La giornata di oggi dell’inchiesta sulla Regione Liguria è stata segnata da due fatti, uno politico ed è la nomina di David Ermini al vertice della holding di Aldo Spinelli, e l’altro giudiziario, ed è la richiesta della procura genovese di processare con il rito immediato Giovanni Toti, Aldo Spinelli e Paolo Signorini per i reati per i quali è stata disposta la misura custodiale.

Per i restanti reati e anche per gli altri indagati si seguirà la strada del processo ordinario, se saranno rinviati a giudizio. Il che significa che, se pure sia per lui un vantaggio essere giudicato in tempi brevi, magari appena prima la data delle elezioni, per Toti non sarà finita lì. Ora la parola passa alla giudice Paola Faggioni, rientrata con anticipo dalle ferie, la quale avrà cinque giorni di tempo per concedere o meno la celebrazione del primo processo con il rito immediato. In contemporanea, ma è solo un’ipotesi poco fondata, qualora gli indagati volessero per esempio patteggiare, avrebbero 15 giorni per manifestarlo. Ma, visti gli orientamenti sostanzialmente finora convergenti tra procura e giudice delle indagini preliminari, si dà per scontato a Genova che il processo veloce ci sarà. E pare aleggiare anche la speranza che qualcuno ci arrivi da libero.

Giovanni Toti non più presidente, ha chiesto tramite l’avvocato Stefano Savi di essere scarcerato. Ha pagato un caro prezzo per riavere la propria libertà, ma l’ha pagato. E Aldo Spinelli ha addirittura posto al vertice della sua holding, quella così malfamata e corruttrice, nelle carte dei giudici, un presidente “di garanzia”, e lo ha rivendicato, tramite gli avvocati Andrea Vernazza e Sandro Vaccaro, come gesto per allontanare dalla società la tentazione di commettere ancora reati. Anche se il nuovo presidente David Ermini non riveste proprio l’immagine di neutralità politica, essendo stato proprio in Liguria commissario straordinario per il Pd nel 2015, e poi per due volte parlamentare eletto dallo stesso partito, e infine vicepresidente del Csm grazie a un accordo politico. Ma la società Spininvest, così purificata, non desterà probabilmente più l’attenzione della magistratura. E Spinelli, che sta subendo la carcerazione domiciliare a ottantacinque anni, con l’umiliazione di poter incontrare il figlio, pure lui indagato, solo in presenza di un finanziere, potrà finalmente affrontare l’inevitabile processo da uomo libero. Certo, l’autunno ligure sarà solcato da fosche nubi di vario genere. Si dà per scontato che il processo alla Regione ci sarà e che cascherà nel bel mezzo della campagna elettorale per il rinnovo dell’assemblea legislativa. E ci saranno delle elezioni viziate dall’inchiesta della procura, con tutte le sue particolarità, fino all’ultima di emettere una nuova misura cautelare nei confronti di Toti per un fatto già contestato, qualificato nel primo provvedimento come corruzione e nel secondo come violazione della legge sul finanziamento elettorale. E si attende anche la decisione della Cassazione, cui il difensore di Toti, Stefano Savi, si è rivolto dopo l’ordinanza del tribunale del riesame. Nella quale non solo si ribadiva la necessità di mantenere la custodia cautelare al domicilio per Toti, ma si ripeteva ossessivamente che, data la sua permanenza nel ruolo di presidente della Regione Liguria, se liberato avrebbe inevitabilmente ripetuto gli stessi reati. Perché il famoso “tipo d’autore” non può che fare così. Ma non saranno elezioni facili per nessuno, quelle d’autunno. Come capita quando la data anticipata è costretta da un’inchiesta giudiziaria. Il centrodestra paga la propria litigiosità interna, anche se in questi tre mesi dalla data degli arresti gli esponenti dei tre partiti e del movimento di Toti hanno mantenuto comportamenti più che dignitosi. Quanto alle opposizioni, dopo la sfilata delle forche dell’8 luglio, in cui i leader nazionali Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli hanno randellato un uomo detenuto per spartirsene le spoglie, oggi sono in difficoltà palese. Perché il tiro mancino dell’ottantacinquenne Aldo Spinelli di mettere un uomo “loro” al vertice della propria società, che è inquisita per corruzione, li ha spiazzati. Ieri nell’aula regionale, nella penultima seduta, il consigliere di Forza Italia, Angelo Vaccarezza, ha srotolato un cartello con scritto “Ermini, uno di voi”. E i segretari regionale e cittadino di Genova Davide Natale e Simone D’Angelo hanno dato fuori di matto, consapevoli di quanto quell’operazione li danneggi nella conquista del campo largo per le elezioni. Infatti si è fatto subito sentire il grillino Ferruccio Sansa, il rivale sconfitto del secondo mandato di Toti, che ha richiamato gli uomini del Pd alla necessità di “cambiamento” immediato. E vedremo che cosa ne dirà Conte. Anche Andrea Orlando, aspirante successore di Toti, è imbarazzato. Perché Matteo Renzi, che con il suo ex pupillo Ermini è finito a querele, lo aveva proprio accusato di essere “orlandiano”. E questo non giova proprio all’immagine di novità per la futura amministrazione della Regione.