Che ne pensa la politica della decisione dell’Anm di indire “una o più giornate di astensione dall’attività giudiziaria per sensibilizzare l’opinione pubblica sui pericoli della riforma”, cioè del ddl costituzionale sulla separazione delle carriere? Lo abbiamo chiesto a esponenti della maggioranza e dell’opposizione.

Secondo Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera ed esponente di punta di Forza Italia, «per chi crede nella separazione dei poteri, e per chi la proclama, non vi è nulla di più inquinante di un’invasione nella reciproca legittimazione della divisione dei poteri. Il Parlamento, e quindi l’organo che secondo Costituzione è deputato a fare quelle leggi alle quali sono soggetti i magistrati, si avvia a discutere questa riforma: in questo contesto lo sciopero indetto dai magistrati è il peggior viatico per quella leale collaborazione che ci dovrebbe essere tra i poteri dello Stato. Ogni punto di vista è legittimo, ma deliberando delle astensioni è come se si volessero mettere le mani avanti e si rifiutasse a priori qualsiasi tipo di discussione. Questo atteggiamento, ripeto, è nemico della leale collaborazione tra poteri».

D’altra parte è vero che a compromettere il dialogo ci si impegna molto il forzista Gasparri per cui l’Anm sarebbe «eversiva» se scioperasse. «Il problema del dialogo funziona se le persone vogliono dialogare – replica Mulè –. Se invece non c’è questa volontà bensì quella di sottomettere il Parlamento a ciò che sono i desiderata di una parte della magistratura, questo preclude ogni possibilità di trovare una soluzione, di trovare un compromesso. Ci sono gli strumenti parlamentari per far sentire la propria voce e per provare a correggere questa riforma. Quindi non saranno le agenzie di Gasparri a giustificare lo sciopero dei magistrati. I magistrati hanno una funzione talmente alta, nobile da dover essere superiore a quella che magari è la dialettica politica. Se però loro per primi dissotterrano l’ascia di guerra e dichiarano, tra virgolette, guerra al Parlamento con lo sciopero, questo significa pregiudicarsi gli spazi di discussione che evidentemente non vogliono percorrere».

Ma a cosa si riferisce Mulè quando parla di “parti della magistratura”, considerato che il parlamentino Anm ha firmato unitariamente la mozione sulle astensioni? «In Italia ci sono più di 8mila magistrati – risponde il vicepresidente della Camera –, loro rappresentano una parte di questi magistrati, con questo sistema delle correnti che sarebbe dovuto essere superato e invece continua a imperare all’interno della magistratura. Le correnti che si muovono in questa direzione sono nemiche della famosa terzietà e indipendenza della magistratura, però sic transit gloria mundi: faranno lo sciopero, ma non ci impediranno di fare il nostro lavoro, che è quello di fare i legislatori. Un’occasione persa!».

Il senatore di Fratelli d’Italia Sergio Rastrelli, segretario della commissione Giustizia di Palazzo Madama, osserva a propria volta: «Non c’è dubbio che la iniziativa dell’Anm possa determinare un inutile e dannoso innalzamento del clima di scontro tra poteri dello Stato. Io parto dal presupposto che l’Anm è naturalmente libera di determinarsi come crede. Quello che non permetteremo sono sfide al Parlamento sovrano, o attività di indebita interdizione nei confronti di doverose e coraggiose iniziative legislative. In questo senso distinguo sempre i piani di ragionamento, nel senso che le riforme costituzionali sono sempre, o almeno dovrebbero essere, il luogo della massima condivisione, per cui ogni contributo, anche il più critico è sempre prezioso, purché si rispettino i rispettivi ruoli. Questa è una riforma giusta, necessaria e storica, come l’ha definita Giorgia Meloni. È una riforma che è nel nostro programma di governo, invocata dalle forze più vitali della società, ed è una riforma irrinunciabile. Per noi, quale che siano gli scenari che si prospettano, si andrà avanti nel portarla fino in fondo, e io addirittura auspico che l’Anm non voglia porsi a difesa di logiche di immobilismo culturale, di difesa di privilegi corporativi, di inutile difesa a oltranza rispetto all’assetto esistente, che è ormai superato e assolutamente inadeguato alle esigenze della modernità. Quindi mi auguro che si rispetti fino in fondo il ruolo che ciascuno responsabilmente deve rivestire: d’altronde mi stupirei del contrario, perché questa, come è stato detto e scritto e come è realmente, non è assolutamente una riforma contro la magistratura». Tuttavia c’è chi in Parlamento mette in dubbio il diritto dell’Anm a scioperare: «Io non mi addentrerei su questo piano, faccio solo notare che all’interno della magistratura c’è un’ampia quota di toghe, intellettualmente libere, che questa riforma la condivide, perché migliora la giurisdizione e soprattutto serve all’Italia».

Di parere opposto è il senatore, e capogruppo dem in commissione Giustizia, Alfredo Bazoli: «Non è la prima volta che lo sciopero viene utilizzato dai magistrati come forma di protesta contro provvedimenti che loro considerano a rischio, quindi non è una grande novità il fatto che venga deliberato. Venne fatto anche contro la riforma Cartabia, contro il famoso fascicolo del magistrato e contro provvedimenti che noi stessi abbiamo sostenuto e che io rivendico tra le buone cose fatte». In questo caso, però prosegue il parlamentare del Pd, «lo sciopero può essere più giustificato che in altre circostanze per il fatto che la riforma proposta dal governo rischia di mettere a repentaglio alcune garanzie della magistratura, in particolare l’autonomia e l’indipendenza. Sebbene sappiamo che la riforma formalmente non lo prevede, si è consapevoli che prima o poi si troverà l’occasione per mettere il pm sotto il controllo dell’esecutivo».

E per Bazoli, il punto critico che giustificherebbe ancor di più l’iniziativa risiede nella circostanza per cui «il Csm verrebbe sostanzialmente trasformato da organo di alta rappresentanza della magistratura in un organo puramente burocratico, a cui i magistrati accedono per sorteggio, quindi senza alcuna forma di rappresentanza effettiva. Il principio sotteso è quello dell’uno vale uno, osteggiato quando venne introdotto in politica, ma ora applicato ai magistrati: una previsione per me molto pericolosa, perché il Csm viene sostanzialmente umiliato e depotenziato. Questa è una ragione che secondo me vale ancora di più rispetto alla separazione delle carriere, e che giustifica una scelta radicale di protesta ai magistrati». Chiediamo anche al senatore una considerazione sulle parole del collega di FI Gasparri: «Non contribuisce a raffreddare il clima» replica Bazoli, che conclude: «Evidentemente ha interesse, come forse altri, ad alimentare uno scontro frontale con un potere dello Stato. Penso che questo non faccia bene a nessuno, tantomeno alla politica. Se Gasparri dice queste cose significa che vuole incendiare gli animi: se ne assuma la responsabilità, penso che non porti bene né a lui né alla maggioranza per raggiungere gli obiettivi che si prefigge».