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CARLO NORDIO MINISTRO
I brogliacci delle intercettazioni telefoniche nei confronti del magistrato Pietro Errede sono sempre indicati con il nome “pecorina”. Lo ha recentemente accertato una perizia redatta dall’ingegnere Luigina Quarta, nominata nelle scorse settimane dal magistrato pugliese come consulente tecnica. Errede (vedasi Il Dubbio del 21 gennaio scorso, ndr) era rimasto coinvolto nel 2021 in un procedimento penale relativo alle modalità di affidamento degli incarichi alla sezione fallimentare del tribunale di Lecce. Dopo essere stato sottoposto ad intercettazioni, al momento del deposito degli atti aveva scoperto che i brogliacci relativi alla sua utenza erano tutti denominati “pecorina”.
Tale termine ricorreva solo per indicare il suo cellulare e non quello degli altri indagati, per i quali i militari del Nucleo di polizia economico- finanziaria della guardia di finanza di Lecce, coordinati dalla procura di Potenza, avevano invece utilizzato la semplice definizione di “brogliaccio”, seguita esclusivamente da un progressivo numerico. «Durante l’attività di indagine - raccontò Errede - era emerso agli inquirenti il mio orientamento omosessuale che, comunque, atteneva alla mia personalissima sfera e non doveva certamente sfociare in una gratuita e becera offesa. È chiara - aveva aggiunto - la portata discriminatoria e omofoba di quanto accaduto dal momento che il termine “pecorina” si presta ad una sola interpretazione: aver connotato in modo così volgare e offensivo il mio orientamento sessuale non aveva alcuna finalità investigativa tranne quella del dileggio e della gogna omofoba».
Il magistrato aveva quindi presentato una serie di esposti al ministero della Giustizia, al Csm, alla procura generale della Cassazione, al Comando generale della guardia di finanza, dove, fra le altre cose, aveva segnalato il «pregiudizio omofobo» dei finanzieri. Inoltre, il giudice pugliese aveva anche deciso di procedere con una citazione in giudizio dello Stato per responsabilità civile dei colleghi lucani. I magistrati di Potenza, puntualizzò Errede, che prima di fare il giudice aveva fatto il pm, avevano il compito di «supervisionare» gli atti della guardia di finanza.
Questa vicenda molto poco commendevole era finita lo scorso novembre all’attenzione del senatore Ivan Scalfarotto ( Italia viva). «Non è in alcun modo accettabile che all’interno degli atti giudiziari vengano utilizzati termini di chiaro stampo omofobo e volti esclusivamente e dileggiare l’orientamento sessuale di una persona», scrisse il senatore renziano in una interrogazione parlamentare. «È necessario - aggiunse - che Nordio si attivi prontamente perché chiarisca come sia stato possibile l’accadimento di un fatto così ingiurioso ed esponga quali iniziative intende adottare affinché nei Tribunali italiani non si producano atti e perpetuino comportamenti omofobi».
La risposta di Nordio non si fece attendere e “scaricò” la responsabilità dell’accaduto sulle fiamme gialle. «L’espressione “pecorina” è legata esclusivamente all’autonoma e mai formalmente comunicata scelta del gruppo di lavoro della polizia giudiziaria. Si è trattato di una iniziativa interna della polizia giudiziaria, del tutto informale, avvenuta all’interno di uffici di pg e all’insaputa della procura», scrisse in una nota, ripresa da Nordio, Vincenzo Montemurro, procuratore facente funzione di Potenza. Montemurro, come comunicato sempre dal ministro, aveva chiesto al comandante provinciale della gdf di Lecce di identificare i responsabili e di procedere alle successive iniziative disciplinari. «Trattasi di una iniziativa che merita un plauso per aver colto la gravità delle accuse e per aver sollecitato la doverosa attivazione dei poteri disciplinari spettanti al vertice dell’organo di polizia delegato alle indagini affinché vicende analoghe in futuro non si ripetano», aveva quindi aggiunto Nordio.
«Ad oggi non mi risulta che siano state attivate iniziative disciplinari nei confronti degli inquirenti», ha scritto Errede in una mail (visionata dal Dubbio, ndr) indirizzata la scorsa settimana a Nordio. «I brogliacci (digitali), peraltro, continuano sempre a riportare tale becera indicazione», ha aggiunto Errede, chiedendo così l’invio degli ispettori di via Arenula «per porre fine una volta per tutte ad una arbitraria e gratuita offesa della mia persona».