti ad affrontare i cittadini?
Da tempo abbiamo detto che interverremo nel dibattito pubblico, anche in vista di un’eventuale tappa referendaria. Lo faremo spiegando le ragioni di contrarietà tecnica a questa riforma, ma in questo devo dire che oggi ( ieri, ndr) mi sento confortato perché il ministro ha in qualche modo agevolato il nostro lavoro di spiegazione avendo ammesso che è una riforma che tende a controllare politicamente il pm.
Insomma sulla separazione sarà battaglia. Però qualche giorno fa abbiamo scritto che tra Anm e Nordio il dialogo a distanza ha funzionato, visto che ne è derivato il “congelamento” della nuova norma sugli illeciti disciplinari dei magistrati, scomparsa in extremis dal decreto Giustizia.
Col ministro abbiamo ottimi rapporti, sempre improntati a lealtà e cordialità, e questo per noi è anzitutto un dovere. Detto questo, non possiamo che registrare con favore che quella norma così vaga non ci sia più. La formula “gravi ragioni di convenienza”, espunta dal codice di rito e messa nel codice disciplinare, si prestava a forti censure di incostituzionalità.
Eppure questa tregua è venuta meno dopo un giorno. Abbiamo letto di un botta e risposta a suon di comunicati tra via Arenula e Anm sul rinvio del voto nei Consigli giudiziari.
Nessun litigio: solo una nostra precisazione a questo punto doverosa, dopo che il comunicato del ministro generava oggettivamente l’idea che la magistratura associata avesse richiesto una proroga del voto. Noi ne eravamo informati ma il rinvio non è mai stato chiesto dall’Anm, come erroneamente affermato. Semmai occorre fare una riflessione più ampia.
Quale?
I rinvii vanno fatti per tempo: questa è una indicazione di buona normazione. Rinvii che avvengono in zona Cesarini creano più disagio, come avvenuto anche per il Tribunale delle persone minori e della famiglia e per l’informatizzazione del processo penale. Se c’è un cronoprogramma che ci fa già dire che non potremo rispettare la data di scadenza, credo sia buona norma mettere in campo disposizioni di rinvio per tempo, non è possibile arrivare sempre così in affanno.
A proposito di rinvio: come accogliete i 30 giorni concessi alle Corti d’appello per adeguarsi al fatto che dovranno decidere sui ricorsi contro i trattenimenti dei migranti? I 30 giorni sono un pannicello caldo. Il problema è l’irragionevolezza del trasferimento di competenze, che suona come un plateale atto di sfiducia nei confronti delle sezioni specializzate per avere assunto una giurisprudenza che non è stata gradita.
Nordio sostiene che i giudici di appello sono più garantisti. Meglio no?
Sono tutte etichette e categorizzazioni, secondo me prive di fondamento. Tutti i giudici in Italia sono garantisti perché sono formati su una stessa sensibilità costituzionale. Poi le differenze si misurano sulle individualità. Non capisco perché una Corte d’appello priva di specializzazione, considerato che dal 2016 non si occupa più di questa materia, oggi debba entrare in campo e dire meglio di come abbiano fatto le sezioni specializzate: è chiaro che si rifarà gioco forza alla giurisprudenza delle sezioni specializzate.