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«La più grande ingiustizia che è stata fatta a Carlo è quella di aver impedito un processo: se guardiamo a come sono stati affrontati i fatti di Genova dobbiamo ricordarci che l’omicidio di Carlo, il fatto più grave, venne tolto da mezzo da subito». A 19 anni dal G8 di Genova in cui venne ucciso Carlo Giuliani (il 20 luglio), Giuliano, il papà del ragazzo, ricorda quei giorni con amarezza. «Sicuramente si può dire che il 2001 fu l’anno zero, è stata una repressione violenta e organizzata, non c’è il minimo dubbio, è stato archiviato un omicidio senza nemmeno concedere la possibilità di un processo», dice Giuliano Giuliani. Anche quest'anno, in piazza Alimonda, si terrà un appuntamento commemorativo il 20 luglio per non dimenticare Carlo. «Ovviamente con il Covid faremo qualcosa di molto più semplice in piazza, non ci sarà palco, ci saranno un pò di cari amici, faranno una canzone, sarà qualcosa di molto ridotta dalle 15 alle 18 del pomeriggio, perché ovviamente con il distanziamento, le mascherine e tutto il resto, dobbiamo attenerci e giustamente alle nuove regole. Rimane il fatto di ricordare Carlo e di ricordare una delle grandi ingiustizie commesse in questo nostro povero Paese», spiega ancora il papà del ragazzo ucciso, che poi prova a fare un'analisi di quanto accaduto in questi 20 anni dai fatti di Genova. «Solo un ulteriore peggioramento, nel senso che non si sono affrontate le ragioni vere che fanno di questo Paese un Paese che ha grossi problemi», dice.«C’è stato un ulteriore abbrutimento, un’involuzione, un ulteriore arretramento perché altrimenti non si sarebbe potuto comprendere perché parti importanti delle masse popolari si siano fatte abbindolare da un’idea razzista». E per Giuliani non è un caso che il movimento No Global «non sia stato ascoltato e anzi sia stato battuto e con un’azione violenta». E a quasi vent'anni da quei giorni drammatici, torna a parlare anche uno dei protagonisti di quel movimento: don Vitaliano Della Sala. «Faccio ancora il no-global», dice sorridendo il sacerdote che oggi guida due parrocchie a Mercogliano, in provincia di Avellino. «In quegli anni facevamo molta teoria, giustamente, poi però i confronti bisogna tradurli in realtà e azioni concrete», racconta don Vitaliano. «Molti di noi lo stanno facendo in modi diversi: Casarini attraverso l’impegno verso i migranti, io continuo a fare il prete e mi occupo di poveri lottando contro il neoliberismo sfrenato. Lo facciamo concretamente. Nessuno si è pentito di quello che ha fatto, anzi ognuno di noi sta cercando di realizzare a modo suo un altro mondo possibile», insiste, citando lo slogan di quegli anni. «Ogni tanto qualcuno, tra cui anche il mio vescovo di Avellino, mi dice "avevate ragione voi". Purtroppo è brutto sentirselo dire dopo tanti anni, però è una bella soddisfazione. Non abbiamo sbagliato, forse è stato sbagliato qualche metodo, il modo di comunicare. Proprio ieri pensavo che con Casarini, nella mia vecchia parrocchia, facemmo quella "dichiarazione di guerra al G8", che poi fu strumentalizzata. Non era una dichiarazione di guerra violenta, ma ideologica», prosegue don Vitaliano, ripercorrendo con la memoria i momenti più drammatici di Genova, quelli delle violenze e degli arresti indiscriminati. «Aborro ancora di più la violenza e a Genova ne vedemmo tanta da parte di tutti, anche dai manifestanti, ma quel che è peggio dalle forze dell’ordine. Ci fu un brutto passo in avanti nel modo di contrastare le manifestazioni. Quella brutta pagina della democrazia dimostra quanta paura aveva il potere di quel popolo che scendeva in piazza con tanti difetti, perché non è che da una parte c’erano i buoni e dall’altra i cattivi. Però chi ha sbagliato tra i manifestanti ha pagato, invece nessuno ha pagato per Bolzaneto, per la Diaz, ma soprattutto per le violenze di strada».