Approvato in prima lettura il ddl sulla separazione delle carriere. Ne parliamo con Stefano Musolino, Segretario di Magistratura democratica.

La maggioranza parlamentare ha esultato dicendo: «Si realizza il sogno di Silvio Berlusconi». Lei che ha pensato?

Che si realizza il sogno di un uomo ricco e potente che percepiva l’autonomia della magistratura come un intralcio alle sue attività e il rispetto delle regole come un impaccio all’espansione dei suoi interessi. Un sogno molto distante da quello dei comuni cittadini i cui diritti sono tutelati solo dal rispetto delle regole e da una magistratura autonoma e indipendente.

Voi lamentate che il testo sia stato blindato però anche voi nella mozione del Congresso di Palermo avete scritto che «l'unicità della magistratura è incompatibile con ogni possibilità di mediazione e trattativa sugli specifici contenuti delle riforme».

La contrapposizione è reale ed è netta. La blindatura del testo, nelle intenzioni di chi l’ha proposta, manifesta l’indispensabilità della riforma. La verità è che questa riforma non migliora l'efficienza del servizio giustizia e rende più deboli e indifesi i cittadini nella fase delle indagini preliminari.

Perché?

Il pm avrà una capacità sempre minore di valutare la prova fornita dalla polizia giudiziaria, perderà la sensibilità del giudice e con questa la capacità di intuire le possibili contro-spiegazioni formulate dalla difesa. Sarà sempre meno parte imparziale che si prende cura anche dei diritti e delle prospettive dell’indagato e sempre di più avvocato della polizia giudiziaria. Ed è incredibile che, in tempi in cui si evocano gli errori giudiziari e le ingiuste detenzioni, non si comprenda che sottrarre il pm dal rapporto con il giudice indebolirà il percorso di formazione della prova, generando un aumento degli errori, ben oltre il dato fisiologico. Per questo noi proponiamo che il pm prima di assumere le funzioni, svolga per almeno tre anni il ruolo di giudice. Altro che separazione delle carriere, è stato già un grave errore, separare le funzioni.

Al contrario l’onorevole Costa di Fi parla di una e vera forma di tanatosi del gip davanti al pm, pronto a concedergli tutto. Per questo andate separati.

L'onorevole Costa dovrebbe spiegare perché tale patologia affliggerebbe solo i gip e non i giudici nei gradi successivi. Le statistiche restituiscono, infatti, tassi di assoluzione che escludono qualunque narcosi dei giudici dei gradi successivi. Insomma, una banale verifica dimostra come quella dell’on. Costa sia una sonora sciocchezza.

La verità è che nella fase delle indagini il gip “vede” solo le prove che gli propone il pm.

Per questo è necessario che il pm condivida la stessa cultura e sensibilità del giudice, capace di valutare la prova non solo dalla prospettiva della polizia giudiziaria, ma sottoponendo anche a verifica le possibili contro- spiegazioni dell’indagato. Migliore sarà questa verifica, più basso l’indice di errore. La maggioranza immagina, invece, un pm avvocato della polizia giudiziaria che è l’antitesi di questo modello.

Oggi il parlamentino dell’Anm deciderà che forme di protesta attuare durante le inaugurazioni dell’Anno giudiziario.

I nostri candidati alle prossime elezioni al Cdc Anm hanno proposto che i magistrati, con toga indosso e copia della Costituzione alla mano, abbandonino l’aula, in forma composta, nel momento in cui il rappresentante del ministro prenderà la parola. L’idea di fondo è che il sistema giustizia è segnato da inefficienze catastrofiche (logistica e risorse tra molte), aggravate da una frettolosa e non testata digitalizzazione del processo penale. Il ministro, invece di farsene carico e intervenire efficacemente per porvi rimedio, scarica la responsabilità sui magistrati e si fa promotore di una riforma che non serve affatto a migliorare l’efficienza del sistema. Per contrastare tutto ciò occorrono gesti sobri, ma visibili.

Queste vostre iniziative di proteste vengono giudicate eversive. Ieri il ministro Tajani ha detto: «Non credo che un servitore dello Stato debba protestare nei confronti del Parlamento; è come se i Carabinieri abbandonassero il servizio perché non sono d'accordo con una decisione del governo» .

Ancora una volta, ministri del governo tendono a equipararci a istituzioni serventi le maggioranze di governo contingenti, senza comprendere che non è questo il ruolo della magistratura. Noi siamo un organo di garanzia, chiamato dalla Costituzione a tutelare i diritti. Perciò, è fisiologico che la magistratura faccia sentire la sua voce prima che le riforme che la riguardano siano approvate. Poi saranno i cittadini a decidere se questa riforma serve davvero a rendere più efficiente la giustizia o a tutelare meglio i potenti come Berlusconi e Musk. Noi non stiamo difendendo un nostro interesse corporativo, ma l’interesse dei cittadini ad avere una migliore tutela dei loro diritti. La separazione delle carriere rafforzerà ancora di più il pm, ma proprio di questo potere eccessivo noi pm per primi siamo preoccupati.

I sostenitori della riforma sostengono che il sorteggio serva a spezzare il potere delle correnti. Addirittura si parla di metodo dell’amichettismo adesso al Csm per le nomine, oltre a quello dei soliti inciuci.

Le correnti sono l'espressione di diverse sensibilità culturali che stanno dentro la magistratura, nessuna delle quali da sola basta a sé stessa. Il Csm e il Cdc sono luoghi di sintesi di queste diverse sensibilità che rappresentano una ricchezza per la magistratura. Se ciò si trasforma, come hanno dimostrato le vicende dell’Hotel Champagne, in uno strumento di aggregazione del consenso allora il sistema degenera. Ma vale lo stesso per il Parlamento e tutti i luoghi di rappresentanza.

Ma questa degenerazione esiste ancora oppure no?

La magistratura, i gruppi associati non sono più quelli dei tempi di Palamara; tuttavia, il Csm ha bisogno di rendere sempre più trasparenti e comprensibili le sue decisioni. Per questo ci siamo battuti per ottenere una riforma diversa dall’attuale del Testo unico sulla dirigenza. Abbiamo perso, ma è su quella linea che immaginiamo debba proseguire una vera auto- riforma della magistratura, nella quale i gruppi associati avranno meno potere e saranno laboratori di idee, confronti e iniziative culturali.

Si sa che voi magistrati non siete bravi comunicatori. Credete comunque di vincere il referendum?

Certo che ci crediamo! Le nostre buone ragioni avranno la meglio sulle nostre cattive capacità di comunicazione.