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LO SCENARIO
Le cose sono cambiate con la guerra ucraina e la prospettiva di una nuova e lunga fase di fronteggiamento a livello globale e di nuova guerra fredda. L'evidente riluttanza a mettere la fedeltà atlantica al di sopra di tutto ha reso Conte e il suo partito alleati inaccettabili salvo una resa incondizionata.
A FALLITA L’ALLEANZA COL M5S E CON CALENDA, L’OBIETTIVO PRINCIPALE RIMASTO AL PD ERA IMPORSI COME PRIMO PARTITO
Per il Pd e per il suo segretario il responso della rilevazione effettuata dalla Noto Sondaggi il 17 agosto sulle intenzioni di voto è qualcosa in più di un semplice campanello d'allarme. Evoca lo spettro di una sconfitta molto più pesante di quella attesa e preventivata non solo e non tanto in termini di percentuali e seggi ma di orizzonte politico. Cosa dicono quei dati? Molto semplicemente che dalla crisi di governo in poi FdI e il M5S hanno conquistato due punti percentuali mentre il Pd ne avrebbe persi un paio o giù di lì. Per capire quanto disastrosi sarebbero risultati del genere se confermati dal voto reale bisogna fare il punto sulla situazione reale e sulle dinamiche di una crisi e di una successiva gestione delle alleanze, da parte del Pd, che appaiono a prima vista letteralmente inspiegabili. Bisogna prima di tutto chiarire che il 25 settembre si giocheranno non una ma due distinte partite: quella esplicita per il governo del Paese e quella invece in ombra per la ridefinizione di un sistema politico in sostituzione di quello crollato nel corso di questa allucinogena legislatura.
Letta era arrivato alla segreteria ereditando dal suo predecessore uno schema che per un po' ha riproposto anche lui, sia pur con molto minore convinzione: un'alleanza di governo stabile con il M5S, basata su un ritorno al sistema elettorale proporzionalista. Quanto poco il Pd fosse convinto da quest'ultimo passaggio, che avrebbe implicato l'abbandono di ogni “vocazione maggioritaria” è dimostrato dal fatto che nel concreto proprio il Pd ha rallentato e ostacolato come nessun altro la modifica della legge elettorale.
Le cose sono cambiate con la guerra ucraina e la prospettiva di una nuova e lunga fase di fronteggiamento a livello globale e di nuova guerra fredda. L'evidente riluttanza a mettere la fedeltà atlantica al di sopra di tutto ha reso Conte e il suo partito alleati inaccettabili salvo una resa incondizionata. Proprio il tentativo di piegare e rimettere i 5S al loro posto è all'origine degli incidenti che hanno portato alla crisi.
Non era certamente l'esito che il Pd si augurava e tuttavia gli strateghi del Nazareno consideravano di muoversi quasi su un classico terreno win- win. Se i 5S si fossero piegati la coalizione di centrosinistra avrebbe potuto provare a vincere la sfida elettorale e sarebbe comunque riuscita ad arginare la vittoria della destra. Ma anche in caso di esplosione incontrollata, il Pd sarebbe comunque uscito dalle elezioni come forza centrale, sia pure per il momento sconfitta: uno dei due pilastri di un nuovo sistema bipolarista, la cui edificazione è nel pieno interesse di Giorgia Meloni quanto e più che in quello del Nazareno.
Crollata l'alleanza con il M5S la strategia del Pd è stata tesa solo ad affermarsi comunque, anche a costo di sacrificare seggi, come il solo vero partito d'opposizione, dunque la controparte naturale della FdI di Giorgia Meloni come pilastro del nuovo bipolarismo. L'obiettivo principale del Pd, in queste elezioni, non è vincerle e neppure limitare il danno in termini di seggi ma imporsi come primo partito, di forza superiore o comunque identica a quella di FdI, con una coalizione a totale egemonia Pd intorno al 30 per cento. Proprio l'inevitabile polarizzazione della campagna elettorale, nei calcoli iniziali del Pd, avrebbe spazzato via, riducendole ai minimi termini, tutte le “terze forze” con ambizioni autonome, a partire dal M5S che i dirigenti del Pd consideravano finito nel momento stesso della caduta del governo Prodi.
Il Pd ha già digerito la sconfitta ancor prima che inizi davvero la battaglia. Ha privilegiato la ricerca di un risultato brillante di lista al tentativo di limitare la sproporzione nei seggi, fissando un'asticella molto bassa: evitare che la destra occupi da sola i due terzi del Parlamento. Questa disfatta deve però essere controbilanciata appunto dalla forza del partito ( e dei suoi alleati minori) perché solo così il Pd sarà in posizione ideale per ridisegnare il sistema calibrandone il disegno sui propri interessi e sulla propria centralità, in tandem con il partito egemone dell'altra sponda.
Il sondaggio di Noto, tanto più preoccupate dal punto di vista del Pd perché omogeneo alle sensazioni di molti politici e analisti, indica invece la possibilità che nulla proceda secondo le rosee previsioni. Fa balenare il quadro apocalittico di un sistema multipolare, con i 5S molto più forti del previsto e un Terzo Polo comunque in campo. Evoca lo spettro di un Pd molto lontano dai risultati sognati e nettamente staccato nella corsa per il primo partito. Se le cose andassero così la sconfitta sarebbe completa e davvero disastrosa.