PHOTO
ASSEMBLEA PLENARIA DEL CSM PLENUM DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
Sì alla tutela, ma solo se si trova la maggioranza. La discussione sulla pratica in difesa del Marco Gattuso, il giudice di Bologna finito nel mirino di politica e giornali di destra per aver inviato il decreto Paesi sicuri alla Corte di giustizia europea, riapre il dibattito sull’uso politico dello strumento della tutela delle toghe. Un dibattito riacceso, tra gli altri, dall’intervento della laica di centrodestra Isabella Bertolini, proprio nel plenum che ha licenziato la delibera a tutela del magistrato bolognese.
«Apprezzo la vostra astuzia, la vostra intelligenza politica di scegliere la delibera meno scivolosa, la meno complicata rispetto alle pratiche a tutela che ci sono pendenti in prima Commissione, non dalla nostra legislatura, ma addirittura di chi ci ha preceduto - ha sottolineato Bertolini -. Scegliamo l’ultima presentata, la meno complicata, l’annaffiamo ulteriormente e facciamo in modo che il tenore possa riportare a casa tutta la casta».
Perché quella in difesa di Gattuso era troppo semplice, secondo i laici di centrodestra. E, dunque, utile a serrare i ranghi. Il tutto mentre languono nei cassetti di Palazzo Bachelet diverse altre pratiche, ritenute maggiormente divisive. Come quella a tutela di Silvia Albano, presidente di Magistratura democratica e prima a disapplicare il decreto Paesi sicuri, finita nel mirino per la sua militanza pro migranti e pesantemente minacciata, al punto da essere finita sotto scorta.
E quella in difesa di Iolanda Apostolico, che ha disapplicato il dl Cutro, anche lei insultata per aver partecipato ad una manifestazione anti- Salvini e finita in un vortice di insulti e aggressioni verbali sul web. Ma c’è anche quella proposta dalla destra in difesa del giudice italiano della Cpi Rosario Salvatore Aitala, oggetto di mandato di cattura spiccato dalla Russia per aver ordinato l’arresto di Putin, quella per la pm della procura di Padova che aveva ordinato l’iscrizione dei funzionari del Comune che aveva registrato figli di coppie omogenitoriali e quella a tutela dei giudici del caso Cospito.
Quanto alla pretesa violazione dell’ordine cronologico, spiegano alcuni membri di Palazzo Bachelet, non c’è una regola. E proprio questo consente al Consiglio di attribuire un significato totalmente politico a tali pratiche, forse quelle maggiormente connotate. «D’altronde - si chiede una fonte - un organo destinato a tutelare costituzionalmente l’indipendenza dei magistrati, non può aprire una pratica a tutela dell’indipendenza dei magistrati?». Il caso bolognese era sicuramente «paradigmatico ed estremamente liquido». Gli altri, invece, assai più controversi e quindi meno trattabili, al netto dell’inconsistenza stessa delle pratiche a tutela, che si risolvono solo in grandi litigi consiliari e tensioni con la politica, senza alcun effetto concreto per i giudici tutelati.
Solo pochissime pratiche, dunque, arrivano in plenum. Ovvero quelle che consentono di raggiungere un voto positivo. Ma non è questo, spiega l’indipendente Andrea Mirenda, a compattare la casta. «Con la sua aggressione generalizzata la politica ottiene l’effetto paradossale di spostare l’attenzione delle toghe sul nemico esterno - commenta il più critico degli inquilini di Palazzo Bachelet -, distogliendo l’attenzione dal problema principale: quello interno, il correntismo, prima minaccia all’indipendenza del singolo magistrato. Alla fine questo attacco a testa bassa è un bel favore».
D’altronde, anche per i laici di centrodestra - che pure hanno votato contro - il caso Gattuso era semplice: il giudice, infatti, inattaccabile sul piano formale, essendosi mosso nel perimetro previsto dalla legge. Ed è per tale motivo che la sua vita privata è stata tirata in ballo per fomentare attacchi scomposti. «Grazie a questi assist insensatamente aggressivi della politica - continua il consigliere - non si parla più del primo fattore di condizionamento della magistratura: un Consiglio superiore lottizzato». Perché sono le correnti a dettare la partita, nelle nomine come per le altre decisioni importanti. La scelta delle pratiche da trattare, dunque, si valuta sulla capacità di elaborare proposte unitarie. E, dunque, sull’orientamento “politico” del consiglio.
Cosa molto diversa dall’articolo 2 - che prevede la possibilità per il Csm di disporre il trasferimento di ufficio dei magistrati quando per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità -, che invece ha un timing ben preciso di trattazione. Ed incide molto di più sull’immagine del magistrato.