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«Non ho dato alcun consiglio. E le contestazioni che mi vengono mosse sono cervellotiche». Dopo la sospensione dal Csm, Rosanna Natoli, la laica in quota Fratelli d’Italia finita al centro di una tempesta mediatica e giudiziaria, racconta la sua versione dei fatti. Accusata di aver incontrato una toga sotto procedimento disciplinare, della quale lei era giudice, Natoli rispedisce al mittente tutte le accuse, avanzando una teoria. Ovvero che capi di imputazione così «cervellotici» possano avere uno scopo “politico”: trasformarla nel «caso scolastico» per dimostrare che senza l’abuso d’ufficio «condotte come quelle da me (non) commesse non hanno più tutela penale. Cosa avrebbe dovuto fare la procura di Roma? Semplice, le indagini, rispettando il codice».
La vicenda che la riguarda, al netto delle questioni giuridiche, è grave, tanto che perfino il Quirinale si è convinto della necessità di allontanarla dal Csm. Ha mai pensato alle dimissioni? E perché ha deciso di non rassegnarle?
La vicenda che mi ha coinvolta non può non essere affrontata sul piano tecnico giuridico; la sospensione è regolata da norme che vanno rispettate e noi siamo giuristi, non moralisti. Se si astrae dalla fattispecie giuridica ricadiamo, infatti, nel campo delle norme morali, e non condivido la deriva moralista né quando si tratta di giudicare magistrati né quando si tratta di giudicare componenti del Csm a base elettiva. Non ho mai votato in plenum secondo la morale, ma sempre secondo quanto stabilito dal diritto. Certo, il diritto non è scienza esatta, ma ho sempre cercato di mantenermi ad esso aderente.
Io non ho violato alcuna norma di diritto: prima di accertare, con il sequestro del cellulare con il quale la Fascetto mi ha registrato, che il file fosse genuino, ritengo che nessun capo di imputazione mi potesse essere formulato. Si sono confuse le regole giuridiche che sovrintendono alle intercettazioni a quelle che regolano le captazioni di colloqui privati. In un comunicato, Area Dg dice che non ho assolto la funzione con disciplina ed onore e per questa ragione “sarebbe stato opportuno” che mi astenessi dal partecipare alle attività consiliari. Ma chi stabilisce in che cosa si sostanzia la disciplina e l’onore? Area Dg? Per accusarmi di ciò si sono serviti di un file, non genuino a mio avviso, per quelli che sono i miei ricordi, creato da una parte incolpata e di una trascrizione effettuata da un consulente di parte che non l’ha nemmeno giurata. Vorrei poi che venisse raccontata la verità sui fatti.
Qual è la verità?
Ho incontrato Fascetto Sivillo, su pressante richiesta dell’avvocato Milazzo, presso lo studio di questi, il quale mi aveva riferito di una sua situazione di difficoltà, che poi la stessa ha certificato. Il 3 novembre, giorno in cui è avvenuto l’incontro, il procedimento disciplinare di Fascetto era definito dal 25 luglio 2023; per cui quali consigli avrei potuto dare, ammesso che li abbia dati? Ma io consigli a Fascetto non ne ho dati! Il mio è stato un gesto di umanità nei confronti di una persona che mi era stata rappresentata in un certo modo. È immorale? Oggi dico che l’umanità e la carità non fanno pendant con la magistratura e dico anche che celebrare il beato Livatino, che ai principi cristiani aveva uniformato la professione di magistrato pagando con la vita la propria rettitudine morale, è una vera e propria ipocrisia. Ecco, siccome non mi sono sentita immorale, non ho dato le mie dimissioni, rimettendosi alla decisione del plenum con serenità.
Lei ha sostenuto che ci fosse la volontà di farla fuori. Ma per quale motivo i suoi colleghi avrebbero complottato proprio contro di lei?
Io non ho mai sostenuto che ci fosse un complotto nei miei confronti. Ci sono state delle operazioni di politica giudiziaria ben riuscite, ma in guerra, in amore e in politica tutto è concesso! Nessuno, però, può negare che Fascetto Sivillo si sia presentata all’incontro, che qualcuno abbia registrato e che la registrazione sia stata versata senza che l’incolpata esperisse alcuna attività difensiva. Vorrei anche chiarire che la gran parte delle udienze indicate nella relazione del Comitato di presidenza, alle quali avrei partecipato, sono di mero rinvio.
Passiamo al casus belli. È vero che la sanzione a Fascetto Sivillo venne aggravata, passando dalla censura alla perdita di anzianità, in ragione della sua condotta processuale intemperante?
Non posso rispondere, perché violerei il segreto della Camera di consiglio; chiarirò dinanzi la procura competente, se e quando vorrà sentirmi, ma finora non mi è stato notificato alcun invito a comparire, nonostante la fretta di notificarmi l’avviso in violazione dell’articolo 375 c.p.p..
Lei sostiene che la registrazione sia stata manipolata. Quali parti di quell'audio contesta?
La registrazione, per la stessa ammissione del consulente non è completa; Fascetto Sivillo non ha dato incarico di inserire nella chiavetta Usb e di trascrivere, il colloquio con l’avvocato Milazzo proseguito dopo che sono andata via, ma vi sono tante parti di cui non ho ricordo. E poi vi è un altro aspetto: chi ha effettuato il riconoscimento delle voci? Chi ha riconosciuto nel dialogo che la voce appartenesse all’avvocato Milazzo o all’avvocato Failla? Questo oggi non è dato saperlo e anche per questa ragione la procura di Roma avrebbe dovuto sottoporre il telefono di Fascetto Sivillo a sequestro disponendo una Ctu.
Come sono andate realmente le cose quel giorno?
Come sono andate le cose lo riferirò alla procura se e quando mi vorrà sentire e dopo la Ctu al telefono di Fascetto Sivillo. Ho profondo rispetto delle regole processuali e le indagini dovrebbero essere segretate.
Lei ha affermato che questa vicenda non avvantaggia Fascetto Sivillo, che infatti non ha usato la registrazione per contestare la sanzione già inflitta. Quali sarebbero secondo lei le ragioni dietro un gesto del genere?
Non ho idea delle ragioni per le quali Fascetto mi ha registrata, ma sicuramente non le hanno portato alcun vantaggio processuale. La sentenza disciplinare che mi vedeva relatore era già chiusa con sospensione cautelare e condanna. A cosa le sarebbero serviti i presunti consigli che non ho dato? A rigor di logica, introitare ricorso per Cassazione avverso la sentenza da me redatta. Ma vi è un però. La sentenza non è stata impugnata da Fascetto con ricorso per Cassazione: è andata definitiva la sentenza emessa dalla Sezione disciplinare da me redatta! Evidentemente, nella redazione della motivazione non ho lasciato alcuno spazio per l’impugnativa!
La procura di Roma, a suo dire, è incompetente territorialmente. Ora che l'abuso d'ufficio è stato abrogato il fascicolo dovrebbe passare a Catania. Le risulta che ciò sia avvenuto? Cosa contesta ai pm capitolini?
Con certezza la procura di Roma è incompetente territorialmente. Fascetto Sivillo ha intestato la chiavetta “via Lombardia 7” e questo è l’indirizzo dello studio dell’avvocato Milazzo a Paternò. Per cui, se violazione del segreto c’è stata, la violazione è avvenuta a Paternò e, quindi, competente è Catania, anzi, Messina, visto che è coinvolto un magistrato che svolge le funzioni a Catania, ancorché sospeso. Con riguardo alla contestazione dell’abuso d’ufficio stendo un velo pietoso. Al di là del fatto che la legge che prevede l’abrogazione della norma era sul tavolo del Presidente della Repubblica per la firma, è la costruzione del reato cervellotica. Non ho mai visto, in tanti anni di professione, contestare l’abuso d’ufficio ad una sola parte e non a chi se ne avvantaggia! Praticamente l’ho commesso da sola! Ma le ragioni di tutto ciò stanno nelle affermazioni di alcuni magistrati di voler sollevare conflitto di costituzionalità della norma abrogativa: sono stata il caso scolastico che avrebbe dovuto dimostrare che condotte come quelle da me (non) commesse non hanno più tutela penale nell’ordinamento giuridico. Cosa avrebbe dovuto fare la procura di Roma? Semplice, le dovute indagini, rispettando le norme del codice.
Ha dichiarato di non credere che ci siano ancora degenerazioni correntizie. Ne è ancora convinta?
Le correnti esistono da sempre ed esisteranno per sempre, a mio avviso. Ma non è l’associazionismo il male. Ognuno fa parte di un gruppo perché ha la medesima visione della giustizia e del ruolo del magistrato. Quando sono andata presso la casa del beato Livatino, vi erano sulla sua scrivania diverse riviste all’interno delle quali le diverse correnti esplicitavano il proprio programma in vista delle elezioni al Csm. È la degenerazione che va combattuta, quando ad esempio un magistrato che ha un eccellente curriculum professionale non viene votato perché non fa parte del proprio gruppo associativo, ma ciò è anche consentito dalla fluidità del Testo Unico sulla dirigenza che stabilisce i criteri ma lascia ampio spazio alla discrezionalità.
C’è stato qualcuno, al Csm, che le ha manifestato vicinanza?
Si ho avuto molta solidarietà e vicinanza anche tra quelli che hanno votato la sospensione; ma io non ho mai chiesto e/o preteso nulla, ognuno è libero di fare quello che meglio ritiene rispondendo poi alla propria coscienza.
Lei ha accusato le toghe progressiste di pressioni per non farla partecipare al plenum del 17 luglio. Sono accuse gravi. Le conferma?
La risposta sta nel comunicato diffuso da Area e basta quella: “La mattina del 17 luglio - scrivono -, appena avuto contezza dei fatti, noi consiglieri di Area abbiamo rappresentato al vicepresidente che, fino a quando il Presidente della Repubblica, in quei giorni all’estero, non si fosse potuto occupare della questione, sarebbe stato opportuno che la consigliera Natoli si astenesse dal partecipare all’attività consiliare, per non porre tutti i componenti del Csm nell’imbarazzante alternativa tra fingere di ignorare la vicenda - all'evidenza lesiva dell’onorabilità dell’intero Consiglio - o pronunciarsi sulla stessa prima che lo facesse il Capo dello Stato”.
Ha puntato il dito anche contro il vice presidente Fabio Pinelli. Cosa gli contesta?
Il vice presidente è un ottimo avvocato, è un ottimo presidente della sezione disciplinare, ma alla prima esperienza politica, avrebbe potuto affrontare la questione diversamente ma non gli rimprovero nulla: ognuno di noi ha una propria testa e deve fare le scelte che ritiene giuste, evidentemente ha ritenuto giusto che la situazione andasse così come è andata.
Si è molto discusso della sua vicinanza al presidente La Russa. Avete parlato di questa vicenda? Il partito si è fatto vivo con lei?
Sulla vicinanza del presidente del Senato potrei scrivere tutta una serie di invettive contro alcuni giornali e alcuni magistrati che hanno scritto su Facebook incommentabili offese nei miei confronti. Ho militato per 16 anni prima in An e poi in FdI, per sei anni sono stata nel collegio disciplinare di FdI, è logico che conosco il presidente del Senato e che il tempo genera un’amicizia, ma da qua a dire che rivesto il ruolo di consigliere del Csm solo perché sua amica è una grave offesa nei miei confronti, perché significa che non ho una professionalità adeguata al ruolo. Nessuno ha mai scritto di un uomo di essere il pupillo, il delfino di una donna, ma la cosa più grave è che a scrivere queste cose è stata soprattutto una donna di sinistra, di un’area che si dice tuteli le donne, a differenza della destra: evidentemente anche questo tema funziona a correnti alterne. Quando sono stata eletta al Csm ho interrotto i rapporti con tutti proprio per il rispetto dell’imparzialità e dell’indipendenza che ogni consigliere deve avere nell’espletamento del proprio ruolo, osservando rigorosamente le direttive del Presidente della Repubblica, che in diverse occasioni ha sottolineato che il consigliere non deve cercare consensi. Sicuramente ho la vicinanza dei laici cosiddetti di “centrodestra” che mi hanno supportato in questa vicenda, e non solo.
Che idea si è fatta dal Csm?
Penso che la giustizia abbia bisogno di una significativa riforma, compreso il Csm, che deve essere veramente l’Organo che garantisca tutti i magistrati. Penso che la separazione delle carriere, così come la riportano i giornali, serve ben poco: le funzioni di fatto sono state già separate dalla legge Cartabia e penso che prima di fare il pm bisognerebbe capire come funziona la giurisdizione. Oggi tutta l’attività dell’organo inquirente viene riversata sul giudicante che, sottodimensionato nel numero e nelle risorse, non riesce a definire i procedimenti in tempi celeri, con conseguente danno per il cittadino che ha bisogno di avere certezza sui tempi di loro definizione. Penso che vada dato il giusto riconoscimento alla magistratura onoraria, senza la quale la giustizia si bloccherebbe; penso che la giustizia disciplinare vada riformata, ma non basta la previsione di un apposito organismo - si legge sui giornali di un'Alta Corte -, perché bisogna riformare, a mio avviso, il sistema delle impugnazioni delle sentenze disciplinari. Le poche sentenze annullate, da me redatte, lo sono state per mancanza di motivazione sull’eccessiva gravosità della pena, ovvero per mancanza di motivazione sul non riconoscimento della formula assolutoria di cui all’articolo 3 bis Dlgs 109/2006, e ciò dimostra che il giudice di legittimità, di fatto, entra nel merito delle scelte della Sezione disciplinare sul trattamento sanzionatorio, per cui un ulteriore grado di merito non sarebbe un errore.
Penso che ci sia tanto da fare affinché la pubblica accusa e la difesa abbiano pari armi e non sono convinta che bastino due distinti concorsi per l’accesso alla magistratura: servono riforme concrete, proseguendo il percorso tracciato dalla riforma Cartabia, che creino pari dignità tra il magistrato e l’avvocato, entrambe parti indispensabili del processo. Ma fino a quando il Parlamento non si appropria delle proprie prerogative e l’Anm non comprende che il ruolo del giudice è quello di applicare e interpretare le norme promulgate dal Parlamento, la tanto agognata meta mi sembra molto lontana.