L’Associazione nazionale magistrati si riunisce a via Giulia, sede della Direzione nazionale antimafia. Nel bel mezzo della guerra tra toghe e governo, e mentre si attende in plenum il voto sui sette posti di sostituto in procura antimafia, il sindacato delle toghe si presenta a casa del procuratore nazionale Giovanni Melillo, ufficialmente per discutere di organizzazione degli uffici, ufficiosamente per organizzare la resistenza. Ma la notizia - diffusa dal Fatto Quotidiano - fa storcere il naso a parte del Consiglio superiore della magistratura, che, riferiscono varie fonti, protesta per l’invasione di campo, più volte lamentata dai componenti del Csm quando si tratta di Melillo. Perché ad occuparsi del tema dichiaratamente oggetto dell’incontro c’è un’apposita Commissione di Palazzo Bachelet, la VII. E proprio per tale motivo la riunione appare strana e fa sorgere interrogativi. Raggiunto al volo, l’indipendente Andrea Mirenda ha espresso sorpresa: «La VII Commissione si è spostata a via Giulia?», ha commentato ironicamente, chiudendo in fretta la discussione. Ma le voci si inseguono soprattutto ufficiosamente, lasciando trasparire che Mirenda non è l’unico membro di Palazzo Bachelet sconcertato dalla situazione, in un momento non proprio serenissimo del confronto tra magistratura e politica. A destare ancora più domande il silenzio della sinistra giudiziaria in Consiglio, che pure ha protestato vibratamente per l’incontro privato tra il vicepresidente Fabio Pinelli e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, tanto da attirare a sé le accuse di «doppiopesismo».

Non è la prima volta che la Dna diventa palcoscenico del dibattito in corso tra politica e toghe. Un primo vertice c’era stato, infatti, a novembre dello scorso anno, quando Melillo invitò a via Giulia la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Incontri istituzionali non nuovi per i primi inquilini della Dna, ma a differenza del passato, quella volta, alla riunione parteciparono anche i 26 procuratori generali del Paese, in quello che si presentava come un vero e proprio faccia a faccia tra antimafia e politica. Anche in quel caso, infatti, era in corso una discussione tutt’altro che serena sulla separazione delle carriere, riforma poi accantonata per dare la priorità ad altri interventi legislativi. Ma l’argomento è tornato in cima ai pensieri di Meloni, alla luce della contrapposizione con la magistratura che ha deciso di contrastare nelle aule di Tribunale la politica giudiziaria del governo.

Anche questo aspetto sarà oggetto di dibattito domani pomeriggio negli uffici della Dna: secondo le indiscrezioni, infatti, durante l’incontro verrà anche espressa solidarietà al giudice Marco Gattuso, presidente del collegio bolognese che ha inviato alla Corte di Giustizia il decreto Paesi sicuri. Un modo per ricompattare il fronte della magistratura, che proprio attorno a Gattuso era riuscito a ritrovare l’unità, pur con qualche distinguo. Anche Magistratura indipendente, infatti, aveva aderito all’iniziativa di solidarietà promossa da alcuni consiglieri del Csm, pur spaccandosi: se una parte del gruppo consiliare aveva infatti firmato la richiesta di pratica a tutela sottoscritta dai togati di Area, Unicost, Md e gli indipendenti, l’altra metà aveva preferito procedere in autonomia, ma comunque manifestando vicinanza al collega attaccato per la sua vita privata. A spaccare nuovamente il fronte ci aveva pensato poi l’affaire Pinelli-Meloni: di fronte a quella che è stata descritta come una visita «irrituale» tra il vicepresidente e la premier (che non avrebbe informato il Quirinale convocando l’incontro proprio mentre era in corso la manifestazione di solidarietà a Bologna), i componenti togati del Consiglio superiore avevano chiesto chiarimenti, senza però l’appoggio dei magistrati di Mi, che di fatto hanno preso le distanze dai colleghi e spaccando nuovamente il fronte.

Così, mentre i togati inseguono Pinelli nel tentativo di comprendere quale sia stato l’argomento di conversazione con Meloni - e il vicepresidente avrebbe risposto positivamente alla richiesta di incontro privato nei prossimi giorni - impazzano le teorie del complotto. Secondo le indiscrezioni, infatti, la presidente avrebbe chiesto conto al vicepresidente del peso delle toghe rosse in Consiglio. Ma all’incontro, spiegano fonti di Palazzo Bachelet, non ha partecipato nessun altro al di fuori della presidente e di Pinelli: tale informazione, pertanto, difficilmente può essere stata diffusa da una fonte qualificata. La sensazione è dunque quella di un tentativo di inquinare le acque, proprio per esacerbare lo scontro, mentre Nordio e il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia si invitano reciprocamente a fare un passo indietro, con toni moderatamente pacificatori. Un tentativo di riconciliazione potrebbe arrivare sabato, con la presenza di Nordio all’evento organizzato in occasione dei 60 anni di Magistratura democratica. «Parteciperò al congresso di Md, dove farò un discorso di conciliazione e collaborazione - ha dichiarato il guardasigilli intervenendo al Salone della Giustizia -. Auspico e sono certo che, al di là delle ovvie differenze di posizione, anche sulle iniziative legislative alle quali siamo vincolati dal mandato elettorale, troveremo l’atmosfera giusta in funzione di ciò che ci interessa massimamente: un funzionamento rapido e moderno della giustizia». Chissà se le intenzioni muteranno dopo l’incontro di domani a via Giulia.