Oltre trecento magistrati hanno inviato una lettera aperta a tutti i docenti universitari in merito alle frasi che compaiono nel Manuale di diritto privato di Francesco Gazzoni, dove le magistrate italiane sono dipinte quali persone «in equilibrio molto instabile nei giudizi di merito in materia di diritto di famiglia».

Come ci spiega uno dei promotori dell’iniziativa, Simone Spina del Tribunale di Siena, «il nostro obiettivo non è il boicottaggio del libro ma sollecitare l’Accademia sul proprio ruolo di responsabilità e sensibilità con riguardo alla scelta dei testi da adottare nell’ambito dei corsi universitari, consapevoli che gli Atenei italiani continueranno in questa loro missione, cruciale per lo sviluppo democratico del nostro Paese, di educazione alla cultura dell’eguaglianza e di rifiuto di ogni forma di linguaggio gratuitamente offensivo e discriminatorio».

Insomma, nessuno vuole bruciare il libro in piazza; lo scopo è quello di avviare una discussione ampia su quelle espressioni per molti davvero irricevibili. Nell’appello, che può essere ancora sottoscritto anche dagli avvocati e professori, si condividono innanzitutto le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella per cui «Soltanto l’affermazione e il rispetto della dignità delle donne rendono possibile una società autenticamente democratica».

A partire da questo i primi firmatari - tra cui la presidente e il segretario di Magistratura democratica Silvia Albano e Stefano Musolino, l’ex presidente dell’Anm Eugenio Albamonte, la Consigliera di Cassazione Paola di Nicola Travaglini, la giudice del Tribunale di Roma Emanuela Attura, la procuratrice europea Mariarosaria Guglielmi, l’ex presidente del Conams Giovanni Maria Pavarini, l’avvocato Mimmo Passione, il professore Nando Dalla Chiesa – ritengono «inaccettabili, in uno Stato di diritto fondato sull’uguaglianza e sulla pari dignità di ogni persona, parole come quelle che compaiono nel manuale di Francesco Gazzoni, che sono evidentemente alimentate da ottusi stereotipi e in grado, a loro volta, di generare e perpetuare altrettanti inaccettabili pregiudizi».

Ma la critica è rivolta anche ad altre espressioni di Gazzoni: «Non possiamo tacere, poi, delle frasi, sempre presenti in quel manuale, che parlano dei magistrati come di persone appartenenti “non di rado alla categoria degli ‘psicolabili’”. Che si sia ahimè ispirato a Berlusconi quando li appellò «antropologicamente pazzi»? Comunque per i magistrati si tratta «di parole altrettanto inaccettabili, per il gratuito dileggio e le gravi offese che veicolano nei confronti della magistratura tutta. Si tratta di parole che, agli occhi degli studenti universitari, colpiscono l’immagine di un’istituzione cui la nostra Carta fondamentale ha affidato il compito di tutelare i diritti delle persone, attraverso l’applicazione della legge, e di garantire così valori fondamentali quali sono, in uno Stato democratico, l’uguaglianza e la pari dignità personale». Pertanto, conclude Spina, questa «è sola la prima pietra per un confronto più ampio tra tutti gli attori in gioco».