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«La carenza di magistrati nelle procure antimafia può essere fronteggiata con l' accorpando delle piccole procure». È la proposta del magistrato Gaetano Bono, sostituto procuratore generale a Caltanissetta, emersa nel corso della presentazione del suo libro ''Meglio Separate - Un'inedita prospettiva sulla separazione delle carriere in magistratura'' ad Avola.
All'evento, organizzato dall'Associazione Avolesi nel mondo e moderato da Corrado Gisarella, hanno preso parte il sostituto procuratore generale di Catania Tony Nicastro, la professoressa Grazia Maria Schirinà (presidente dell'associazione) e Umberto Confalonieri.
Nel corso del dibattito si è affrontato il tema della separazione delle carriere ma anche gli altri argomenti toccati dal libro. In particolare Bono è entrato nel merito del grido d'allarme sulle carenze di organico lanciato dal CSM e dai procuratori antimafia nei giorni scorsi. «Il rischio ridimensionamento delle DDA, che è reale - ha dichiarato Bono - non può essere risolto solo con l'innesto dei magistrati di prima nomina, ma occorrerebbe chiudere le procure piccole e destinare il personale magistratuale e amministrativo agli uffici di dimensioni medie e grandi. Ne gioverebbe l'efficienza dell'azione delle procure, che potrebbero meglio fronteggiare le ataviche scoperture di organico, in attesa che la politica destini le risorse necessarie a colmare i circa 1500 posti mancanti su 10633 previsti dalla legge».
Allargando lo sguardo sulla riforma della giustizia, Bono ha ribadito che essa «dovrebbe mirare a rendere più efficiente non solo l'azione dei pubblici ministeri, ma l'intero comparto giustizia, attraverso la riduzione del flusso di entrata dei procedimenti penali e civili, la rimodulazione delle procure, l'informatizzazione e la digitalizzazione». Bono ha inoltre precisato che «sarebbe un vero peccato rinunciare all'opportunità di fare una separazione delle carriere che, mantenendo la cultura della giurisdizione del Pm e invertendo l'attuale tendenza alla gerarchizzazione delle persone, darebbe completa attuazione al disegno costituzionale che vede la magistratura come potere diffuso. Se nessuno dubita che questo valga per i giudici, lo stesso non può dirsi per i pubblici ministeri. E allora ben venga una riforma che lo stabilisca in maniera netta, perché una magistratura requirente autonoma e indipendente rende tale anche la magistratura giudicante, perché sono i pubblici ministeri che danno avvio e impulso ai processi, con la conseguenza che i giudici non potrebbero concretamente esercitare quel potere diffuso che l'ordinamento riconosce loro, se non ci fosse l'iniziativa dei pubblici ministeri».
«Tuttavia - ha aggiunto Bono - se la separazione delle carriere comportasse una limitazione all'indipendenza della magistratura, allora meglio tenersi il sistema attuale'».