PHOTO
Marina di Gioiosa Ionica è un Comune italiano di circa 6000 abitanti della città metropolitana di Reggio Calabria. Nel novembre 2013 viene eletto sindaco l’avvocato Domenico Vestito, espressione della lista civica “Libertà è partecipazione”, che ha ottenuto 3.463 voti pari al 79% del totale. Il paese veniva già da due anni di commissariamento per infiltrazioni mafiose. La storia si ripete il 22 novembre 2017, allorquando, dopo una indagine ispettiva condotta dalla Prefettura di Reggio Calabria, il Consiglio dei ministri, con Marco Minniti responsabile del Viminale, ha deliberato lo scioglimento del Consiglio comunale per presunte infiltrazioni mafiose. In realtà contemporaneamente furono sciolti altre quattro amministrazioni, tra le quali Lamezia Terme. «La nostra cittadina è stata umiliata - ci racconta oggi Vestito - e fermata nel suo processo di sviluppo che la mia amministrazione aveva iniziato a compiere in piena onestà». L’amministrazione è stato sciolta, ci spiega l’ex sindaco, per vari motivi: «La partecipazione dell’allora assessore ai lavori pubblici al sesto memorial in onore del figlio di un soggetto controindicato, morto a 26 anni per una malattia. Ma proprio a quel ragazzo avevamo revocato tre licenze per uno stabilimento balneare a pochi giorni dall’emanazione delle interdittive antimafia. Nel mirino anche una ordinanza di demolizione di un bene riconducibile ai clan, fatta dalla mia amministrazione, ma che il Tar ritenne non doversi eseguire. Un altro elemento sarebbe stato il ritardo di una revoca di una ordinanza balneare sempre per effetto di una interdittiva antimafia che, giunta a fine ottobre, è stata da noi revocata subito a dicembre». Il paradosso ci dice Vestito è che l’amministrazione è stata sciolta nonostante la relazione della Commissione di accesso definì «l’attività della Giunta e del Consiglio comunale “dinamica e propulsiva”», nonostante non fu trovato nulla - precedenti, multe, parenti criminali - a carico dell’intera amministrazione dopo aver interrogato le banche dati delle forze dell’ordine e i casellari giudiziari, nonostante il Tribunale di Locri abbia rigettato l’incandidabilità richiesta nei confronti di Vestito, definendo le accuse mosse «generiche ed evanescenti». Tale provvedimento non è stato mai impugnato dall’Avvocatura dello Stato. Il Tar del Lazio, dopo aver analizzato il ricorso presentato dall’amministrazione, con 3000 pagine di documentazione allegata contro il provvedimento di scioglimento, aveva dato ragione a Vestito: «Accoglieva il nostro ricorso e stabiliva che le censure contenute negli atti impugnati erano caratterizzati da “ricostruzioni parziali” e “travisamento dei fatti”. Proprio per effetto di tale decisione, l’amministrazione da me guidata è ritornata in carica nel febbraio del 2019». In particolare, la prima sezione del Tar Lazio fu in grado di escludere, «per assenza di univocità e concretezza delle evidenze utilizzate, la ricorrenza di un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi, tale da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali in quanto tesa a favorire o a non contrastare la penetrazione della suddetta criminalità nell’apparato amministrativo». Anzi, «dalla documentazione complessivamente presentata in giudizio, emerge un quadro fattuale caratterizzato dalla presenza di un notevole ritardo nel riscontro delle richieste di informazioni antimafia da parte della prefettura reggina; di contro, il Comune risulta essersi attivato celermente, appena avuto notizia delle interdittive». Tuttavia l’aspetto assurdo che ci consegna Vestito è che «mentre il Tar del Lazio ha impiegato quasi un anno per leggere il nostro ricorso e valutarlo, quando l’Avvocatura dello Stato ha presentato il suo contro la decisione del tribunale amministrativo, la terza sezione del Consiglio di Stato, presieduta dall’ex ministro e commissario europeo Franco Frattini, ha impiegato solo due ore per accogliere il ricorso dello Stato», ordinando il reinsediamento delle commissioni straordinarie, in quanto «solo una valutazione complessiva, contestualizzata anche territorialmente, può condurre ad una valutazione appropriata di un provvedimento di speciale tutela avanzata dell’ordinamento, quale è lo scioglimento di un Comune, da adottarsi dopo plurime, e di alto livello tecnico e politico, fasi procedimentali». Per Vestito, questa fu una vera batosta: «La nostra avventura politica è finita in quel momento, eppure era nata con tanto entusiasmo, dal basso e con tanta voglia di fare. Nel periodo di commissariamento precedente erano nati dei comitati civici per superare il gap democratico che si innesca con l’insediamento delle commissioni che interrompono il rapporto con la collettività. Nell’estate 2013 si riunisce un Comitato di giovani e meno giovani professionisti e alla fine di una assemblea il mio nome è quello scelto per la candidatura a sindaco. Una volta eletti, abbiamo fatto tanto per Marina di Gioiosa ma il commissariamento definitivo ha rovinato tutto». C’è da sottolineare per l’avvocato che «in quell’anno con quel ministro dell’Interno si ebbe il record (dopo quello di Scotti, però a ridosso dell’emanazione della normativa, ndr) di scioglimento dei Comuni. È come se i prefetti avessero compreso che agendo sulla leva della legge dello scioglimento dei Comuni si potevano ottenere avanzamenti di carriera». Il procuratore antimafia di Reggio Calabria Stefano Musolino ci ha detto che «gli effetti degli scioglimenti sono stati deludenti: è peggiorata la qualità amministrativa, senza autentici effetti “liberanti” per gli enti coinvolti». «Ha ragione di dottor Musolino - dice Vestito -. Noi avevano elaborato, dopo decenni che non lo si faceva, il Piano strutturale comunale e quello spiaggia. Tutto si è arenato sotto il commissariamento e la città era sommersa di rifiuti. Quando ci siano re-insediati in quattro giorni abbiamo liberato le strade dalla spazzatura. Il problema è che i commissari stanno in città un giorno a settimana, mentre noi eravamo presenti tutti i giorni, tutto il giorno a servizio della comunità». Vestito è stato audito nel 2020 anche dalla Commissione Affari costituzionali della Camera con la quale ha condiviso una serie di proposte per cambiare la legislazione vigente che così ci sintetizza: «Responsabilità soggettiva, per cui solo chi sbaglia paga; contraddittorio e diritto di difesa, per cui le accuse devono essere circostanziate e chi è accusato ha il diritto di difendersi; terzietà di chi decide lo scioglimento, in quanto ora tutto ruota intorno al ministero dell’Interno; i commissariamenti devono essere realmente efficaci».