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Alessandra Maddalena, vicepresidente dell'Anm (iscritta ad Unicost)
Sorpresa, sgomento, irritazione in una parte della magistratura per i messaggi arrivati da fonti di via Arenula: «L’imputazione coatta nei confronti dell’onorevole Delmastro, come nei confronti di qualsiasi altro indagato, dimostra l’irrazionalità del nostro sistema» e sul caso Santanchè c’è «lo sconcerto e il disagio per l’ennesima comunicazione a mezzo stampa di un atto che dovrebbe rimanere riservato». Il giorno prima era stata una velina uscita da Palazzo Chigi a chiedersi «se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione». Un magistrato ci dice: «Una reazione, quella del ministro, sorprendente nei toni e, per certi versi, grottesca. Le litanie sulla separazione delle carriere sono accompagnate dalla favola del gip schiacciato sulla procura. Quando non condivide le conclusioni diventa improvvisamente reprobo. Una logica non proprio cartesiana ed un ingiustificato sconfinamento da parte del potere politico nel cuore della giurisdizione». Un altro ancora: «Nordio attacca il “sistema” del controllo del gip sull’inazione delle procure. Un punto decisivo dell’intera architettura del codice di rito. Pura eversione. Alla faccia dell’osannato Giuliano Vassalli medaglia d’argento della Resistenza».
Per Stefano Musolino, segretario di Magistratura democratica, «il controllo del gip sulle attività del pm è strumento di garanzia e verifica, a tutela sia degli indagati, sia del corretto esercizio dell’azione penale. Trovo straordinario che un affermato garantista come il ministro non apprezzi il canto e controcanto che si sviluppa nella giurisdizione a migliore garanzia dei diritti di tutti: quelli individuali e quelli pubblici coinvolti nel processo».
Spiega Musolino: «Il gip archivia nonostante la richiesta di rinvio a giudizio del pm e lo onera di un’imputazione coatta ogni qualvolta ritiene che gli elementi acquisiti impongano una verifica processuale, nonostante la richiesta di archiviazione. Non si può plaudire il gip nel primo caso e mal giudicarlo nel secondo caso, perché entrambi i provvedimenti sono l’esito del suo potere di controllo, al quale il pubblico ministero deve adeguarsi. Stravolgere il sistema, impedendo al gip il controllo sul mancato esercizio dell’azione penale, da parte del pm, introdurrebbe pericolosi vuoti di tutela degli interessi pubblici e di quelli delle persone offese dal reato. Il ministro non se ne cura? Io, e lo dico da pm, sarei spaventato dal potere senza controllo che mi sarebbe affidato, in ordine al mancato esercizio dell’azione penale».
A parlare è anche la vice presidente dell’Anm Alessandra Maddalena ( Unicost): «Premetto che mi baso su quanto letto da fonti ministeriali. L’imputazione coatta è un istituto previsto dal nostro ordinamento, come controllo sull’inazione del pm, e sul quale fino ad ora il ministro Nordio non aveva espresso perplessità; è la prima volta che la sento rappresentare come una anomalia del sistema processuale. È vero che nella comunicazione si fa riferimento a tutti i possibili indagati, però guarda caso se ne parla soltanto adesso». Per quanto concerne la questione Santanchè, «è nelle prerogative del legislatore riformare il sistema di pubblicazione degli atti. Ma il problema è sempre di metodo: quando la magistratura interviene con indagini nei confronti di un esponente di governo la reazione è inevitabilmente quella di delegittimare la magistratura e parlare di una magistratura politicizzata, lanciando all’esterno un'immagine di una parte deviata della magistratura. Questo è pericolosissimo per la tenuta di uno Stato di diritto che si fonda sulla fiducia dei cittadini anche nei confronti del potere giudiziario. Siamo preoccupati per operazioni così forti di delegittimazione che si stanno ripetendo ormai spesso». Anche per un gip che abbiamo ascoltato «non bisogna dimenticare che le ulteriori indagini sulla richiesta di archiviazione del pm e la imputazione coatta sono strumenti comunque importanti perché consentono di impedire e limitare la cosiddetta inazione del pm che può incidere sui diritti delle vittime a veder riconosciuta la responsabilità penale degli indagati. Le vittime non vanno dimenticate e sul punto bisogna anche tener presente che come il pm può chiedere la condanna di un imputato che poi viene assolto così può chiedere l’archiviazione per un indagato che può risultare colpevole. Lo scrutinio del giudice in contraddittorio delle parti ( come avviene sempre prima della imputazione coatta) è comunque garanzia di un controllo efficace sulle scelte del pm diverse dall’esercizio dell’azione penale».
Per il responsabile di AreaDg, Eugenio Albamonte, «non è il modo più adatto, per chi riveste responsabilità così delicate come quelle del ministro della Giustizia, assecondare gli umori più bassi e turbolenti della classe politica di cui pure ha deciso di far parte. Quello che è irrazionale è il modo in cui al ministero della giustizia si affrontano questi temi pretendendo di cambiare tutte le norme la cui applicazione possa loro sembrare occasionalmente sgradita».
Infine per Andrea Reale, esponente dell'Anm con i 101, «di irragionevole, oltre che di poco istituzionale, c'è solo il farneticante comunicato proveniente da non meglio precisate fonti ministeriali. Al dicastero della Giustizia dovrebbero conoscere le regole del nostro processo e il principio di obbligatorietà dell'azione penale, che trova fonte nella Carta costituzionale. A me pare che questo genere di comunicati pubblici di fonti governative sui procedimenti penali in corso nei confronti di esponenti dell'Esecutivo non siano altro che forme di interferenze, se non vere e proprie intimidazioni, nei confronti dei magistrati titolari di procedimenti particolarmente delicati, in quanto iscritti nei confronti di rappresentanti delle istituzioni. Proprio questi ultimi non possono in alcun modo pretendere una sorta di immunità assoluta e devono dare esempio di massime trasparenza e correttezza nell'esercizio del servizio che svolgono. Ne va anche dell'altro sacrosanto principio costituzionale dell'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge».