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Oggi finalmente la prima sezione penale della Corte di Cassazione, riunita in Camera di Consiglio, dovrà pronunciarsi sul caso di Salvatore Pezzino, detenuto che, seppur ergastolano ostativo non collaborante, aveva chiesto l’accesso alla liberazione condizionale ben due anni fa.
L’udienza del 25 gennaio era stata rimandata per una mancata notifica dell’avviso di udienza alla Procura generale. Come ormai noto, si tratta del caso arrivato alla Corte costituzionale che ha prima ritenuto l’ergastolo ostativo incompatibile con la Costituzione, poi ha dato al Parlamento (troppo) tempo per una nuova legge ed infine a novembre ha restituito gli atti alla Cassazione a cui ha chiesto di rivalutare la vicenda alla luce della nuova norma introdotta dal Governo Meloni all’interno del pacchetto del decreto anti- rave.
LE POSIZIONI DI ACCUSA E DIFESA
Nella memoria presentata dal sostituto procuratore generale Giuseppe Riccardi e dall’Avvocato generale Pietro Gaeta si chiede ai giudici di rinviare tutto al Tribunale di Sorveglianza dell’Aquila. Secondo la requisitoria depositata, dopo la riforma dell'ergastolo ostativo varata nel novembre scorso, sono state effettuate modifiche e rimosse le previsioni preclusive.
La mancata collaborazione non costituisce più un fattore preclusivo alla liberazione condizionale, ove sussistano i requisiti della durata della pena espiata e del “sicuro ravvedimento”, che comporta anche “una attiva partecipazione al percorso rieducativo” e l’assenza “attuale” di “collegamenti” con i clan, e con il “contesto” nel quale il reato è stato commesso.
Pertanto secondo la Procura “il Tribunale di Sorveglianza, in seguito al novum normativo, introdotto recependo le indicazioni della pronuncia «ad incostituzionalità differita” della Corte Costituzionale, ha l'obbligo di confrontarsi con la diversa regola di giudizio, che amplia la base cognitiva e valutativa per la concessione della liberazione condizionale, elidendo la preclusione assoluta della collaborazione mancata o impossibile: in tal senso, dovrà essere dunque valutato in concreto il percorso rieducativo del Pezzino, e l'assenza di collegamenti, attuali o potenziali, con la criminalità organizzata e con il contesto mafioso».
A chiedere il ritorno alla Consulta è invece la difesa di Pezzino - attualmente detenuto nel carcere sardo di Tempio Pausania -, rappresentata dall'avvocato Giovanna Araniti. Lo scoglio più grande per tutti quelli che vorranno accedere al beneficio è appunto l’allegazione di elementi atti ad escludere l’attualità dei collegamenti con la criminalità e il rischio di un loro futuro ripristino.
Su questo Araniti nella sua memoria scrive: «Su questo concetto c’è stata un’evoluzione giurisprudenziale. Codesta Corte di Cassazione, sui permessi, in recenti pronunce ha chiarito anche il significato dell’onere di allegazione, che non può divenire probatio diabolica (per evitare un’interpretazione esasperata a danno del condannato, si segnala ex multis la sentenza del 14 luglio/ 10 settembre 2021, n. 33743)º. Tra l’altro, si sottolinea nella memoria, «è innegabile, poi, che non si sono tenute in debito conto le indicazioni della stessa Corte costituzionale sull’importanza e la centralità del principio di rieducazione ex art. 27 comma 3 Cost., che riguarda tutte le categorie di detenuti».
Per Araniti, «il punto centrale della nuova disciplina consiste nella circostanza che la stessa formalmente elimina quale requisito di ammissibilità la collaborazione con la giustizia, ma in concreto, crea un procedimento confuso e denso di requisiti aggiuntivi, di difficile assolvimento a carico del condannato detenuto da oltre trent’anni, con impossibilità de facto di un’effettiva revisione della pena ostativa». Pertanto «si insiste affinché la Corte Ecc. ma, in via principale, reputi la rilevanza e non manifesta fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate anche in relazione alla nuova disciplina».
LE STRADE DELLA CASSAZIONE
Gli scenari possibili sono tre (i primi due quelli più probabili). Il primo: essendo oggi possibile anche per un ergastolano ostativo non collaborante aspirare alla liberazione condizionale, in quanto de iure non esiste più una preclusione assoluta a richiederla, i giudizi di Cassazione potrebbero rinviare gli atti al Tribunale di Sorveglianza de L’Aquila, sostenendo che la norma ha superato i criteri di incostituzionalità, affinché sia esso ad applicarla al caso specifico. Il secondo: rinviare direttamente alla magistratura di sorveglianza perché determini se ci sono i presupposti per richiedere l’accesso al beneficio da parte di Pezzino. Il Tribunale a sua volta potrebbe nuovamente sollevare dubbio di legittimità costituzionale. Il terzo: gli ermellini potrebbero loro stessi rinviare alla Corte costituzionale.