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L’ANALISI
Nei giorni scorsi il leader del Ppe Manfred Weber è venuto in Italia per dare una mano alla Cenerentola della coalizione di centrodestra: a Forza Italia e al suo leader Silvio Berlusconi. IL CAVALIERE SPERA DI RIUSCIRE A TENERE A BADA I SOVRANISTI
Nei giorni scorsi il leader del Ppe Manfred Weber è venuto in Italia per dare una mano alla Cenerentola della coalizione di centrodestra: a Forza Italia e al suo leader Silvio Berlusconi. Al di là dei convenevoli tra i due è intervenuto uno scambio: il Ppe riconosce il Cav come suo rappresentante in Italia e in queste elezioni, ma chiede una sua mallevadoria sulla buona fede europeista degli alleati. Berlusconi fin dall’inizio ha insistito su questo tasto: solo Forza Italia è in grado di presentare e assistere, nel jet set internazionale, la neofita Giorgia Meloni ( diversamente da Salvini il Cav ammette che sarà lei a vincere la gara all’interno della coalizione), nell’azione di governo; ciò per la sua esperienza e le sue relazioni. Addirittura, un Berlusconi in stato di effervescenza si è lanciato, in un discorso elettorale in terra sarda, a pronunciare parole molto critiche nei confronti dei sovranisti e commenti sarcastici sulla preparazione e la cultura delle nuove classi dirigenti. Poi lo svolgersi degli eventi ha dato la possibilità al leader di Forza Italia di mantenere la parola data a Weber. Dopo il voto del Parlamento europeo sul caso Ungheria, in occasione del quale i gruppi Lega e FdI hanno votato contro la reprimenda a Victor Orban in maniera difforme dalla maggioranza Ursula ( di cui peraltro non fanno parte) Berlusconi ha rilasciato dichiarazioni durissime, annunciando che il suo partito non farà mai parte di un governo euroscettico ( come si diceva una volta) o antieuropeo.
Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno reagito, la prima per cautela, il secondo con la solita strafottenza che lo induce a ripetere il solito approccio a problemi che, a suo parere, agli italiani non interessano. Forse Giorgia Meloni si è accorta di aver commesso un errore, uno dei pochi in questa campagna elettorale. Non tanto per l’influenza che il voto pro Orban dei suoi parlamentari europei possa influire sull’esito della consultazione, quanto piuttosto per aver smentito platealmente la versione della nuova Giorgia Meloni, redenta ed affidabile, a cui ha lavorato fin dall’inizio della campagna elettorale. E aver messo allo scoperto nei confronti dei suoi avversari il suo vero ‘’ tallone di Achille’’ ovvero l’argomento sul quale può essere attaccata, senza che i critici ripetano le tante brutte figure compiute nella polemica politica a proposito di Meloni e di FdI. In sostanza, corrisponde al vero - e Meloni lo ha messo in evidenza col voto nel Parlamento europeo - che esiste una discrepanza, ancorchè dissimulata, tra l’atlantismo e l’europeismo di Donna Giorgia. Basta leggere il programma di Fratelli d’Italia per cogliere questa differenza di toni o ricordare certe critiche che man mano si avvicina il D Day Meloni rivolge all’Europa. Il fatto è che questa evidente dissociazione non è una prerogativa attribuibile solo alla presidente di FdI, ma è una faglia che attraversa tutto lo schieramento occidentale a partire dagli Usa. I più accaniti avversari della Ue sono Trump e i suoi accoliti, sostenitori di una linea che è arrivata nel Regno Unito, dove i Tory sono stati i protagonisti della Brexit. Attraversando il canale della Manica, a parte la più recente posizione di Orban nei confronti di Putin, i più fieri avversari dello zar russo soni i c. d. Paesi di Visegrad che sono stati a lungo il punto di riferimento in Europa di Giorgia Meloni, ma non di Matteo Salvini. Oggi la Polonia - Paese malvisto dall’establisement di Bruxelles - è l’avamposto dell’Occidente sul fronte russo. La stessa Ungheria di Orban, pur con tutte le sue contraddizioni, non si è sottratta ad accogliere i profughi ucraini. In sostanza, in questo mondo squilibrato, è possibile essere superoccidentali e euroscettici. Questo è il punto. E la faglia potrebbe allargarsi tra qualche anno, quando si tornerà al voto negli Usa ( le elezioni di medio termine, tra breve, daranno già una indicazione). Giorgia Meloni si colloca sul versante internazionale nel quadro di una linea che - disgraziatamente - potrebbe avere una prospettiva. Ma il suo limite sta nell’alleanza con Matteo Salvini, il quale non è solo uno sgangherato euroscettico, ma anche un filorusso. In questi giorni si è fatta l’ipotesi che i dossier degli 007 Usa siano un avviso a Giorgia Meloni e un avvertimento a guardarsi alle spalle.