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Era stato intrattenuto illegalmente per troppi giorni tra il Centro di Permanenza e Rimpatrio di Torino e quello di Ponte Galeria, a Roma. Per questo il giudice di pace di Roma lo ha liberato.
La storia Parliamo di un immigrato finalmente libero dopo 159 giorni di detenzione amministrativa tra il Centro di Permanenza e Rimpatrio di Torino e quello di Ponte Galeria. Ed è lo stesso che denunciò, con tanto di foto e video, le condizioni di vita all’interno del Cpr di Torino, salito agli onori della cronaca per la morte di un bangladese. Pare che a causa delle sue denunce, sia stato poi trasferito nel centro di permanenza di Ponte Galeria.
Durante il viaggio di trasferimento, come se non bastasse, sarebbe stato picchiato dagli agenti a bordo di un mezzo della polizia, circostanza riferita dall’uomo nel corso di una visita al Pronto Soccorso del Presidio Ospedaliero Giovan Battista Grassi di Ostia Lido. Gli attivisti della Campagna LasciateCientrare hanno ritenuto che si sia trattato di un trasferimento punitivo.
La denuncia di "LasciateCIE entrare" Sono sempre gli attivisti stessi a comunicare la liberazione dell’immigrato. «Finalmente libero», inizia infatti il loro comunicato, annunciando che il Giudice di Pace di Roma ha affermato quanto Ia campagna LasciateCIEntrare denuncia da tempo: il trattenimento oltre i 45 giorni, se prima si è passati dal carcere per più di 180, è illegittimo.
Lo dice l’art. 14, comma 5 del Testo Unico in materia di immigrazione, «inspiegabilmente non applicato dai giudici torinesi», aggiungono gli attivisti. Dal 1° aprile, quindi, l’uomo è stato detenuto in violazione dei propri diritti. «Tuttavia – scrivono gli attivisti -, non si è mai piegato e non ha mai perso la voglia di lottare per sé e per gli altri, denunciando quanto vedeva all’interno di quelle mura dove non entrano i diritti umani. Dove appena il mese scorso un ragazzo è morto».
Per i fatti di presunta violenza, gli avvocati di LasciateCIEntrare hanno depositato una «denuncia- querela alla Procura di Roma per le lesioni inferte e il trattamento riservatogli, in attesa che la Polizia rilasci copia del referto medico, che ingiustificatamente non ha voluto dargli, seppure si tratti di documento personalissimo, al momento della sua uscita dal Cpr».
Strutture detentive Ricordiamo che i Centri di Permanenza per i Rimpatri ( Cpr), rinominati ( prima si chiamavano Cie) dalla legge Minniti- Orlando ( L 46/ 2017), sono strutture detentive dove vengono reclusi i cittadini stranieri sprovvisti di regolare titolo di soggiorno.
Proprio recentemente una delegazione guidata da Daniela de Robert, componente del Collegio del Garante nazionale delle persone private della libertà, si è recata presso il Cpr di Ponte Galeria, a Roma, nel quale ha visitato l’appena riaperta sezione maschile. Il 18, il 19 e il 20 giugno, una delegazione guidata dal Presidente Mauro Palma e dalla stessa de Robert, ha visitato i Cpr di Palazzo San Gervasio ( in provincia di Potenza), di Bari e di Brindisi.
Condizioni dure e preoccupanti L’autorità del Garante ha denunciato che la situazione degli ospiti rimane molto dura e preoccupante, sia dal punto di vista della vita quotidiana, che scorre senza nessuna attività, con evidenti ripercussioni sulla salute psicofisica delle persone ristrette ( fino a sei mesi o anche più), sia per quanto riguarda le condizioni materiali degli ambienti, spesso danneggiati o incendiati da precedenti ospiti ma mantenuti in tali condizioni di deterioramento e di assenza di igiene. «Una privazione della libertà – ha sottolineato il Garante – disposta perlopiù non in conseguenza di reati ma per irregolarità amministrative non può essere simile o peggiore a quella di chi sconta una pena».