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«“Il killer di via Poma è il figlio di Vanacore”, l'ultima pista dei carabinieri sul delitto di Simonetta Cesaroni. La procura: “Archiviare”». Titolo suggestivo quello di Repubblica di tre giorni fa che, tramite la riproposizione letterale di una informativa dei militari di piazzale Clodio, ha gettato un’ombra nera sulla figura di Mario Vanacore, 64 anni, figlio di Pietrino, portiere dello stabile di via Poma a Roma, dove il 7 agosto 1990 fu uccisa Simonetta Cesaroni, e suicidatosi il 9 marzo 2010, qualche giorno prima della sua testimonianza nel processo a carico dell’ex fidanzato di Simonetta, Raniero Busco, assolto definitivamente.
Su circa 120 righe dell’articolo, solo dieci sono dedicate all’archiviazione, il resto è tutta la ricostruzione, ritenuta priva di fondatezza dalla pm, dell’omicidio della giovane ragazza da parte di Vanacore Junior che avrebbe prima tentato di abusare di lei e poi l’avrebbe uccisa. «Quando abbiamo letto l’articolo siamo rimasti senza parole. Ho sentito Mario Vanacore ed è molto sconcertato. Sconcertato anche di essere dopo 33 anni ancora al centro dell'attenzione», ci dice l’avvocato torinese Claudio Strata, che assiste l’uomo.
«Mi preoccupa e turba aver letto l’informativa dei carabinieri sul giornale. In base a quello che c’è scritto nell’informativa, che contiene accuse molto pesanti a detta dei carabinieri, allora Vanacore andava iscritto nel registro degli indagati e gli andava inviato un avviso di garanzia per fargli godere delle tutele dell’articolo 329 cpp, ossia che tutto fosse segreto. Invece abbiamo appreso solo l’altra sera che vi era stata una richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero Gianfederica Dito». Il nuovo procedimento, in cui si procedeva per omicidio volontario, era stato avviato nel marzo del 2022, dopo un esposto presentato dai familiari della vittima e in cui si chiedeva di verificare alcuni alibi di soggetti già coinvolti nelle indagini precedenti. Al termine degli accertamenti la Procura di Roma, non essendo emersi elementi utili, ha chiesto l’archiviazione su cui ora dovrà pronunciarsi il gip.
Il legale ci spiega che non è la prima volta che assiste ad una cosa del genere: «Dopo trentuno anno di attività mi chiedo perché per l’ennesima volta un giornale abbia già una copia dell’annotazione della polizia giudiziaria con le conclusioni degli inquirenti, quando in realtà non sarebbero molto probabilmente atti ostensibili e mi chiedo soprattutto, considerato che riguardano un determinato soggetto, ossia il mio assistito, perché loro debbano averli prima del diretto interessato Non è purtroppo la prima volta che mi capita. Già in passato ho ricevuto da giornalisti le ordinanze in file word, ottenute prima dell’avente diritto. Si tratta di un déjà vu».
Ma qualora ci fossero delle violazioni si potrebbe fare qualcosa? Per l’avvocato Strata «bisogna capire bene. Per questo domani farò una richiesta per avere copia del fascicolo. Occorre domandarsi come queste annotazioni siano finite in mano ai giornalisti». Su Repubblica leggiamo: «I militari dell’Arma hanno fornito una dettagliata informativa finale che Repubblica ha potuto visionare in esclusiva». Per Strata «se fosse così sarebbe gravissimo. Ma può darsi che i giornalisti si siano tutelati: ossia abbiano avuto certezza che l’indagine era conclusa e che il procedimento era contro ignoti. Si tratta di un punto delicato su cui ne sapremo di più dopo l’accesso agli atti».
Da quanto appreso, l’annotazione del CC sarebbe stata depositata nell’autunno 2023, mentre la richiesta di archiviazione sarebbe arrivata a metà dicembre. Perché fare uscire tutto adesso? «Se per il pm quelle su Vanacore sono solo suggestioni, perché ai giornalisti è arrivata l’informativa? Ora occorre capire bene come stanno le cose ma si potrebbe profilare la violazione del segreto istruttorio perché sono atti che non sarebbero dovuti uscire prima che l’indagato ne venisse a conoscenza. Faccio riferimento all’articolo 329 ccp (Gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, le richieste del pubblico ministero di autorizzazione al compimento di atti di indagine e gli atti del giudice che provvedono su tali richieste sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari, ndr). Comunque se c’è stata una violazione la Procura può procedere d’ufficio».
Per il legale «l’aspetto inquietante è che, quando abbiamo letto che era nata un’altra inchiesta su via Poma – tramite articoli di giornali e persino uno spettacolo teatrale che alludeva a Mario Vanacore come ad un possibile sospettato - , abbiamo agito su due fronti. Mario Vanacore disse di essere stanco di svegliarsi al mattino e di leggere su un blog, sui giornali o addirittura in una piece teatrale che sarebbe potuto essere lui l’assassino di Simonetta Cesaroni».
«L'unica volta che ho visto Simonetta Cesaroni era morta», ha ribadito a La Stampa Vanacore. Allora ci racconta l’avvocato Strata: «inizialmente abbiamo fatto una richiesta di informazione alla Procura di Roma per sapere se Vanacore fosse indagato e ci hanno risposto verso l’inizio dell’estate di ‘no’. Poi successivamente abbiamo presentato una denuncia-querela a Milano per chiedere di mettere fine alle illazioni sul conto del mio assistito e siamo in attesa degli sviluppi», in materia di diffamazione. «Poi l’altra sera c’è stato il fulmine a ciel sereno».
Tuttavia un altro elemento inquietante è che mentre per Raniero Brusco c’è stata una assoluzione definitiva, per Vanacore molto probabilmente non ci sarà un processo e nella mente dell’opinione pubblica resterà il dubbio sulla sua colpevolezza: «Sì, è esattamente così perché una archiviazione, che ci auguriamo arrivi, è più precaria e provvisoria di una assoluzione passata in giudicato», ci conferma Strata che conclude: «dopo 33 anni bisognerebbe avere maggiore cautela nell’alimentare sospetti su qualcuno, soprattutto su quelle persone che sono state le prime ad essere ritenute estranee dopo diversi accertamenti. Ed inoltre, in uno Stato di Diritto come il nostro è inaccettabile che si assista a sempre più fughe di notizie», come avvenuto nel caso Verdini. «Le norme ci sono ma vengono violate e aggirate impunemente».