PHOTO
ANTONIO LAUDATI ANTIMAFIA
Due giorni dopo l’audizione del procuratore Raffaele Cantone agli organismi parlamentari – commissione bicamerale antimafia e Copasir - sul presunto dossieraggio a carico di politici e personaggi del mondo dello sport e dello spettacolo, nell’Ufficio giudiziario di Perugia si avverte, come riferito dall’Ansa, un clima di ancora maggiore riservatezza.
Assente per altri impegni lo stesso procuratore. Il quale ha spiegato all’agenzia stampa, con cortesia e fermezza, di «non poter e voler aggiungere altro a quanto emerso». «Dopo aver parlato nelle sedi istituzionali – ha sottolineato ancora Cantone - adesso bisogna ritornare nell’ombra e lavorare. Come è accaduto in questi mesi in cui abbiamo fatto tanta attività senza che nessuno abbia saputo niente». L’obiettivo dei magistrati sembra quindi essere chiaro. Far abbassare il clamore mediatico sull’inchiesta che ruota intorno al finanziere Pasquale Striano e al sostituto procuratore della Dnaa Antonio Laudati e lavorare spediti per fare piena luce su un’indagine che sembra dover ancora svelare molti e delicati aspetti.
Tuttavia, proprio nell’audizione pubblica di due giorni fa davanti ai commissari di Palazzo San Macuto da parte dell’ex presidente dell’Anac, una figura che pare essere evaporata è proprio quella di Antonio Laudati, finito nell’inchiesta insieme al presunto agente infedele, a quattro giornalisti di Domani e ad altre persone. Fino a pochi mesi fa, Laudati era responsabile all’interno degli uffici di via Giulia del gruppo Sos - Segnalazione operazioni sospette – ed ora è in procinto di andare in pensione. Da quanto dichiarato da Cantone, sembra tuttavia che le responsabilità maggiori siano del tenente della Guardia di Finanza e di altri agenti infedeli, considerati altresì i nuovi fascicoli aperti dalla procura capitolina su altri accessi abusivi alle Sos dopo l’allontanamento di Striano. Laudati non è stato ancora interrogato e falsa è la notizia emersa giorni fa secondo la quale si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere.
Chi ha avuto modo di parlare nelle ultime ore con il sostituto procuratore antimafia spiega che il magistrato intenderebbe puntare la propria difesa su alcuni particolari aspetti. Tutto avrebbe inizio con una relazione di servizio di Laudati del novembre 2022. Dopo una comunicazione della procura di Roma avrebbe verificato, insieme ai componenti del servizio sos, che nessun accertamento era mai stato effettuato dal suo ufficio nei confronti del ministro della Difesa Guido Crosetto.
Quello che veniva invece fuori sarebbe stato un accesso dagli uffici della Guardia di finanza del nucleo di polizia valutaria nell’ottobre 2022, in particolare nella banca dati “Serpico” dell’Agenzia delle entrate, che non è in dotazione alla Dnaa. Sarebbe stato proprio Striano, che in quel periodo lavorava tre giorni presso la Dnaa e tre giorni presso la Gdf, ad effettuare l’accesso dal quale sarebbe stata acquisita la dichiarazione dei redditi di Crosetto, con la indicazione dei compensi ricevuti, poi pubblicata sul quotidiano Domani.
Quello che Laudati avrebbe riferito ai suoi confidenti è che è evidente come la Dnaa e lui sarebbero del tutto estranei ai fatti perché la responsabilità sarebbe da addebitare solo a Striano e ai suoi rapporti con un giornalista di Domani. Quindi il magistrato antimafia respingerebbe al mittente le dichiarazioni difensive del tenente della Gdf che lo chiamerebbero in causa. Come responsabile del Gruppo sos, il compito di Laudati era quello di delegare approfondimenti investigativi, di controllare le attività di pre-investigazione e di formulare delle proposte di atto di impulso, ma solo nell’ambito di attività di contrasto alla criminalità organizzata e al terrorismo. Tutti gli atti erano sottoposti al visto del procuratore nazionale antimafia, che poi li trasmetteva alla Dda territoriali.
Nulla a che fare quindi con quanto sta emergendo sulla stampa nelle indagini della procura del capoluogo umbro. Laudati avrebbe ricostruito con le persone a lui vicine la cronologia dei fatti ed espresso la sua amarezza per il clamore mediatico che lo sta circondando e che ipotizza attività di spionaggio e ricatti, con il passaggio all’esterno di una copiosa mole di atti che sarebbero coperti da segreto. A Laudati vengono contestati tre episodi ma a suo dire, come avrebbe confidato alle persone a lui vicine in questi giorni, si tratterebbe di normali investigazioni, determinate da esigenze tematiche per il contrasto alla infiltrazione della criminalità organizzata nel sistema economico e finanziario e approfondimenti altamente specializzati solo a perseguire gli obiettivi investigativi del suo ufficio.
Da quanto siamo riusciti a capire, in tutte e tre le procedure Striano era stato delegato da Laudati per le indagini il gruppo sos della Dna. Riguardo al primo episodio la questione investigativa assegnata al gruppo sos era quello della infiltrazione dei clan sul litorale romano. In particolare dopo le vicende di Ostia e del clan Spada vi erano notizie sulla presenza di speculazioni mafiose nella zona di Santa Marinella: si trattava, in sintesi, della vendita di un terreno e del Convento della Congregazione per realizzare una speculazione edilizia ed era stata presentata una denuncia alla procura di Civitavecchia; vi era stato anche un incendio doloso di un noto ristorante di proprietà di uno degli acquirenti.
A quanto risultava il terreno su cui era stato realizzato il Convento era stato donato dal Comune di Santa Marinella alla Congregazione per realizzare una chiesa che era frequentata dal Presidente Scalfaro e dal Presidente Ciampi che avevano abitazioni nelle vicinanze. Laudati avrebbe chiesto di verificare al gruppo se vi fossero elementi per fare degli approfondimenti. Ne era scaturita la presenza di informazioni reputate interessanti per la loro singolarità. Infatti l’acquisto era stato effettuato da una società costituita al momento del preliminare, la cui amministratrice era una casalinga di 86 anni senza alcun reddito, che tuttavia si impegnava a versare in pochi mesi quasi 5 milioni di euro. Tra i componenti della società vi erano uno o due soci segnalati o condannati per riciclaggio di denaro della ’ndrangheta.
Dato questo quadro Laudati avrebbe deciso di chiedere l’apertura di un dossier per un atto di impulso ed utilizzando gli articoli di stampa che gli sembravano più aderenti ai fatti. Avuta l'autorizzazione, chiese al gruppo di redigere una relazione informativa ed avanzò poi una proposta di impulso al Procuratore nazionale antimafia, che sarebbe stata immediatamente accettata e trasmessa alla Dda competente di Roma. Secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa in questi giorni, il magistrato avrebbe avviato a fine maggio 2021 una personale battaglia per fermare quella speculazione immobiliare di fronte alla sua casa, nei pressi del castello di Santa Severa, con la complicità del finanziere Pasquale Striano. Ma Laudati sarebbe pronto a smentire tale circostanza: che fosse proprietario, da anni, di un appartamento a Santa Severa, acquistato con un mutuo, sarebbe una circostanza assolutamente, secondo quanto da lui riferito ai suoi amici, «inconferente e sinceramente offensiva».
Il magistrato non riuscirebbe a comprendere quale sia l’interesse o il vantaggio; se fosse così, avrebbe detto, tutti i pm che possiedono immobili sul territorio dove operano organizzazioni mafiose non dovrebbero condurre le indagini. Laudati si sarebbe confidato, ma con meno dettagli, anche sul secondo episodio che lo interessa e che riguarderebbe ipotesi di riciclaggio nelle società sportive dilettantistiche e del ruolo dei procuratori sportivi. Avrebbe ribadito di aver seguito le consuete procedure ma di escludere categoricamente di aver avuto interesse o di aver voluto arrecare danno ad alcuno.
L’ultimo episodio riguarda la Figc. In sintesi occorreva approfondire l’acquisizione della Salernitana e la natura giuridica della Figc ed il ruolo del fondo inglese nelle vicende del calcio italiano. Nelle more degli approfondimenti, secondo quanto riferito da Laudati alle nostre fonti, il procedimento penale era stato trasmesso dalla procura di Salerno per competenza alla procura di Roma, per cui, dopo una discussione tra i componenti del nuovo gruppo sos della Dna, si era deciso di inoltrarlo per unione agli atti al procedimento in corso a Roma. Anche in questo caso la trasmissione è stata disposta dal procuratore nazionale, al quale erano stati sottoposti gli atti. Laudati non avrebbe avuto nessun interesse verso i patron del calcio Gravina e Iervolino.