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Mentre Luigi Di Maio oscilla tra l'irremovibilità dimostrata sul caso Siri e la soggezione culturale nei confronti della Lega sulla questione rom, l'antisalvinismo pentastellato cova lì dove non te l'aspetti. Inutile attendere in eterno le “truppe” ortodosse capitanate da Roberto Fico o la cospirazione architettata da Alessandro Di Battista con la benedizione di Grillo; la resistenza, politica e culturale, al ministro dell'Interno è messa in campo dalle due sindache più importanti - e a volte isolate - del Movimento 5 Stelle: Virginia Raggi e Chiara Appendino. Perché non serve a molto fare la voce grossa con Salvini per un sottosegretario indagato se poi ci si lascia sfuggire dalla bocca slogan già sentiti come «prima i romani». Bisogna far parlare gli atti.
Come quello appena approvato dal consiglio comunale di Torino. Nelle stesse ore in cui il numero uno della Lega dichiarava guerra ai negozi di cannabis light, definiti «luoghi di diseducazione di massa», il consigliere grillino Federico Mensio presentava una mozione (approvata all'unanimità, in assenza del centrodestra) che impegna la Città a coltivare su terreni comunali la cannabis a uso terapeutico. In sole 48 ore, sotto la Mole, si consuma l’ennesimo “atto ostile” nei confronti dell’alleato di Palazzo Chigi, dopo la decisione di escludere Francesco Polacchi, editore neofascista del libro intervista di Salvini, dal Salone del libro. «Non è una rivalsa contro Salvini, è una scelta fatta dalla città e dalla Regione a tutela della nostra storia», ha dichiarato la sindaca di Torino, subito dopo aver sporto denuncia nei confronti dell’editore di Casapound. «L’apologia di fascismo è un reato, la magistratura dovrà valutare».
Non ha atteso invece le indagini della Procura Virginia Raggi, quando ha deciso, in assoluta autonomia e nel più imbarazzante silenzio delle altre istituzioni, di presentarsi a Casal Bruciato per ripristinare lo stato di diritto calpestato dall’estrema destra romana. Perché a impedire a una famiglia legittimamente assegnataria di un alloggio popolare di prendere pacificamente possesso della propria abitazione, con tanto di insulti e minacce, c’era sempre Casapound, la stessa organizzazione che un mese prima soffiava sulle braci dell’odio a Torre Maura. «Questa famiglia ha diritto di entrare e la legge si rispetta», ha dichiarato la prima cittadina romana dopo l’incontro con i nuovi inquilini asserragliati in casa. «Chi insulta i bambini e minaccia di stuprare le donne forse dovrebbe farsi un esame di coscienza. Non è questa una società in cui si può continuare a vivere», ha aggiunto Raggi, attirandosi persino la reazione stizzita di Di Maio, forse preoccupato di aver spostato troppo “a sinistra” l’asse del Movimento alla vigilia delle Europee.
Ma indipendentemente dalla campagna elettorale, la sindaca di Roma da mesi ha ingaggiato un braccio di ferro con l’inquilino del Viminale, accusato di utilizzare il tema sicurezza al solo scopo propagandistico. Antipatia pienamente ricambiata da Salvini, che ha fatto di Virginia Raggi uno dei suoi bersagli quotidiani preferiti. Buche, topi e disservizi della Capitale si trasformano in emergenza nazionale per il vice premier del Carroccio. La prima cittadina risponde chiedendo al Viminale risorse e uomini per contrastare il degrado e garantire il rispetto della legalità. A partire proprio dallo sgombero degli immobili occupati, pallino prioritario di Salvini, a mano che a occupare non siano proprio i militanti di Casapound.
Raggi conosce la suscettibilità del ministro del capo della Lega sul tema e appena può ripete: «Se mi desse la felpa da ministro degli Interni per un giorno andrei a sgomberare Casapound». Perché sui neo fascisti che in passato hanno persino condiviso piazze e palchi con Matteo Salvini, l’inquilina del Campidoglio non usa mezzi termini: «Questi delinquenti chiedono che l’appartamento venga tolto alla famiglia rom. Chiedono che queste persone tornino nei campi nomadi. Gli stessi campi rom che l’estrema destra dice di voler chiudere e che ha aperto anni fa», ha scritto su Facebook appena rientrata in ufficio dopo il quasi linciaggio a Casal Bruciato. «La verità è che CasaPound specula sulla pelle di tutte le persone e, intanto, occupa abusivamente un palazzo in pieno centro a Roma. Predica male e razzola ancora peggio. Non fatevi ingannare da questi imbroglioni», rimarca la sindaca, scavando ulteriormente il solco tra lei e il partito alleato di Di Maio.
Bloccare il “salva Roma” e riproporre il progetto della Tav potrebbe non bastare al Carroccio per indurre le sindache a più miti consigli. L’opposizione a Salvini nasce nelle grandi città.