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«Obbligatorietà dei vaccini? Piuttosto devono essere gratuiti». Il deputato pentastellato, Alessandro Di Battista, non nuovo a gaffe di questo tipo, l’altro ieri durante la trasmissione di Corrado Formigli, Piazza Pulita, ha aggiunto un’altra perla. I vaccini infatti sono già gratuiti solo che lui non lo sapeva. Ma il giornalista conduttore, che gli faceva l’intervista, davanti a questa gaffe non ha battuto ciglio. C’è da domandarsi se non lo sapesse o se non volesse disturbare il manovratore. La7 sembra sempre più schierata con i Cinque stelle e molti degli interventi dei grillini non hanno contraddittorio o, come in questo caso, un contraddittorio capace di mettere i puntini sulle “i”. È dovuta intervenire la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, precisando in un tweet che con il Piano nazionale vaccini la gratuità è già stata introdotta.
Ma Diba, come viene chiamato amichevolmente Di Battista, non solo ignorava una notizia che sarebbe tenuto a conoscere visto il suo ruolo, ma era in evidente imbarazzo rispetto al discorso sull’obbligatorietà di cui in queste ore sta discutendo il governo.
Perché in difficoltà? Perché i Cinque stelle per un verso cercano di avere un profilo istituzionale e quindi in difesa dei vaccini, dall’altra sono tra i principali protagonisti della disinformazione in questo settore. E’ una ambiguità che si riscontra sempre. Quando il New York Times ha accusato Grillo di fare una campagna contro i vaccini, il capo dei Cinque stelle ha tentato di difendersi, accusando il quotidiano statunitense di aver scritto una bufala. I video, rilanciati sui social, hanno dimostrato che la vera bufala la stava dicendo lui e che in precedenza aveva fatto esattamente quelle campagne di cui veniva accusato dal prestigioso organo di stampa. Da una parte si cavalca il tema, dall’altra lo si nega.
La stessa strategia comunicativa viene usata dal loro giornale, Il Fatto quotidiano.
Non entra nel merito delle diverse argomentazioni: se attacca i vaccini perde di credibilità, se difende i vaccini perde lettori ( voti per i Cinque stelle). E allora che fa? Nei giorni scorsi ha destato molto scalpore un box pubblicato contro Roberto Burioni. Burioni è un medico in prima linea per contrastare le dicerie sui vaccini. È una sorta di paladino dell’informazione scientifica che si batte anche sui social per smontare i pregiudizi diffusi ad arte come quello che collega la vaccinazione all’autismo. Invece di entrare nel merito delle cose da lui dette, cosa alquanto difficile, il Fatto quotidiano lo ha attaccato sul piano personale. Lo ha accusato di essere un massone, fatto in sé peraltro non negativo e comunque non vero. È la macchina del fango usata quando le argomentazioni hanno le gambe corte.
Mentre il governo Gentiloni discute al suo interno su come bilanciare i diritti costituzionali alla salute e all’istruzione nel decreto che dovrebbe prevedere l’obbligatorietà, c’è chi in questi anni ha soffiato sul fuoco dell’ignoranza, alimentando pregiudizi che rischiano di mettere in grave crisi la salute dei più piccoli. I Cinque stelle se davvero vogliono governare il Paese non possono permettersi di assecondare queste spinte, solo per conquistare voti in più. Nessuna ricerca di consenso può giustificare posizioni antiscientifiche che però si stanno sempre più affermando. E’ quella ( in) cultura che nasce all’interno del complottismo, della new age, della post verità. Non serve smentire con i fatti ( come scrive Burioni: i vaccini non sono un’opinione) quando una notizia, anche se falsa, diventa virale non c’è modo di fermarla e ci sono molte famiglie che cascano in questa rete. Peccato ci sia in gioco la salute di tanti bimbi e bimbe. Il loro futuro. Si può giocare con tutto, non con la vita.