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«Ci sono un governo e un Parlamento eletti democraticamente, grazie anche ad un programma condiviso che abbiamo l’obbligo di realizzare. Tra gli obiettivi: la separazione delle carriere, una riforma costituzionale che per noi è una fondamentale “mission possibile”, avendo davanti altri quattro anni». Così il vice ministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, dinanzi alla numerosa platea del convegno “Separare le carriere, unire la giustizia: una riforma necessaria”, organizzato dall’Organismo congressuale forense in collaborazione con la presidenza della Commissione Affari costituzionali della Camera.
In merito ai difficili rapporti con le toghe dell’Anm ha ribadito: «Abbiamo pagato tanto, talvolta troppo, dalle lotte con la magistratura: proviamo ad aprire un dialogo che ci consenta di scrivere leggi migliori. Nessuno toccherà mai l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, ma dovete spiegarmi logicamente perché la distanza tra giudice e avvocato difensore non dovrebbe essere la stessa che c'è tra giudice e pm. Mettiamoci tutti intorno ad un tavolo e ragioniamo, per il presente ed il futuro. Sui niet non si costruisce nulla e si creano contrapposizioni che inevitabilmente fanno male ai cittadini. Non c’è, da parte nostra, alcuna voglia di alzare l'asticella dello scontro. Sono convinto che sempre con la partecipazione di tutti, ascoltando tutti, sia istituzionalmente necessario andare avanti, senza esitazioni, per portare a termine le riforme».
A rassicurare che la questione non cadrà nell’oblio ci ha pensato anche il presidente della Commissione Affari costituzionali, Nazario Pagano: «La separazione delle carriere è un tema di grande attualità e rilevanza, non a caso ho voluto incardinare le quattro proposte di legge che riguardano l'iter di modifica della Costituzione proprio a inizio legislatura per dare, da subito, un'impronta alla materia e consentire ampi margini di discussione a tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento. Ho nominato me stesso relatore di questo provvedimento per l'attenzione che ripongo nella materia e, voglio rassicurare tutti: il cammino si è arrestato solo temporaneamente perché, negli ultimi due mesi, ci siamo occupati di cinque decreti ma riprenderà subito dopo la pausa estiva. Voglio così rispondere alle sollecitazioni che mi sono arrivate, in tal senso, anche dai colleghi Costa e Giachetti».
La separazione delle carriere, «a distanza di tanti anni dall'introduzione del giusto processo, è un qualcosa di inevitabile ed è un tema che non deve essere ancora trattato come un tabù» ha proseguito Mario Scialla, Coordinatore Ocf: «essendo però l'argomento delicato, è importante approcciare allo stesso con l'animo sgombro da pregiudizi di natura ideologica, senza farne un terreno di scontro o di rivendicazione politiche. Pertanto è fondamentale che si tenga conto di tutte le obiezioni e che il dibattito si arricchisca di idee e valutazioni diverse. Deve essere trovata una formula che rafforzi la terzietà del Giudice, senza pregiudicare in alcun modo il ruolo e la funzione del pubblico ministero» ha concluso.
È intervenuto all’incontro anche il presidente del Cnf, Francesco Greco: «La separazione delle carriere dei magistrati è oggi una necessità che si può sintetizzare in un concetto: il principio costituzionale del giusto processo e la vera attuazione del modello accusatorio si potrebbero realizzare se nel processo ci fossero tre estranei: il giudice, il pm e l’avvocato. Oggi, invece, ci sono due colleghi e un estraneo. I due colleghi sono il giudice e il pubblico ministero, l’estraneo è l’avvocato. Se si volesse dare completa attuazione al principio della terzietà del giudice rispetto alle altre parti del processo stabilito dall'articolo 111 della Costituzione risulta evidente la necessità di separare le carriere, poiché il processo è influenzato dalla struttura organizzativa della magistratura».
Per l’Anm ha parlato il presidente Giuseppe Santalucia che ha evidenziato: «Le pdl in discussione guardano alla terzietà del giudice solo nella prospettiva della magistratura ordinaria e non ampliano lo sguardo a tutti i tipi di processo, la terzietà non è solo del giudice ordinario. Mi guardo bene dal sollecitare riforme delle magistrature speciali ma questo è il sintomo di come i proponenti abbiano una visione parziale del problema e mi permetto di dire a questo punto anche distorta». Ha poi messo in luce una contraddizione: «Se oggi la politica avverte una eccessiva presenza del pm, discutiamone. Ma le cause non sono di certo nella Costituzione che è l’antidoto ad una enfatizzazione del ruolo del pm. Le pdl vanno in senso opposto, ossia verso un allargamento dei poteri del pm. La politica, invece, paradossalmente, sembra sedotta talvolta dalle istanze della magistratura requirente: basti pensare a come si è reagito da parte del governo che ha annunciato subito un provvedimento d’urgenza per rimediare assertivamente ad una sentenza della Cassazione in materia di criminalità organizzata».
Tra i politici intervenuti la vice presidente dem del Senato, Anna Rossomando, che ha stigmatizzato il fatto che «nell’attuale dibattito politico il governo sta usando questo tema come una clava e una minaccia nei confronti della magistratura». Per parlare di separazione delle carriere, ha aggiunto, «occorre farlo in maniera laica, ossia fare i conti con l’oggi. Siamo sicuri che tale riforma possa ad esempio porre un freno alle derive di spettacolarizzazione di alcune inchieste? Piuttosto il rischio concreto è che il pm diventi un super poliziotto magari molto sensibile al consenso popolare. È questo l’antidoto al populismo giudiziario? Nell’oggi c’è quanto ottenuto anche grazie al nostro intervento con la Cartabia: nella riforma del Csm abbiamo previsto un solo passaggio da una funzione all’altra, il voto degli avvocati nei consigli giudiziari, il fascicolo di performance dei magistrati, l’obbligo di non richiedere il rinvio a giudizio senza ragionevole previsione di condanna ed è stata poi approvata la direttiva sulla presunzione di innocenza. E potremmo fare anche di più, come l’Alta Corte».
In collegamento il responsabile giustizia di Azione, Enrico Costa: «Credo che il dibattito in Parlamento con il governo garantisca un equilibrio migliore. Non vorremmo correre il rischio che la separazione, come riforma costituzionale, passi in secondo piano e non si faccia per dare spazio a quella del presidenzialismo». Ha preso poi la parola Antonino La Lumia, tesoriere Ocf e presidente del Coa di Milano: «Una riforma organica della Giustizia non può tralasciare un serio approfondimento sull'opportunità di separare le carriere dei magistrati; è un tema che compare sistematicamente sul tavolo della discussione, dentro e fuori le aule parlamentari, coinvolgendo l'opinione pubblica. Già questo è segno evidente di interesse, ma anche di delicatezza della questione che - come tutti i problemi che attengono a profili essenziali dell'ordinamento democratico - deve essere affrontata con pragmatismo ed equilibrio».
Per Accursio Gallo, segretario dell’Ocf, moderatore del convegno, «la presenza al convegno di importanti cariche istituzionali, che ringrazio, è la dimostrazione che si può finalmente raggiungere un importante traguardo. Non capisco la resistenza da parte delle associazioni rappresentative dei magistrati. Se fossi un giudice, sarei lieto che ci fosse una netta distinzione tra giudicante e requirente». Sono poi seguiti gli interventi del professore Alfonso Celotto (odinario di Diritto costituzionale) e della professoressa Carla Bassu (ordinaria di Diritto pubblico comparato).