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Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro
Il governo ci aveva provato a resistere all’ostruzionismo delle opposizioni, annunciando la presenza del sottosegretario Andrea Delmastro delle Vedove in Commissione Giustizia. Ma alla fine, la linea dura intrapresa dal Partito democratico, Avs, M5S e Terzo Polo - pronte ad abbandonare l’aula nel caso in cui avessero visto arrivare l’esponente di FdI - ha vinto e a riferire per l’esecutivo sul dl 198/2022, che contiene disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, questo pomeriggio si è presentata Matilde Siracusano, sottosegretaria di Stato ai rapporti con il Parlamento.
Un passo indietro per tenere «i toni bassi», così come chiesto dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, costretta ora a gestire la grana di due compagni di partito nei “guai” con la giustizia: da una parte il sottosegretario indagato per rivelazione di segreto d’ufficio e dall’altra una sottosegretaria dimissionaria - Augusta Montaruli - in quanto condannata in via definitiva per peculato. Una vicenda, quest’ultima, che ha contribuito anche a scaldare gli animi tra i membri della stessa maggioranza, con botta e risposta al vetriolo tra il deputato di Forza Italia Giorgio Mulè e anonimi esponenti di Fratelli d’Italia che si sono affidati alle agenzie di stampa per offendere il collega. Le fibrillazioni hanno riacceso le voci di una spaccatura interna alla coalizione - date le posizioni a tratti inconciliabili dei due partiti sui temi della giustizia -, smentita in fretta e furia dalla sponda forzista, che si limita a parlare di «imbarazzo» per la vicenda Delmastro. Stesso sostantivo usato da Mulè per la vicenda Montaruli, a dimostrazione che l’equilibrio è tutt’altro che stabile.
«Non parteciperemo a nessuna forma di ostruzionismo», si affretta a dire una fonte forzista di fronte all’ipotesi, sbandierata dalle opposizioni, che gli azzurri vogliano approfittare delle spine nel fianco di Meloni per attaccare l’alleato. Alle prese con il tentativo della minoranza di mandare a casa Delmastro, che nel frattempo può però contare su una tregua garantita dal calendario della Camera, dove nei prossimi giorni sono attesi due voti di fiducia e la prima seduta del giurì d’onore, prevista mercoledì, sulle accuse lanciate in aula dal vicepresidente del Copasir Giovanni Donzelli al Pd, sulla scorta di quei documenti riservati dei quali il sottosegretario non avrebbe dovuto fare parola. I due sono poi attesi a Piazzale Clodio, il primo in veste di testimone, il secondo per depositare la memoria difensiva - annunciata dopo l’interrogatorio - con la quale fare ulteriormente chiarezza su quanto avvenuto con la consegna al collega delle carte fornite dal Dap sui dialoghi tra l’anarchico Alfredo Cospito e i boss al 41 bis. Carte non divulgabili, secondo l’accusa, e non secretate secondo Delmastro.
I dem hanno intanto pronta una nuova mozione di censura nei confronti del sottosegretario meloniano, in attesa che la capigruppo, questa settimana, decida quando discutere quelle già depositate. E nel frattempo, dai banchi dell’opposizione, si continua a chiedere un passo indietro dei due esponenti di FdI: «Visto l'aggravarsi della posizione del sottosegretario Delmastro e l'inadeguatezza mostrata dal collega Donzelli - ha commentato la deputata del M5S Stefania Ascari, membro della Commissione Giustizia -, continuiamo a chiedere che entrambi si dimettano dai rispettivi incarichi il prima possibile. La nostra mozione di censura sia calendarizzata al più presto». E ad infiammare il dibattito ci ha pensato anche il fondatore di Alleanza Nazionale ed ex presidente della Camera Gianfranco Fini, che ha “condannato” i due esponenti di FdI: «Non si confonde un'aula del Parlamento con la piazza di un comizio. Donzelli, quando ha preso la parola, ha dimenticato di essere un autorevolissimo esponente del partito che esprime il presidente del Consiglio. Non si lanciano accuse in questo caso, tra l'altro, del tutto infondate al Pd, dicendo “Strizzate l'occhio alla mafia”. Ancor di più, Delmastro, il giorno in cui il presidente del Consiglio dice toni bassi, dice: “Il Pd si inchina alla mafia” - ha dichiarato a “Mezz'ora in più”, su Rai3 -. I toni sono una parte importante del dibattito politico se vuole essere all'insegna della civiltà e del reciproco rispetto. Vale per alcuni esponenti della maggioranza e per buona parte dell'opposizione».