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La Corte di Cassazione francese ha confermato oggi il rifiuto di estradare i dieci ex terroristi rossi italiani condannati in Italia per fatti risalenti al periodo degli anni di piombo. I giudici quindi confermano definitivamente la decisione della Corte d'appello di Parigi, che nel giugno 2022 aveva dato parere sfavorevole alle richieste d'estradizione affermando che va rispettato il loro diritto alla vita privata e familiare così come il loro diritto a un processo equo.
La Corte di Cassazione riferisce oggi di avere “respinto i ricorsi presentati dal procuratore generale presso la Corte d'Appello di Parigi contro le decisioni della Corte d'Appello, ritenendo sufficienti le motivazioni adottate dai giudici”. “Il parere negativo sulle richieste di estradizione è quindi definitivo”, sottolinea la Cassazione francese. I dieci ex brigatisti sono stati tutti arrestati nell'aprile 2021 nell'ambito dell'operazione Ombre rosse, che ha sancito - in qualche modo - la fine della Dottrina Mitterand, in nome di una stretta collaborazione, soprattutto politica, Italia-Francia. Ma già qualche giorno dopo i loro arresti, gli ex terroristi erano stato rimessi in libertà, nonostante la giustizia francese non si fosse ancora pronunciata sull'estradizione.
Gli italiani, ricorda la Corte di Cassazione, sono stati giudicati colpevoli, tra il 1983 e il 1995, dalla giustizia italiana, di attentati terroristici, eversione dell'ordine democratico e omicidio aggravato, commessi in Italia, tra il 1972 e il 1982, durante gli "anni di piombo". La Corte d'Appello, nel 2022, ricorda la Corte di Cassazione, “si è pronunciata sfavorevolmente su tali richieste di estradizione, ritenendo che diversi ricorrenti sono stati giudicati in contumacia, senza aver avuto la possibilità di difendersi in un nuovo processo, la legge italiana non offrendo questa garanzia; la quasi totalità dei richiedenti hanno vissuto in Francia per circa 25-40 anni, un paese in cui hanno una situazione familiare stabile, sono inseriti professionalmente e socialmente, senza più nessun legame con l'Italia, cosicché la loro estradizione causerebbe un danno sproporzionato al loro diritto a rispetto della vita privata e familiare”.
Nel corso dell’ultima udienza che si è svolta lo scorso anno l’avvocato generale della Cassazione aveva rigettato il ricorso, evocando il diritto alla vita privata, all’equo processo e alle garanzie della difesa secondo gli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. La legislazione d’emergenza e le leggi speciali impiegate negli anni 70-80 dalla magistratura italiana per arrestare e condannare centinaia di extraparlamentari e appartenenti ai gruppi armati, sono in tal senso incompatibili con i criteri della Cedu, rilevarono le toghe translpine.
«I motivi di impugnazione sollevati dalla Procura generale non hanno alcun fondamento, il ricorso deve essere respinto», aveva sottolineato Irène Terrel, storica avvocata dei rifugiati italiani in Francia (dei dieci sette sono suoi clienti) che nel corso degli anni hanno beneficiato della “dottrina Mitterrand” ottenendo un asilo politico de facto dallo Stato francese.
La dottrina Mitterrand, che si applicava a chi avesse rinunciato alla lotta armata, è però stata sepolta con l’arresto-rapimento dell’ex Br Ucc Paolo Persichettti nel 2002 (accusato a torto di avere rapporti con le nuove Brigate rosse), mentre i successivi governi francesi non hanno più fatto ricorso a quel principio (vedi l’affaire Cesare Battisti). Ma il suo fondamento giuridico è rimasto in piedi, come dimostrano le sentenze successive della magistratura emesse nonostante le forti pressioni politiche dell’Italia sull’Eliseo. Sul caso era intervenuto lo stesso presidente Macron che lo scorso anno aveva espresso anche un suo personale giudizio a favore dell’estradizione: «Quelle persone meritano di essere giudicate nel loro paese». Ma si era ben guardato nel violare l’indipendenza dei giudici dell’alta Corte.
Tra gli “esiliati” coinvolto il più noto è l’ex fondatore di Lotta Continua Giorgio Pietrostefani, oggi ottantenne e gravemente malato, condannato a 22 anni per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi; o il 13 marzo 1979. Oltre a Pietrostefani ci sono gli ex Br Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi, Maurizio Di Marzio, Enzo Calvitti; l'ex militante di Autonomia Operaia Raffaele Ventura; l'ex militante dei Proletari armati Luigi Bergamin e l'ex membro dei 'Nuclei armati contropotere territoriale', Narciso Manenti.