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«Pensiamo al futuro non al passato». È affidata a fonti del ministero della Difesa la replica a Matteo Salvini che poco prima aveva invocato un ritorno alla leva obbligatoria. «Del resto il ministro Trenta è già stato molto chiaro: il ritorno alla leva obbligatoria è un’idea romantica ma inapplicabile, visto che le dinamiche sono cambiate e oggi il Paese vanta dei professionisti tra le forze armate», fanno sapere in modo stizzito da Palazzo Baracchini, sede della Difesa. È l’ennesimo scontro tra Viminale e ed Elisabetta Trenta. Perché in questa guerra a tutto spiano tra alleati di governo nessun dicastero riesce a rimanere “neutrale”. O meglio, nessun dicastero riesce a difendere i propri “confini” da “scorribande”. Così, solo pochi giorni fa Trenta e i capi delle forze armate avevano protestato contro il ministro dell’Interno, accusandolo di ingerenza in questioni non di sua competenza. Pomo della discordia: aver ordinato alle forze armate, dipendenti dal ministero della Difesa, di non far entrare nelle acque territoriali italiane le navi delle Ong con a bordo migranti provenienti dalla Libia. Disposizioni contenute in una direttiva del Viminale recapitata, oltre alla Polizia, ai Carabinieri e alla Guardia Finanza, anche allo Stato maggiore della difesa, a quello della Marina e alla Guardia Costiera.
Archiviato quell’incidente diplomatico con la collega di governo, ora il leader del Carroccio ne sfiora un altro su un nuovo tema non di sua competenza: il servizio militare. «Da settembre l’educazione civica diventerà materia obbligatoria nelle scuole e inoltre dovremo anche reintrodurre il servizio militare obbligatorio, magari nel Corpo degli Alpini», annuncia Salvini in una campagna elettorale senza fine, dove disciplina e gerarchie non la fanno certo da padrone.