È ancora la Corte costituzionale ad imprimere una svolta nel campo dei diritti. Questa volta con una decisione netta che non interpella direttamente il legislatore, pur interrogando la politica nell’ambito del dibattito sulle famiglie monogenitoriali. Si tratta della sentenza numero 33 depositata oggi, con la quale la Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 29-bis, comma 1, della legge numero 184 del 1983, nella parte in cui non include le persone singole fra coloro che possono adottare un minore straniero residente all’estero. 

D’ora in poi, dunque, in Italia anche i single potranno adottare bimbi stranieri in situazioni di abbandono: per i giudici costituzionali, infatti, l’esclusione “si pone in contrasto con gli articoli 2 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”, laddove i limiti imposti dalla normativa comprimevano “in modo sproporzionato l’interesse dell’aspirante genitore a rendersi disponibile rispetto a un istituto, qual è l’adozione, ispirato a un principio di solidarietà sociale a tutela del minore”.

Secondo la Corte, “l’interesse a divenire genitori, pur non attribuendo una pretesa a adottare, rientra nella libertà di autodeterminazione della persona e va tenuto in considerazione, insieme ai molteplici e primari interessi del minore, nel giudizio sulla non irragionevolezza e non sproporzione delle scelte operate dal legislatore”. Uno degli aspetti centrali della sentenza riguarda il criterio dell’imitatio naturae e le considerazioni sulle famiglie considerate “non tradizionali”. In questo senso, la Consulta sottolinea che la Corte, già dalla sentenza n. 183 del 1994, ha riconosciuto l’astratta idoneità della persona singola a offrire un ambiente stabile e armonioso. E “questo tanto più va ribadito – si legge nella sentenza - ove si consideri che anche il modello della famiglia monoparentale trova riconoscimento nella Costituzione”. Fermo restando, specifica la Corte, “che spetta poi al giudice accertare in concreto l’idoneità affettiva dell’aspirante genitore e la sua capacità di educare, istruire e mantenere il minore”.

“La Corte ha altresì osservato – si legge nel comunicato stampa - che, nell’attuale contesto giuridico-sociale caratterizzato da una significativa riduzione delle domande di adozione, il divieto assoluto imposto alle persone singole rischia di «riflettersi negativamente sulla stessa effettività del diritto del minore a essere accolto in un ambiente familiare stabile e armonioso»”. Come si sottolinea nella decisione della Consulta, nel caso dell’adozione internazionale, allo Stato di accoglienza spetta solo il compito di regolare l’idoneità o meno a adottare, dopodiché l’abbinamento con il minore di chi ha ottenuto il decreto di idoneità è di competenza dello Stato d’origine del minore stesso. Ma resta valido, in Italia, il divieto imposto ai single e alle coppie omosessuali per le adozioni nazionali, dal momento che la nostra normativa le consente alle sole coppie sposate da almeno tre anni.

La decisione della Consulta scaturisce dal caso di una donna di Firenze, che nel 2019 aveva presentato al Tribunale per i minorenni dichiarazione di disponibilità ad adottare un minore straniero e aveva chiesto l’emissione del decreto di idoneità. Rilevato il “limite” previsto dalla legge 184, il tribunale aveva quindi sollevato la questione di legittimità sottolineando che la preferenza per la bigenitorialità non risponderebbe a un «vincolo giuridico a tutela diretta del minore», ma sarebbe – secondo l’ordinanza di remissione – «il retaggio di una supposta logica naturalistica secondo una visione dogmatica della nozione di famiglia».

Opposta la visione dell’Avvocatura dello Stato, che ha chiesto di dichiarare inammissibili o manifestamente infondate le questioni sollevate. Per la difesa dello Stato, infatti, l’accoglimento determinerebbe “una inaccettabile discrasia sistematica”, dal momento che le persone single potranno accedere all’adozione internazionale, ma non a quella interna. Uno “squilibrio” che spetterà al legislatore sanare, dunque, mentre la pronuncia della Consulta si intreccia e apre la strada a un’altra questione posta dallo stesso tribunale di Firenze.

Si tratta della battaglia delle donne single per accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, su cui la Corte dovrebbe pronunciarsi nei prossimi giorni dopo l’udienza dello scorso 11 marzo (relatrice anche in questo caso la giudice costituzionale Emanuela Navarretta). Contro il limite previsto dalla legge 40, il collegio difensivo dell’Associazione Coscioni ha posto al centro il concetto di responsabilità genitoriale del single, sottolineando che l’Italia si compone per il 25 per cento di famiglie monogenitoriali. Mentre l’Avvocatura dello Stato ha ribadito il diritto del nascituro alla bigenitorialità. Quale modello preverrà?