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L'introduzione del processo civile telematico e gli obiettivi di maggiore efficienza legati alla digitalizzazione dei giudizi garantiscono solo in parte il rispetto del principio della ragionevole durata dei processi, che appare per lo più perseguibile con adeguate procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie. E' quanto afferma la Corte dei conti nella relazione, approvata con Delibera n. 53/2022/G, che la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato ha pubblicato in tema di "Obiettivi di efficientamento e risultati conseguiti dall'introduzione del processo civile telematico", riferita al quinquennio 2016-2020.
Nel documento, la magistratura contabile, pur evidenziando le novità introdotte dal Pnrr relative all'ufficio per il processo (modulato sull'esempio anglosassone) e alle applicazioni sperimentali di intelligenza artificiale nei giudizi, sottolinea che la digitalizzazione dei processi costituisce un percorso lungo e laborioso, come testimoniano le numerose raccomandazioni UE sulla riduzione dei tempi della giustizia italiana. Questo, ha specificato la Corte, in virtù di una legislazione spesso episodica e poco organica, oltre alle difficoltà legate a un sistema soggetto a costanti aggiornamenti, interventi di reingegnerizzazione e cospicui investimenti per infrastrutture, progettazioni e formazione. Se infatti, rilevano i giudici contabili, il processo telematico è ormai una solida realtà in ambito civile, permangono ancora ritardi in quello penale. Le criticità, evidenzia la Corte, sono legate non tanto all'amministrazione di riferimento, quanto al complessivo percorso di digitalizzazione in atto nel pubblico e nel privato, in un ambito che, per i soli processi civili, ha comunque coinvolto - tra luglio 2014 e dicembre 2020 - circa 1,2 milioni di professionisti attivi nel telematico, con più di 56 milioni di atti telematici depositati e oltre 34 milioni di provvedimenti nativi digitali.
Questo - mette in evidenza la Corte - «in virtù di una legislazione spesso episodica e poco organica, oltre alle difficoltà legate a un sistema soggetto a costanti aggiornamenti, interventi di reingegnerizzazione e cospicui investimenti per infrastrutture, progettazioni e formazione. Se infatti - rilevano i giudici contabili - il processo telematico è ormai una solida realtà in ambito civile, permangono ancora ritardi in quello penale».
Le criticità - conclude la Corte dei conti - sono «legate non tanto all’amministrazione di riferimento, quanto al complessivo percorso di digitalizzazione in atto nel pubblico e nel privato, in un ambito che, per i soli processi civili, ha comunque coinvolto - tra luglio 2014 e dicembre 2020 - circa 1,2 milioni di professionisti attivi nel telematico, con più di 56 milioni di atti telematici depositati e oltre 34 milioni di provvedimenti nativi digitali».