PHOTO
Calin Georgescu
La decisione della Corte Costituzionale rumena del 6 dicembre scorso che ha annullato elezioni presidenziali ha una portata importante per questo Paese ma, a ben riflettere, evidenzia un problema che riguarda l’intera Unione europea. Sul piano strettamente giuridico, l’azione dell’UE deve limitarsi all’esercizio delle competenze che le sono attribuite e non vi è dubbio alcuno che la materia elettorale rientra nelle competenze nazionali. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea ( TUE), la democrazia è un valore fondante l’ordinamento dell’UE, e - ai sensi dell’articolo 49 TUE – questo valore costituisce un prerequisito per divenire uno Stato membro dell’Unione. Queste disposizioni sono state utilizzate per contrastare le recenti derive autoritarie osservate in particolare in Polonia ed Ungheria, verso le quali l’UE ha avviato una serie di provvedimenti, l’ultimo dei quali è stato avallato dalla Corte di giustizia con un una sentenza che ha respinto i ricorsi di tali Stati contro il congelamento dei fondi UE deciso in virtù della mancanza del rispetto dei principi democratici e dello Stato di diritto. Dunque, i principi di cui all’articolo 2 TUE hanno assunto un valore operativo, passando da meri enunciati a fondamento di azioni specifiche promosse a loro tutela.
Le elezioni, costituiscono un elemento centrale di ogni sistema democratico e di fronte al rischio di perturbazioni, già nel 2022 la Commissione europea aveva presentato una pacchetto di misure per controllare l’influenza di soggetti stranieri ( collegabili a Stati terzi) che attraverso i social media potessero condizionare i processi elettorali degli Stati membri. Tali misure non furono approvate, ma l’UE ha adottato comunque adottato la cd Legge sui Servizi Digitali ( DSA), un regolamento che consente il controllo delle maggiori piattaforme digitali operanti nella UE, con una funzione specifica di tutela del mercato dei servizi nella società dell’informazione e di regolamentazione del comportamento di tali piattaforme.
Ma, evidentemente, la Commissione ritiene tale strumento non sufficiente, e tra le 7 priorità annunciate dalla Presidente von der Leyen europea per il nuovo mandato 2024- 2029 ( dunque, prima del voto rumeno), emerge quella della difesa della democrazia, che si dovrà concretizzare nelle seguenti iniziative: « Proporre un nuovo scudo europeo per la democrazia per contrastare la manipolazione delle informazioni e le ingerenze online da parte di soggetti stranieri, individuando, analizzando e contrastando in maniera proattiva la disinformazione e la manipolazione delle informazioni, nonché le minacce ibride» , e «affrontare le minacce emergenti all'integrità delle elezioni in tutta Europa, anche garantendo l'attuazione dei requisiti di trasparenza previsti dai regolamenti sull'intelligenza artificiale, sui servizi digitali e sulla trasparenza della pubblicità politica e rafforzando il nostro approccio ai contenuti prodotti dall'IA ».
*** Partendo, dunque, dal quadro europeo e dalla consapevolezza che la salvaguardia della correttezza del processo elettorale è una competenza nazionale, viene in evidenza quanto accaduto in Romania, dove tra novembre e dicembre 2024, i cittadini sono stati chiamati alle urne per tre fine settimana consecutivi per eleggere un nuovo Presidente e un nuovo Parlamento. Dinanzi a tale importante turno elettorale, suscettibile di ridefinire il panorama politico del Paese, grande stupore ha destato nella società romena e in quella internazionale il risultato del candidato quasi- sconosciuto Calin Georgescu, che ha ottenuto il 23% dei suffragi, primo tra i candidati eletti ed ammesso, dunque al secondo turno elettorale. La sorpresa nasce anche dal fatto che Georgescu non spiccava tra le personalità politiche, presentandosi come un indipendente ultranazionalista e filorusso, anti- europeo, anti- NATO, con idee estremiste di stampo fascista, complottiste e radicali in tema di religione e questioni sociali, al punto da essere espulso dal partito rumeno di estrema destra ' AUR'.
Va segnalato che il risultato di Gerogescu è frutto di una campagna condotta principalmente sui social media, cosa che ha destato ulteriore stupore, spingendo il concorrente candidato presidenziale conservatore a chiedere l’annullamento del voto, avendo ottenuto solo l’ 1% dei suffragi, anche qui inaspettatamente. La Corte Costituzionale rumena ha rinviato la decisione sulla validità del risultato elettorale richiedendo una nuova verifica di tutte le schede, richiesta che rendeva sostanzialmente impossibile una pronuncia prima della data del secondo turno elettorale ( 8 dicembre). Il 2 dicembre 2024, la Corte ha quindi convalidato i risultati del primo turno, anche se il riconteggio delle schede non era stato completato.
Tuttavia, anche qui in modo inaspettato, il 6 dicembre la Corte Costituzionale Rumena, con la Decisione n. 32/ 2024, ha rilevato d'ufficio che i principi essenziali delle elezioni democratiche erano stati disattesi, poiché «l’intero processo elettorale riguardante l’elezione del Presidente della Romania è stato compromesso in tutte le sue fasi da numerose irregolarità e violazioni della legislazione elettorale, che hanno distorto la natura libera ed equa del voto espresso dai cittadini e le pari opportunità dei concorrenti elettorali, minato la trasparenza e la correttezza della campagna elettorale e disatteso le norme legali sul finanziamento della stessa» ( traduzione informale del paragrafo 5). Riferendosi a ciascuna delle irregolarità così enumerate, la Decisione, adottata all’unanimità, si basa sulla declassificazione di diversi ' Rapporti Informativi' di vari Servizi di Intelligence rumeni, precedentemente richiesti dal Presidente della Romania, Klaus Iohannis.
Un precedente alla Decisione n. 32/ 2004, di minore portata, può essere considerato la Decisione n. 2 del 5 ottobre 2024, con cui la Corte Costituzionale ha annullato la candidatura dell'eurodeputata Diana Iovanovicioaca, leader del partito di estrema destra rumeno ' SOS', alle elezioni presidenziali. In quel caso la Corte Costituzionale rumena aveva osservato che il legislatore costituente ha affidato espressamente a tale Alta Corte il mandato di garantire il rispetto della procedura per l’elezione del Presidente della Romania.
Il mandato costituzionale dimostra che la Corte è competente a verificare sia la legalità di una candidatura ( ai sensi della Legge n. 370/ 2004) sia la sua compatibilità con la Costituzione ( paragrafi 53 e 54 della decisione). In tale decisione, la Corte Costituzionale ha fatto anche riferimento al quadro giuridico dell’UE ( articolo 2 TUE) per concludere che assumere posizioni pubbliche ed esprimere convinzioni in contrasto con i valori costituzionali e i requisiti di una società democratica ( ad esempio, contestando le garanzie fondamentali dell’appartenenza della Romania all’UE e alla NATO) costituiscono motivi sufficienti per indicare che un candidato alla carica di Presidente della Romania possa disattendere l’obbligo di rispettare la Costituzione.
Allo stesso modo, la Decisione n. 32/ 2024 enuncia che l’azione della Corte mira a proteggere «un’autentica ed efficace democrazia costituzionale, governata dal principio dello Stato di diritto», e si riferisce ai valori costituzionali nazionali per ribadire che «la sovranità nazionale appartiene al popolo rumeno, che la esercita attraverso i propri organi rappresentativi, costituiti tramite elezioni libere, periodiche ed eque». Elezioni eque rappresentano quindi un’espressione della sovranità e un principio fondamentale dello Stato rumeno, e la Corte è nuovamente pronta a interpretare estensivamente il suo ruolo per garantire il rispetto della procedura per l’elezione del Presidente, che non può essere dissociato dalla sua missione di garante della Costituzione ( paragrafo 4). Nella decisione, la Corte si riferisce espressamente al «dovere di neutralità dello Stato, che include anche l’obbligo di rafforzare la resilienza degli elettori, anche aumentando la loro consapevolezza (...) in particolare fornendo informazioni e supporto adeguati» ( paragrafo 10). Uno dei principali fondamenti della decisione risiede quindi nella tutela degli elettori stessi. La Corte denuncia «l’interferenza di entità statali o non statali nello svolgimento della propaganda elettorale o di campagne di disinformazione» ( senza tuttavia nominare specificamente tali entità) e rileva che gli elettori «sono stati disinformati attraverso una campagna elettorale in cui uno dei candidati ha beneficiato di una promozione aggressiva, condotta eludendo la legislazione nazionale in materia elettorale e sfruttando abusivamente gli algoritmi delle piattaforme di social media» ( paragrafi 13- 14).
Il secondo motivo della decisione è la violazione del diritto di essere eletti, poiché «l’uguaglianza di opportunità dei concorrenti elettorali è stata compromessa». Da un lato, le irregolarità nella campagna elettorale «hanno creato una chiara disuguaglianza tra il candidato che ha manipolato le tecnologie digitali e gli altri candidati partecipanti al processo elettorale. Così, l’esposizione significativa di un candidato ha portato a una riduzione direttamente proporzionale dell’esposizione sui media online degli altri candidati». Dall’altro, il principio della trasparenza del finanziamento della campagna elettorale è stato violato dallo stesso candidato, che ha dichiarato zero costi per la campagna ( paragrafi 16- 17) pur avendo riscontrato il finanziamento da parte di terzi della campagna sui social media.
*** Sempre sulla base delle informazioni dei servizi rumeni, il 29 novembre la Commissione europea ha attivato gli strumenti della Legge sui Servizi Digitali ( DSA), inviando alla piattaforma TikTok una richiesta di informazioni sulla gestione dei rischi di manipolazione delle informazioni. In effetti, le sarebbe stata la piattaforma cinese a usare un algoritmo con un sistema di raccomandazioni a favore del candidato filorusso, elemento che può concretizzare un rischio sistemico connesso ai processi elettorali, rischio che rientra nelle facoltà di controllo previste dal DSA.
Il 4 dicembre la Commissione ha intimato a Tik-Tok di conservare le informazioni riguardanti l’uso di algoritmi che possano avere impatto sulle campagne elettorali in Europa, e ciò sino al 28 febbraio 2025 ( probabilmente in previsione anche delle elezioni in Germania, oltre a quelle in Romania). Infine, il 17 dicembre scorso, la Commissione ha ordinato a TikTok di congelare e conservare tutti i documenti e informazioni tra il 24 novembre 2024 e il 31 marzo 2025 riguardanti le elezioni in Romania e in qualsiasi Stato membro della UE, avviando un procedimento formale che, qualora riscontrasse una violazione, potrebbe portare ad un’ammenda pari al 6% del fatturato annuo di TikTok.
*** In conclusione, qualunque giudizio si voglia dare sulla sentenza della Corte Costituzionale rumena, è evidente che essa ha un valore fondamentale per preservare le elezioni come elemento fondate dei sistemi democratici in Europa. Ed in tal senso, pur apprezzando l’avvio dell’ordine di congelamento previsto dal DSA, si rivela necessaria la creazione di uno strumento più efficace che possa contrastare lo strapotere delle piattaforme, soprattutto quando siano in gioco i valori fondanti delle nostre società.