Riparte da zero il processo a Piero Amara per le calunnie della Loggia Ungheria che si sposta da Milano a Brescia. Lo ha stabilito il tribunale di Milano con sentenza di «incompetenza funzionale» su richiesta del difensore dell'ex legale esterno dell'Eni, avvocato Salvino Mondello. La presidente della decima sezione penale, Antonella Bertoja, a cui si sono rimessi i pubblici ministeri Paolo Filippini, Roberta Amadeo e le decine di parti civili fra magistrati, vertici delle forze dell'ordine e delle istituzioni indicate da Amara come appartenenti alla presunta loggia massonica deviata di cui raccontò l'esistenza ai pm Paolo Storari e Laura Pedio in 6 interrogatori fra dicembre 2019 e gennaio 2020, ha trasmesso gli atti alla Procura di Brescia.

La decisione si è resa necessaria per riunire il processo con la posizione del magistrato Claudio Galoppi - già membro del Csm e consigliere giuridico della ex presidente del Senato Elisabetta Casellati -, uno dei presunti calunniati da Amara, rientrato in servizio a Milano. Per la sua calunnia la Procura di Brescia aveva chiesto l'archiviazione, rigettata dal gip che ha disposto l'imputazione coatta dell'ex legale esterno dell'Eni.

Nella breve udienza di ieri è stato accolto il deposito del decreto di archiviazione del gip di Perugia sull'essenza stessa della Loggia Ungheria. Nel frattempo il 18 ottobre 'l'avvocato dei misteri' al centro dei processi Eni e delle faide fra toghe torna in aula per il filone relativo alla fuga dei suoi verbali segretati. Il 54enne di Augusta è accusato con Vincenzo Armanna, ex manager Eni, di rivelazione di segreto e calunnia. Armanna, infatti, si presentò in Procura a Milano il 17 febbraio 2020 sventolando la fotografia di una pagina dei verbali secretati resi da Amara nelle settimane precedenti e sostenendo di averli acquistati da un appartenente alla polizia di stato dei servizi segreti e dicendo di poterne acquistare altri a piacimento.

Si tratta degli stessi verbali che ad aprile 2020 il pm Paolo Storari consegnò al consigliere del Csm Piercamillo Davigo lamentando 'inerzie investigative' da parte dei suoi colleghi. Storari è stato assolto in via definitiva dall'accusa di rivelazione di segreto e Davigo condannato in appello dal Tribunale di Brescia per averli fatti circolare a Roma fra membri del Csm e del Parlamento.